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Finanziaria 2016: previsioni buone, ma poco chiare per gli aiuti allo sviluppo
Nella finanziaria 2016 approvata dal Consiglio dei Ministri, un focus viene riservato agli Aiuti pubblici allo sviluppo. Secondo le previsioni fatte da qui al 2020, il governo conferma la sua volontà di accrescere gli APS che superano quelle iscritte dalla Finanziaria 2015. Un'ambizione che susicta speranza, ma anche non poche perplessità tra le ONG. Il commento di Nino Sergi, consigliere politico di Link 2007, la piattaforma che raggruppa le principali organizzazioni non governative italiane.
Il Consiglio del Ministri ha approvato venerdì 8 aprile il DEF, Documento di Economia e Finanza 2016. Nella sezione 1, “Programma di stabilità per l’Italia”, a pagina 116, il Focus sull’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) sintetizza l’impegno per riallineare gradualmente l’Italia agli standard internazionali sulla cooperazione allo sviluppo. Ne riprendo i quattro passi essenziali:
1. Dalle stime ancora provvisorie relative all’APS per il 2015 risulterebbe il raggiungimento della quota dello 0,21% del reddito nazionale lordo (RNL), che rappresenta un aumento dello 0,02% rispetto allo 0,19% registrato nel 2014. Crescita che dovrebbe ulteriormente confermarsi nel 2016, dato l’aumento di risorse definito nella Legge di stabilità.
2. Il Governo conferma la determinazione di riqualificare e razionalizzare la spesa ma anche di migliorare la qualità e la quantità dell’APS portandolo al livello della media dei Paesi OCSE, come previsto dall’art. 30 della legge 125/2014 (riforma legislativa della cooperazione allo sviluppo).
3. La gradualità stimata per il triennio 2017-2019 perseguirà i seguenti obiettivi: 0,25% dell’RNL nel 2017; 0,26% nel 2018; 0,28% nel 2019.
4. Il Governo conta di giungere allo 0,30% dell’RNL nel 2020, nella prospettiva del raggiungimento da parte dell’UE nel suo complesso dell’obiettivo dello 0,7% entro il 2030, orizzonte temporale della nuova Agenda per lo sviluppo sostenibile adottata dall’ONU.
In questo Focus del DEF 2016 viene quindi riconfermata la risoluta attenzione governativa per la Cooperazione Pubblica per lo Sviluppo (CPS è l’espressione giusta, che esprime la novità della legge 125/2014 che ha superato la nozione di APS, limitata all’aiuto).
In questo Focus del DEF 2016 viene quindi riconfermata la risoluta attenzione governativa per la Cooperazione Pubblica per lo Sviluppo (CPS è l’espressione giusta, che esprime la novità della legge 125/2014 che ha superato la nozione di APS, limitata all’aiuto). Con la Legge di stabilità del prossimo autunno le previsioni percentuali sopra definite saranno tradotte in cifre e daranno concretezza alla volontà politica più volte ribadita dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi e dal Governo.
Si tratta di previsioni che superano quelle dello scorso anno. Il DEF 2015, partendo da un presunto 0,17% dell’RNL per il 2014, fissava così l'impegno per il triennio 2016-2018: 0,18% nel 2016; 0,21% nel 2017; 0,24% nel 2018. Due punti centesimali in più non sono poca cosa, date le attuali finanze dello Stato. Occorre però capire come sono costruite queste percentuali. Si tratta di un dato che, nonostante la maggiore trasparenza adottata dagli Esteri, risulta ai più di difficile comprensione ed è impossibile desumerlo dai documenti del sito istituzionale, a meno di aspettare la relazione al Parlamento sulle attività di cooperazione, alcuni mesi dopo la chiusura dell’esercizio.
Prendiamo ad esempio il 2015. Le stime provvisorie indicate nel Focus prevedono una chiusura alla quota dello 0,21% dell’RNL. Stando al dato Istat di 1.636.371,7 milioni di euro di RNL per il 2015, ciò dovrebbe significare una spesa totale per la cooperazione allo sviluppo di euro 3.436 milioni. Rispetto al 2014 (euro 2.518 milioni) si tratterebbe di un aumento di ben il 26,7%. Da dove viene? E’ stata forse attuata una riconversione del debito così imponente? O ci sono state altre risorse? E’ difficile dare una risposta, data la mancanza di dati a cui facevo riferimento.
