Non profit

Filantropia, Crisostomo (Enel): «Aiutare chi aiuta, la nostra filosofia»

Nel numero di VITA di Aprile, uscito ieri, e dedicato alle fondazioni di impresa, il caso della onlus creata vent'anni fa dal grande gruppo energetico: Enel Cuore. Il presidente è lo stesso del "gigante elettrico" italiano conosciuto nel mondo. «Sono 900 progetti e oltre 100 milioni investiti in due decadi», racconta

di Giampaolo Cerri

Energia per il cuore. Da 20 anni, tra le prime esperienza in Italia, Enel ha intrapreso una via, propria e originalissima, alla filantropia: quella di una onlus dedicata, Enel Cuore appunto, che opera con particolare attenzione «alle periferie dove esistono sacche di povertà sociale, educativa e dove il rischio di devianza è elevato». Una missione, dicono dal quartier generale romano «che è essere al servizio delle comunità attraverso interventi concreti in grado di rispondere ai bisogni delle persone e di chi vive in condizioni di fragilità e disuguaglianza sociale». Lo ha fatto sostenendo in due decadi oltre 900 progetti e investendo più di 100 milioni di euro (5,442 milioni solo nell'anno 2021).

Nel numero dedicato alla filantropia di impresa di aprile, Fondazioni Spa, che trovate qui, non si poteva che passare dal cuore “elettrico” della solidarietà italiana. A rispondere alle domande di VITA, il presidente de Michele Crisostomo, che è anche presidente del consiglio di amministrazione del Gruppo.

Leccese, classe 1972, avvocato internazionale, presidente di Enel dal 2020, Crisostomo è anche commissioner della Business Commission to Tackle Inequality (Bcti), una coalizione multi-stakeholder per guidare l’azione del business verso la riduzione delle ineguaglianze, coordinata dal World Business Council for Sustainable Development (Wbcsd).

Presidente, parliamo di governance, tema centrale di ogni realtà benefica che sia diramazione diretta di un’azienda profit. Quali sono le relazioni di Enel Cuore con la "casa madre"?

Enel Cuore, onlus del Gruppo Enel, nasce nel 2003 per offrire supporto alle organizzazioni del Terzo settore radicate sul territorio, attraverso interventi concreti in grado di rispondere ai bisogni delle persone che vivono in condizioni di fragilità e disuguaglianza sociale. Attraverso queste iniziative la onlus, in linea con la filosofia “Open Power” di Enel – basata su una vocazione all’apertura verso gli stakeholder e un approccio di condivisione e di partecipazione – ha realizzato insieme alle organizzazioni del Terzo settore, progetti capaci di creare valore condiviso e coesione sociale assicurando la sostenibilità delle iniziative nel tempo. In questo modo abbiamo creato reti di solidarietà e sinergie con le istituzioni locali per mettere in campo azioni tangibili e costruire un futuro più sostenibile in linea con i Sustainable development goals – sdg delle Nazioni Unite. Questo il tratto distintivo della nostra onlus che opera in quattro ambiti: cultura dell’educazione, inserimento e autonomia sociale, tutela della salute, povertà e inclusione sociale, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno.

La scelta delle persone è un momento importante nella nascita e nello sviluppo di una fondazione di impresa o di una onlus, come nel vostro caso. Qual è la vostra esperienza?

Per Enel Cuore le persone sono fondamentali perché rappresentano il nostro “asset” principale, il nostro capitale umano, ma non solo. Chi lavora con noi è una persona che oltre alle competenze e il background professionale, possiede quelle qualità umane necessarie a comprendere e accogliere le necessità e i bisogni di chi vive in situazioni di difficoltà. A questo si accompagnano conoscenza della realtà e dei territori in cui operiamo e le principali aree di intervento del Terzo settore. Il lavoro non si esaurisce nella semplice erogazione dei fondi; i progetti vengono selezionati e seguiti dalla nascita fino alla realizzazione concreta, con un monitoraggio continuo delle attività svolte e dei risultati ottenuti.

Qual modello di onlus vi siete dati? Come è stato scelto? È frutto di un’idea precisa, ex-ante, o si è andato assestando/perfezionando nel tempo?

L’idea alla base delle nostre azioni è quello di “aiutare chi aiuta”, creando delle vere e proprie partnership con le organizzazioni del Terzo settore con cui collaboriamo per realizzare insieme dei progetti che siano efficaci, replicabili, scalabili e sostenibili nel tempo. Cerchiamo di lavorare in sinergia con altre fondazioni ed enti erogatori perché crediamo che fare rete possa moltiplicare l’impatto ed i risultati che si ottengono. Ci piacerebbe inoltre che attraverso il Terzo settore si creassero dei modelli virtuosi di azione nel sociale che poi possano essere fatti propri dal pubblico. Non dimentichiamo infatti che il non profit rappresenta un motore straordinario nel nostro Paese che coinvolge più di 6 milioni di volontari e 1,6 milioni di addetti ai lavori generando un valore che ha raggiunto nel 2022 gli 84 miliardi di euro (+5% rispetto al 2020). Ma torno al modello…

Prego…

Enel cuore nasce 20 anni fa e naturalmente nel corso degli anni si è adattata a un contesto socioeconomico in continuo cambiamento cercando di rispondere ai bisogni più significativi che si sono manifestati nel corso degli anni. A titolo di esempio, un impegno importante è stato profuso nel momento della pandemia a sostegno delle organizzazioni che erano in prima linea nella lotta al Covid19. Oggi il bisogno più significativo che stiamo seguendo è quello dell’aumento esponenziale della povertà che ormai interessa quasi due milioni di persone nel nostro Paese, come evidenziato dal recente rapporto della Caritas. Una povertà che oramai è diventata multidimensionale: non è solo economica ma anche educativa e intergenerazionale.


