Famiglia

Figli di un Coni minore

Strade e metropolitane,muri e ponti delle ferrovie garages e campetti di periferia.Sono le palestre di un esercito di sportivi che vive e cresce ai margini delle Federazioni.

di Pasquale Coccia

Sono sport praticati da migliaia di giovani e con regole nuove che infrangono quelle rigide volute dalle Federazioni, ma per lo sport ufficiale sono clandestini, non esistono. Badminton, free climbing, beach volley, fitness, skateboard e skateline, sono solo alcuni degli sport emergenti che nel nostro Paese hanno fatto capolino nel corso degli anni Ottanta, ponendosi in contrapposizione agli sport delle federazioni del Coni. Hanno regole proprie che si compongono e scompongono a seconda delle esigenze territoriali, degli spazi all?aperto. Coloro che li praticano, soprattutto giovanissimi, non godono di organizzazioni federali pronte a promuovere gare e a sobbarcarsi le spese, perciò provvedono ad autorganizzarsi e a garantirsi gli sponsor per la parte economica. La gran parte di queste attività si svolgono all?aria aperta, soprattutto perché mancano gli impianti sportivi pronti ad accoglierli, né gli enti locali manifestano attenzione al nuovo. I 30 mila climbers italiani che la domenica esibiscono le loro doti di arrampicatori lungo le pereti di roccia lontani dai luoghi abitati, durante la settimana si allenano sui muri dei ponti delle ferrovie o sulle pareti adattate alla meglio di un garage, visto che nelle aree verdi delle città mancano le pareti artificiali, contrariamente a quanto avviene nella vicina Francia, dove sono installate perfino nelle aree di gioco per bambini . Sarà per questo che Oltralpe si contano circa settecentomila climbers. E tuttavia, i nostri arrampicatori possono considerarsi fortunati: da qualche tempo sono stati ?associati? al Coni: non godono di privilegi e finanziamenti come gli altri sport, tuttavia possono almeno contare su una federazione (la Fasi, Federazione arrampicata sportiva). Meglio che niente. Gli altri, non possono neppure contare su questo timido riconoscimento. È il caso delle arti marziali che con nuovi filoni come la kichboxing aggregano oltre trecentomila praticanti (secondo le stime fatte dal Coni), ma non ricevono né finanziamenti né supporti organizzativi. Nonostante negli ultimi tempi le richieste di riconoscimento di questa disciplina avanzate al Comitato olimpico siano diventate più sostenute. Così come le migliaia di skaters devono organizzarsi in proprio, in assenza di rampe e impianti attrezzati scelgono come teatro delle loro performances strade, panchine, gradini, scale e corrimani della metropolitana. Numerose discipline sportive alternative, hanno trovato attenzione e sostegno presso gli enti impegnati nella promozione dello sport per tutti. L?Unione italiana sport per tutti (Uisp) provvede a organizzare il beach-volley durante l?estate in piccoli spazi di sabbia lungo le spiagge, dove gareggiano squadre maschili, femminili e miste con varie formule. I 20 mila praticanti estivi, insistono anche d?inverno, trovando spazio nelle palestre scolastiche, anche se sotto i loro piedi nudi non vi è il tepore estivo della sabbia, bensì piccole palline sintetiche. Circa 500 mila persone che praticano sport alternativi, trovano spazio nel circuito degli enti di promozione sportiva, mentre altri 500 mila sono quelli che per scelta o per mancanza di occasione seguono la linea del ?fai da te?. Un esercito di irregolari, un milione di atleti fuori dai giochi e dalle leggi dello sport organizzato e normato. E che non raramente sono guardati con sospetto e fastidio. «Lo sport alternativo sta progressivamente prendendo il sopravvento sullo sport legale. Stiamo assistendo a una rivincita dei giochi sportivi non riconosciuti e delle regole non regolari», afferma Gianmario Missaglia vicepresidente del Comitato internazionale sport per tutti. «Lo sport si espande oltre le sue forme tradizionali e passa dalla priorità della prestazione agonistica alla priorità del soggetto. Nelle pratiche sportive organizzate, l?alternativa non è tra competizione e non, ma tra regole rigide e regole flessibili. Non solo, qui la pratica sportiva è l?espressione e la continuazione di uno stile di vita», conclude Missaglia. Negli ultimi due decenni gli enti di promozione sportiva non solo si sono fatti carico della promozione dello sport sociale, ma hanno dimostrato anche attenzione ai fenomeni emergenti, realizzando strutture organizzative che, seppur precarie, rappresentano una risposta al nuovo. Ma che il Coni si ostina a tenere a debita distanza.


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