Salute

Figlie e figli anoressici o bulimici: a chi chiedere aiuto?

In Italia si stima siano 3 milioni le ragazze e i ragazzi che soffrono di anoressia, bulimia e binge-eating (abbuffate incontrollate). Accanto a loro milioni di famiglie che non sanno (e non hanno) a chi chiedere aiuto. Abbiamo raccolto qui alcuni contatti e strumenti utili

di Sabina Pignataro

Psicosi e disturbi del comportamento alimentare sono le prime due cause di accesso in pronto soccorso per patologia neuropsichiatrica. In Italia si stima siano 3 milioni le ragazze e i ragazzi che soffrono di anoressia, bulimia e binge-eating (abbuffate incontrollate). Accanto a loro milioni di famiglie che non sanno (e non hanno) a chi rivolgersi per ricevere aiuto.

Come raccontiamo nel magazine di VITA di maggio, dal titolo Gioventù Bruciata (in calce il link per leggere l’inchiesta) alcuni sono proprio bambini. Negli ultimi dieci anni si è abbassata in modo vistoso l’età di insorgenza, con esordi frequenti già a 8-10 anni. Anche queste sono stime al ribasso, poiché esiste una grande quota di pazienti che non riesce ad arrivare alle cure. Le nuove richieste di presa in carico sono aumentate in media del 30% dall’inizio della pandemia. I numeri variano di regione in regione poiché l’offerta di servizi e di professionisti è parecchio diversificata sul territorio nazionale: a Milano ad esempio ci sono cinque ambulatori pubblici, a Palermo neanche uno. Ovunque il sistema sanitario pubblico non riesce a soddisfare tutte le domande d’aiuto.

«Di disturbi del comportamento alimentare si muore ogni giorno, da oltre trent’anni. E si muore non perché di per sé siano malattie incurabili benché subdole, ma perché non ci si può curare subito e bene», commenta Stefano Tavilla, presidente di Mi Nutro di Vita e papà di Giulia, morta a 17 anni per bulimia. «Oggi l’attesa per una prima visita è di tre mesi se il paziente è minorenne e cinque, sei mesi se maggiorenne».

A chi rivolgersi? Raccogliamo qui alcuni strumenti che pensiamo possano essere utili:

Gli indirizzi delle 126 strutture specializzate

L'Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato la prima mappa completa dei servizi offerti dal Servizio sanitario nazionale per curare i disturbi del comportamento alimentare. La piattaforma, consultabile qui, offre informazioni sui servizi ricche di dettagli a partire dalla distribuzione geografica: il maggior numero dei centri (63) si trova nelle regioni del Nord, al centro ve ne sono 23 mentre 40 sono distribuiti tra il Sud e le Isole.
Qui il link all'articolo di VITA per approfondire

Come coinvolgere scuole e centri sportivi

L’associazione di volontariato Nutrimente, nata a Milano nel 2012, offre gratuitamente interventi educativi mirati nei due contesti più a rischio: scuole e centri sportivi. «L’obiettivo non è dare informazioni su queste malattie. Se parliamo direttamente dei sintomi, infatti è sicuro che l’anno successivo aumenteranno i casi in classe», spiega Sara Bertelli, presidente dell’associazione e responsabile del Centro disturbi alimentari della Asst Santi Paolo e Carlo di Milano. «Noi piuttosto
invitiamo i ragazzi a riflettere sul valore emotivo del cibo, che può diventare fonte di consolazione, sfogo e controllo quando non si riescono a gestire le emozioni negative, l’intolleranza aglierrori, la solitudine, il bullismo, o una bassa autostima».
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Animenta: progetti di teatro, laboratori di cucina, psicoterapia

A 16 anni Aurora Caporossi si è ammalata di anoressia nervosa e a 24 ha fondato Animenta. «L’associazione nasce per testimoniare che da un disturbo alimentare si può guarire. A patto di offrire cure adeguate e tempestive.
In meno di due anni Animenta ha supportato più di 2mila ragazzi e ragazze, coinvolgendo oltre 100 persone in attività di volontariato e 70 esperti, ed organizzando oltre 50 attività in tutta Italia in presenza e online, ccon realtà come l’innovativa startup di psicologia online Unobravo (qui le info) e l’Asl Roma 1 – Centro Dca di Santa Maria della Pietà. (qui i contatti) «Se con l’online, attraverso i nostri canali social, facciamo corretta informazione su queste patologie, anche grazie al supporto dei professionisti; con le attività in presenza costruiamo dei momenti di confronto e dialogo sia con i pazienti che con le famiglie».
Da qui nascono infatti le attività nelle scuole, i laboratori di cucina realizzati con il supporto di Fondazione Cotarella, il progetto lettere al corpo realizzato con Ambra Angiolini, con la quale abbiamo creato un progetto teatrale coinvolgendo alcune ragazze dell’Associazione. Attraverso la musica, la danza e la recitazione abbiamo dato vita a tutte le lettere andando oltre il corpo e vivendo ogni attimo.
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Fondazione Fiocchetto Lilla: creata pochi mesi fa da ex malati e famigliari