Come si decidono le aree di intervento? È un’idea che nasce dentro la onlus? Vi avvalete di un comitato scientifico?

Le aree in cui opera la onlus rappresentano in maniera intrinseca non solo la vocazione di Enel Cuore ma soprattutto cercano di intercettare quelli che sono le fragilità ed i bisogni emergenti. Promuovere la cultura dell’educazione per le nuove generazioni e le famiglie, tutelare la salute della persona, contrastare la povertà promuovendo l’inclusione sociale, sono valori che guidano la onlus nella scelta dei progetti per i quali di anno in anno viene rinnovato il sostegno o avviato un nuovo virtuoso percorso di collaborazione. Nella selezione dei progetti valutiamo una serie di indicatori volti a definire un modello di intervento che sia efficace scalabile e replicabile su tutto il territorio, iniziative che negli anni hanno avuto grande impatto per il Paese e per il suo tessuto connettivo.

Un tema molto “caldo”, per il non profit che collabora col mondo filantropico, è quello della programmazione. Prevedete il coinvolgimento del Terzo settore o operate direttamente? E, nel primo caso, come individuate gli enti non profit da coinvolgere?

Enel Cuore non opera direttamente è un’associazione che opera a sostengo delle più importanti realtà del Terzo settore con le quali condivide principi e visione, attraverso un impegno economico e il monitoraggio continuo dello sviluppo dei progetti da parte del nostro team. Oltre alla rete di relazioni costituita negli anni che ci permette di entrare in contatto con le realtà del Terzo settore, abbiamo avviato un canale diretto per accogliere nuove proposte progettuali con l’obiettivo di avvicinare ancora più operatori al nostro mondo, accelerando i tempi di realizzazione delle iniziative. È possibile farlo direttamente dal portale di Enel Cuore attraverso una sezione specifica che delinea le linee guida essenziali per le schede progetto, uno strumento che si è rivelato molto importante in questi anni. Possiamo ritenerci soddisfatti del percorso fatto fino a oggi con un contribuito tangibile, che ha visto la realizzazione di più di 900 progetti e oltre 100 milioni di euro erogati. Un impegno che genera valore e contribuisce alla creazione di un presente e un futuro sostenibile, con l’ambizione di fare sempre meglio nei prossimi anni.

Nella selezione dei progetti valutiamo una serie di indicatori volti a definire un modello di intervento che sia efficace scalabile e replicabile su tutto il territorio, iniziative che negli anni hanno avuto grande impatto per il Paese e per il suo tessuto connettivo.

Valutazione degli esiti: la applicate e come? Quanto è importante, per voi, misurare l’efficienza gestionale e con quali strumenti lo fate?

Il tema della valutazione dei risultati e dell’impatto è uno di quegli aspetti su cui ci stiamo focalizzando e su cui stiamo lavorando in linea con i principi definiti nell’ambito dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni unite. Consapevoli dell’importanza di tale aspetto ormai da più di un anno abbiamo inserito nella nostra scheda progetto l’obbligo per i proponenti delle iniziative di effettuare la valutazione dei risultati ottenuti a conclusione del progetto. Valutare nel nostro approccio significa dare peso ai risultati più che dare dei voti; si tratta, quindi, di valorizzare quanto realizzato da un progetto sociale, in termini di risultati e obiettivi raggiunti. Un compito non facile poiché è necessaria una valutazione che tenga sì presente l’aspetto quantitativo, ma soprattutto quello qualitativo e le diverse caratteristiche e finalità di ogni progetto. Un approccio che prevede un’analisi di tutti gli ambiti e le finalità delle iniziative, un sistema di follow up di revisione integrato, trasparente e partecipativo che aiuti ad individuare, misurare e valutare i cambiamenti avvenuti nelle persone, nelle organizzazioni e nelle comunità interessate dagli interventi delle diverse progettualità.

Si può fare qualche esempio?

La valutazione del progetto pluriennale “Fare Scuola” realizzato insieme alla Fondazione Reggio Children per cui è stato adottato un approccio misto che ha combinato metodi differenti (Social Return on investment – Sroi semplificato e Mixed Method Research) applicati a partire da un disegno valutativo comune che ha consentito di tracciare il flusso progettuale a partire dagli input, economici e di capitale umano, la realizzazione degli output (ambienti fisici, modelli di didattica innovativa, attività svolte negli stessi) fino a determinare gli outcome e gli impatti sociali dello stesso, ovvero il cambiamento nel modo di “fare scuola” dei docenti e dei bambini.

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