di Gustavo Ghidini*
Non si parla più di regole della finanza, o sbaglio? Proviamo allora a lanciare un messaggio nella bottiglia, con alcune semplici “raccomandazioni” per tutti i soggetti responsabili della emissione e della circolazione dei prodotti finanziari più rischiosi: quelli che incorporano dei “derivati” il cui buon fine è spesso arduo, se non impossibile, prevedere.
Le autorità di vigilanza, anzitutto, dovrebbero:
a) migliorare i controlli: come è stato possibile lasciar crescere a dismisura le esposizioni in derivati delle banche? E, soprattutto, occhi più attenti ai conflitti di interesse delle banche che trattano derivati;
b) migliorare il livello di trasparenza sui prodotti finanziari. Si dovrebbe spiegare con chiarezza sia il meccanismo di formazione del prezzo sia quello del rischio, così che il cliente meglio comprenda se il rischio sia per lui sopportabile o meno.
Le agenzie di rating che danno le “pagelle” di affidabilità dovrebbero poi chiarire con forte evidenza se, rispetto a titoli classificati, si trovino in conflitto di interessi rispetto all’emittente, ad esempio perché quell’attività di rating è stata commissionata e compensata dall’emittente. A quest’onere di trasparenza dovrebbe corrispondere una specifica responsabilità: se la valutazione, pur ragionevole, sia stata effettuata in situazione di conflitto non dichiarato, l’agenzia risponderà oggettivamente dei danni subiti da chi ha confidato nelle sue valutazioni.
Per quanto concerne le banche, infine, che emettono e comunque fanno circolare quel tipo di prodotti finanziari, occorre anzitutto innalzare i livelli di patrimonializzazione in proporzione diretta all’entità del portafoglio di questi titoli. Più investi a rischio i tuoi mezzi, e più diffondi titoli a rischio, più devi alzare la soglia di garanzia patrimoniale rispetto alla massa amministrata. Anche le banche, poi, devono adempiere a un onere di trasparenza rispetto all’offerta al pubblico dei risparmiatori individuali di prodotti incorporanti derivati. La banca dovrebbe avvertire che si tratta di titoli il cui livello di rischio non è perfettamente valutabile. Di conseguenza, essa dovrebbe rispondere oggettivamente nei confronti dei clienti per le perdite subite se tale chiarimento fosse stato omesso o non ben percepibile, o se l’offerta di quei titoli vede la banca in conflitto di interessi non dichiarato. Ma mi chiedo: le regole di trasparenza sono sufficienti in relazione a prodotti il cui livello rischio è spesso inconoscibile? Basta dichiarare che le mele in vendita possono essere marce, oppure non si dovrebbero vendere mele marce?
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