Bella questa iniziativa. Perché tutto (o quasi tutto) il dibattito su povertà ed esclusione pendola tra stato e non profit? Ben vengano anche i soggetti del credito. Forse le motivazioni non saranno sempre sublimi perché i consumatori, per quanto “bonsai”, ci sono pure in questo ambito, ma è un dato di fatto che la strumentazione economico / finanziaria è cruciale per una strategia davvero efficace di lotta alla povertà. Ad esempio, non vedreste bene il microcredito per un reale percorso di empowerment dei beneficiari? Ce lo insegna la cooperazione allo sviluppo – altro soggetto da coinvolgere – che ormai da tempo utilizza questo strumento in contesti dove la povertà è diffusa a livelli endemici. Dunque meglio il credito della social card che, oltre a funzionare male dal punto di vista tecnico, sa molto di elemosina (e dunque di stigma). Non a caso è stata proposta da un governo che definisce i sussidi come “ultima istanza”. Ma una volta evitato il tracollo bisogna invertire la tendenza e risalire. E questo la social card non lo sa fare. Anzi rischia di trasformarsi in una trappola del welfare. Invece integrare il credito nelle politiche sociali sarebbe un modo, molto concreto, di coniugare libertà e ugualianza come sosteneva qualche tempo fa – forse pensando ad altre questioni – Giovanni Bazoli, presidente di Intesa San Paolo.
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