Politica

Fini propone, il Pdl si divide

Ecco cosa prevede il ddl cittadinanza che presto comincerà il proprio iter parlamentare

di Lorenzo Alvaro

«Il nuovo moderno e strategico impegno delle Istituzioni deve essere quello di far sentire l’Italia come patria anche a coloro che vengono da Paesi lontani, e che sono già o aspirano a diventare cittadini italiani». Queste le parole con cui Gianfranco Fini affronta il problema della cittadinanza in Italia a cui fa eco l’approvazione da parte di altri due illustri esponenti dell’ala destrorsa del pdl Alessandra Mussolini e Fabio Granata. i due deputati hanno assicurato «pieno sostegno e supporto alle indicazioni politiche scaturite dalle riflessioni del presidente Fini, che condividiamo e che intendiamo tradurre rapidamente in concrete iniziative parlamentari. Alla ripresa dei lavori di Camera e Senato ci faremo promotori, quindi, di azioni tendenti ad accelerare sui temi del presidenzialismo, della cittadinanza e dei diritti civili».
Secondo il presidente della Camera, «non si può chiedere a questi nuovi italiani di identificarsi totalmente con la nostra storia e con i nostri costumi. Sarebbe ingiusto e sbagliato pretendere di assimilarli nella nostra cultura. Per loro la Patria non potrà mai essere la terra dei padri». Aggiungendo come però «si può e si deve chiedere loro di partecipare attivamente e lealmente alla vita collettiva, di fare propri i valori della Repubblica, di condividere gli obiettivi di fondo della nostra società e di contribuire alla loro realizzazione».
L’unico modo infatti secondo Fini per una fruttuoso convivenza e per una reale cittadinanza del migrante è sono il «suscitare passione civile e patriottismo nei nuovi italiani anche promuovendo la conoscenza, non solo della nostra lingua e delle nostre leggi ma anche della nostra storia, specie quella politico-costituzionale più recente»

Ecco cosa prevede il ddl
Dimezzare i tempi, da 10 a 5 anni, per richiedere la cittadinanza italiana, affermare lo «ius soli» per i figli di stranieri, verificando, anche per chi sposa un italiano, che abbia già una reale integrazione nella nostra cultura prima di diventare cittadino del nostro Paese.
In base al ddl, che ora dovrà affrontare l’iter parlamentare, possono essere cittadini italiani i bambini nati nel nostro Paese da genitori stranieri, di cui almeno uno residente legalmente in Italia senza interruzioni da 5 anni. Al raggiungimento della maggiore età, però, essi potranno scegliere per quale cittadinanza optare, secondo il principio per cui la cittadinanza è un diritto, non un obbligo. Il ddl inoltre affianca allo «ius soli» lo «ius domicilii» per chi non è nato in Italia ma si trova a vivere nel nostro Paese gli anni decisivi della formazione della sua personalità. I fatti posti a fondamento di questo diritto (sempre sulla base dell’inderogabile presupposto che uno dei genitori risieda in Italia da 5 anni) sono sia la durata della vita in Italia per un congruo periodo, sempre determinato in 5 anni, sia la qualità della vita trascorsa, contrassegnata dalla partecipazione alla scuola alla formazione professionale o dallo svolgimento di una attività lavorativa.
Termini più rigorosi, invece, per l’acquisto della cittadinanza «iure matrimoni», per contrastare i cosiddetti «matrimoni di comodo», che potrà avvenire dopo 2 anni dalle nozze (3 se il matrimonio si è celebrato all’estero).

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