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Filippo Grandi: «Le Ong? Un bersaglio sbagliato»

Incontro a Milano con l'Alto commissario dell'Unhcr, Agenzia Onu per i rifugiati. "Finora come Onu e comunità internazionale abbiamo fallito sul tema della solidarietà, anche perché non riusciamo a parlare a chi ha paura e quindi lo fanno coloro che hanno altri scopi". Sull'accoglienza in Italia: "Ci vuole più professionalità nelle commissioni territoriali, ancor prima dell'accelerazione delle procedure"

di Daniele Biella

“Come Nazioni unite, come comunità internazionale, sul tema della solidarietà abbiamo fallito”. Filippo Grandi, Alto commissario dell’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, Unhcr, parla chiaro davanti alla platea del Convegno Souq, organizzato dalla Fondazione Casa della carità mercoledì 23 maggio nell’aula magna dell’Università Statale di Milano.

Dobbiamo muoverci ora, parlare a tutti, ritenere comprensibili le paure legate a sicurezza, prosperità, potenziale concorrenza del lavoro e valori fondanti. Comprensibili anche se in parte irrazionali: se non spieghiamo noi queste irrazionalità, queste paure vengono gestite da chi vuole utilizzarle per scopi diversi”, rileva Grandi. La mancanza di risposte politiche collettive ha poi reso ancora più grave la situazione umanitaria, chiudendo di fatto le frontiere: “ci sono state invece risposte nazionaliste, locali, anche di chiusura di confini tradizionalmente aperti”, continua l’Alto commissario, “a cascata le frontiere si sono chiuse prima nei Paesi occidentali, poi in quelli più vicini ai conflitti: ora nessuno può fuggire dalla Siria, per esempio”.

Di fronte a tale situazione spiazzante, Grandi elenca alcuni punti fermi di quello che “è un fenomeno immenso ma che deve essere affrontato diversamente rispetto a quanto fatto finora”. Il primo: “salvare chi fugge è un imperativo umanitario ed è al di fuori di qualsiasi discussione. Ogni dibattito su questo tema è inutile, perché bisogna ragionare sulle cause, quello è il dibattito. Le ong che salvano le persone in mare in situazione di complessità sono il bersaglio sbagliato da aggredire”. Il secondo punto è un’ulteriore autocritica: “è un periodo storico in cui la comunità internazionale è incapace di fare la pace. I meccanismi internazionali che in passato hanno dato frutti ora non funzionano. Il mondo non è più bipolare ma multipolare, il viaggio di questi giorni di Donald Trump in Arabia Saudita ce lo dimostra”. Bisogna “stabilire una connessione diretta tra mantenimento della pace, sviluppo economico e diritti umani, perché in gran parte degli scenari, da quello di conflitti aperti a quello di cambiamenti climatici, dal successo di uno dipende quello dell’altro”. In questo senso Unhcr sta cercando nuovi partner privati: “Abbiamo stretto un accordo con la Banca mondiale, che ha investito due miliardi di dollari per operare in dieci paesi in difficoltà su educazione e impiego, con l’obiettivo dell’autosufficienza”.

Un ulteriore punto è la stabilizzazione dei Paesi interessati dai flussi, “che non vuol dire però scaricare le responsabilità. La catena è lunga, bisogna stabilizzare nei Paesi vicini a quella da cui si fugge, perché se stanno bene le persone rimangono lì senza volere proseguire il viaggio verso l’Europa”, aggiunge Grandi. “Penso al Niger, al Sudan , alla Libia: situazioni, in particolare la Libia da dove sono tornato pochi giorni fa, in cui le condizioni dei migranti sono terribili. Bisogna comunque farei passi necessari anche con quelle situazioni di instabilità politica”. Ancora, “ai flussi irregolari dobbiamo offrire alternative regolari: i corridoi umanitari sono la prima valida strada da prendere. Poi c’è il resettlement, il reinsediamento, e qui però vediamo il fallimento europeo, con 10mila persone reinsediate finora a fronte delle 160mila previste in due anni. Anche le riunificazioni familiari sono una priorità, perché un rifugiato solo è più esposto al disagio rispetto a chi vive assieme alla propria famiglia”. I corridoi umanitari dovrebbero essere organizzati dagli Stati? “Devono avere un ruolo centrale, ma laddove non lo ottemperino, ci vuole la spinta dei privati, come avviene in Canada, dove gli sponsor delle singole famiglie sono aziende, associazioni o gruppi familiari”.

Poi Grandi focalizza il centro del suo intervento sulle modalità di accoglienza. “Anche se ridurremo flussi, essi continueranno, dobbiamo essere pronti. Ci sono ministri europei che a fronte di un raddoppio di investimenti economici nella nostra azione di aiuto ai rifugiati restringono però il diritto d’asilo nel loro Paese. Questo non va bene. Il sistema europeo va rivisto e adattato. Bisogna battersi per quote obbligatorie di accoglienza e chi non le rispetta deve essere sanzionato”. Infine, “la lotta dell’accoglienza, in Italia come in Europa, passa dall’integrazione, perché essa previene l’esclusione e quindi la possibilità di risentimento, capace poi di portare ad attentati terroristici”.

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