Dalle esperienze e dall'impegno di chi ha lottato in prima persona contro queste patologie nasce Fondazione Fiocchetto Lilla. Una realtà che raccoglie quanto di buono è stato costruito con associazioni come 'Così come sei', 'Mi nutro di vita', 'Perle onlus' e altri. Fra i primi compiti c'è quello di certificare un progetto di prevenzione per le scuole primarie, coinvolgendo famiglie e insegnanti.
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Un libro racconta quando ad ammalarsi è l'intera famiglia

Le vittime di questi disturbi sono soprattutto gli adolescenti, ma anche gli adulti cadono nella loro rete, spesso dimenticati e considerati troppo compromessi per ricevere cure adeguate. E ad ammalarsi è spessa l'intera famiglia. E' come un terremoto, uno tsunami che travolge e distrugge tutto. «Relazionarsi con un malato di disturbi alimentari è come camminare su un campo minato. Se non conosci a perfezione l’esatta posizione delle mine che cambia ogni giorno, imprevedibile, irregolare, salti per aria». Le parole sono di Agnese Buonomo, che è stata toccata direttamente dalla malattia. Il suo libro, “La famiglia divorata. Vivere accanto al disturbo alimentare” (Mursia editore) è un viaggio attraverso gli occhi dei padri e delle madri, ma anche delle sorelle e dei fratelli che combattono, soffrono, vivono la malattia dei loro cari. «Accanto a tanti manuali per i professionisti, alle biografie delle pazienti, e ai libri più noti, come quello di Michela Marzano (Volevo Essere una farfalla) e di Alessandra Arachi (Briciole: Storia di un'anoressia) sentivo l’urgenza di descrivere i DCA attraverso gli occhi dei padri e delle madri, ma anche delle sorelle e dei fratelli che combattono, soffrono, vivono la malattia dei loro cari «nel buio e nel silenzio delle mura domestiche, sovrastata dall'ignoranza generale e dalla poca attenzione sociale».
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Il podcast

Fiorenza Sarzanini, vicedirettrice del Corriere della Sera, nel podcast Specchio (prodotto da Chora Media) affronta il tema dei disturbi alimentari, a partire dalla sua esperienza. «Ho immaginato il dramma delle famiglie nei mesi in cui, per il Covid, era impossibile farsi rispondere da un medico, in cui tutto è stato inaccessibile, in un'Italia dove in molte regioni non esistono strutture specializzate, dove genitori e figli restano soli e disperati. Per esserci passata so quanto sia importante parlarne, combattere silenzi e pregiudizi».
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Il problema del Sud

Rosa Trabace è da quindici anni la responsabile del Centro di Riferimento Regionale per la Cura dei Disturbi alimentari e del peso “G.Gioia” di Chiaromonte Potenza, l’unico del sud Italia. «Dal 2005 sono stati accolti 900 pazienti nei venti posti letto in regime residenziale e più di 2.000 nell’ambulatorio che offre un servizio multidisciplinare integrato. Prima della pandemia il 70% dei nostri pazienti era maggiorenne e il 30% minorenne. Oggi vi è un’inversione di tendenza. L’età media è scesa a 13 anni». Il problema, sottolinea l’esperta, non è la disponibilità dei posti ma l’assenza nelle regioni limitrofe, come in quelle della Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, di servizi dedicati e residenze riabilitative. Il più delle volte, il ritorno a casa, senza poter essere seguite nella giusta maniera, vanifica il lavoro fatto e talvolta riporta i pazienti alla casella di partenza, come nel gioco dell’oca».
Qui il link all'articolo di VITA per approfondire

Il magazine di maggio
La copertina del numero di maggio di VITA punta gli occhi in profondità, dentro quel malessere di adolescenti, ragazzi e giovani che troppo a lungo abbiamo fatto finta di non vedere. Un’inchiesta a tutto campo, che sfida il mondo degli adulti e l'intero paese a cambiare.
Per acquistare il numero dallo store di VITA, clicca qui.

In apertura, la foto che Silvia Bevilacqua ha presentato in occasione della mostra organizzata da Ri-scatti Onlus in collaborazione con l’Ospedale Niguarda di Milano e l’Associazione Erika.

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