Welfare

Figli di detenuti, sarà la volta buona?

Roma: una giornata di studi organizzata dalle associazioni che si occupano di carcere di madri detenute con figli “reclusi” con loro, di figli dei detenuti

di Ornella Favero

Che ci faccio io qui? È il titolo di una giornata di studi, organizzata a Roma dalle associazioni che si occupano di carcere, di madri detenute con figli ?reclusi? con loro, di figli dei detenuti. «Perché nessun bambino varchi la soglia di un carcere», era il sottotilo e anche la finalità vera di tutti quelli che hanno contribuito a elaborare una proposta di legge che punta a evitare la carcerazione con le madri dei figli fino a tre anni, ampliando le possibilità di detenzione domiciliare e promuovendo, dove non siano possibili altre soluzioni, case famiglia protette. Importante anche il riconoscimento del diritto del minore di essere accompagnato in ospedale o al pronto soccorso dalla madre: si tratta infatti di momenti tra i più drammatici e duri che possono capitare ai bambini, che non devono affrontarli da soli.

Dato che il testo di legge approvato in commissione Giustizia sta per arrivare all?esame dell?aula di Montecitorio, le associazioni di volontariato hanno voluto fare il punto, sottolineando che una delle questioni dolenti è quella che riguarda l?applicazione delle norme anche alle detenute straniere. La speranza è che, invece, si riesca a dare anche a loro una prospettiva di vita ?normale?.

L?esperienza di Marino

Nel nostro Paese ci sono famiglie come quelle dei detenuti abbandonate a se stesse, che affrontano i colloqui coi lori cari in spazi tristi e inadatti ai bambini e che non ricevono in alcun modo assistenza quando si tratta di dire ai figli la verità. Eppure la verità è difficile da dire, e lo spiega bene un detenuto, Marino Occhipinti, nella sua testimonianza: «Quando fui arrestato le mie due figlie avevano 3 e 6 anni, e per giustificare l?improvvisa sparizione del loro padre i miei scelsero la scusa più banale dicendo loro che ?Papà è via per lavoro, ma tornerà presto??. Che altro poteva pensare, se non che l?avessi abbandonata?»


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