La crescita – afferma sempre il Focus del DEF – dovrebbe ulteriormente confermarsi nel 2016, dato anche l’aumento di risorse definito nella Legge di stabilità. In effetti per il 2016 l’aumento delle risorse gestite dal Ministero/Agenzia è di 120 milioni di euro (con previsione di altri 240 nel 2017 e 360 nel 2018). Tale aumento, pur significativo perché accrescere di circa il 40% i fondi del Ministero/Agenzia che da 297 milioni di euro passano così a 418 milioni, corrisponde a poco più dello 0,007 del RNL. Non sposta quindi, se non minimamente, la percentuale complessiva. Rimangono quindi forti perplessità sul calcolo dei fondi per la cooperazione allo sviluppo degli anni successivi al 2014 che, stando alle fonti istituzionali, sarebbero improvvisamente cresciuti di circa il 30%. Un ulteriore sforzo di trasparenza informativa sarebbe molto utile oltre che opportuno.
Non è ancora pubblica la relazione al Parlamento sulla cooperazione per lo sviluppo nel 2015. Possiamo però ritenere che, come risulta da quella del 2014, un’importante voce di spesa dell’aiuto bilaterale a dono sia quella per i “rifugiati nel paese donatore”, a parziale copertura dei costi SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) del Ministero dell’Interno italiano. Nel 2014, con 195,29 milioni di euro, tale spesa ha rappresentato il 34% dell’”aiuto bilaterale” di complessivi 571,49 milioni di euro. Il diritto di asilo, riconosciuto dall’articolo 10 della nostra Costituzione e l’accoglienza dei rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra, non erano mai stati materia di “aiuto bilaterale” o di “cooperazione allo sviluppo”, né la nuova legge l’ha previsto. Tale inclusione, per una cifra così rilevante, date anche le ristrettezze della cooperazione bilaterale dell’Italia, fa sorgere seri dubbi sulle vere finalità dell’aumento di 120 milioni nel 2016, e dei successivi 240 nel 2017 e 360 nel 2018. Chi ha diritto all’asilo va certamente accolto. Ma sembra che sia stato adottato il gioco delle tre carte, coprendo costi con risorse destinate a paesi bisognosi e con cui l’Italia ha assunto impegni e ha avviato forme di cooperazione che richiedono trasparente continuità. Un gioco che andrebbe fermato quanto prima.
L'inclusione dell'accoglienza dei rifugiati nell'“aiuto bilaterale” o di “cooperazione allo sviluppo” fa sorgere seri dubbi sulle vere finalità dell’aumento di 120 milioni nel 2016, e dei successivi 240 nel 2017 e 360 nel 2018.
Tra pochi giorni sarà approvato il documento di programmazione e di indirizzo per il triennio 2016-2018, la cui connessione con le previsioni del DEF è evidente. C’è forse ancora tempo per apportare qualche miglioria rispetto al passato e qualche correzione. Ne suggerirei almeno tre:
1. Il documento dello scorso anno, pur qualitativamente chiaro, non conteneva alcuna cifra in merito alla destinazione dei fondi e alla loro motivata ripartizione. Il nuovo documento che il Consiglio dei Ministri approverà continuerebbe ad avere un valore ben limitato se continuasse a non contenere precise descrizioni quantitative.
2. E’ necessario restituire alle attività di cooperazione allo sviluppo quanto sottratto per la copertura dei costi SPRAR del Ministero dell’Interno. La voce di spesa “per i rifugiati nel paese donatore” non è e non può essere considerata cooperazione bilaterale allo sviluppo.
3. Il Governo aveva accolto negli anni passati la proposta parlamentare di dedicare almeno il 10% delle risorse gestite dal Ministero degli Affari Esteri alle iniziative promosse dalle Ong. Con il crollo degli stanziamenti nei recenti anni, tal criterio è stato accantonato, E’ bene che il documento di programmazione e di indirizzo lo riprenda fin da subito, adeguandolo alla nuova e più ampia realtà delle “Organizzazioni della società civile ed altri soggetti senza finalità di lucro” elencate nei sei gruppi specifici dell’articolo 26 della Legge 125/2014.
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