Cultura

FIERA DEL LIBRO. Islam e sessualità. Parla Salwa al Neimi

È siriana, figlia di padre musulmano e di madre cristiana. Il suo “La prova del miele“ è un best seller mondiale

di Redazione

di Sara Hejazi 

La Fiera del libro di Torino ha avuto come filo conduttore l’affermazione di un tradizione erotica nella letteratura araba molto distante dagli stereotipi che l’occidente ha su di essa: il romanzo “La prova del miele” di Salwa al Neimi ne è un esempio. Già il titolo richiama un topos letterario arabo caro alla tradizione, quello del miele come “fluido” e  metafora della sessualità femminile. Così l’autrice intende sfatare il mito della letteratura araba velata e priva di erotismo: al contrario la protagonista del romanzo, una libraria che deve partecipare ad un convegno sull’Eros nella tradizione letteraria araba,  ripercorre la sensualità dei testi antichi mentre narra una personale storia d’amore che non scinde piacere carnale da quello spirituale, ma rappresenta i protagonisti nella loro integrità ed interezza proprio attraverso l’atto sessuale, sacralizzato dall’uso che gli stessi fanno di termini erotici in arabo fusha.
Residente ormai da molti anni a Parigi, siriana di orgine, Salwa al Neimi racconta come proprio nei testi antichi durante l’adolescenza si familiarizzasse con le questioni e le curiosità della sfera sessuale: «La descrizione del piacere femminile, del corpo e dei suoi fluidi erano i misteri dell’adolescenza che a noi ci rivelavano i libri antichi della nostra tradizione. Alcune di queste letture le facevamo in gran segreto, anche se probabilmente gli stessi libri avevano insegnato anche ai nostri genitori».
Ciò che spesso non ci si aspetta proprio dalla tradizione araba è, in realtà,  la chiarezza e la consuetudine con cui nei testi antichi si parlasse di sesso e come esso fosse considerato non un tabù ma una parte integrante sia della vita della comunità musulmana, sia della pratica del fedele. «Nell’Islam delle origini» continua l’autrice, «non vi è castità, ma celebrazione del sesso come celebrazione della vitalità».
Il fatto che la Al-Neimi risieda in un paese occidentale da molti anni, è stato pretesto per parlare di una “doppia appartenenza” dell’autrice, che le avrebbe permesso di sfruttare il contesto occidentale caratterizzato dalla libertà sessuale e dalla costante possibilità di contatti con l’altro sesso- i due protagonisti del romanzo si incontrano per la prima volta sulla metropolitana- per metter in pratica una tradizione che nei paesi arabi stessi sembra ormai dimenticata: «Non è proprio una questione di doppia appartenenza. Già prima di arrivare a Parigi mi sentivo doppia: mio padre è musulmano e mia madre cristiana, e io sono il frutto di questo incontro».  Rimane il fatto che la sessualità descritta nel romanzo avviene in realtà tra due connazionali “chiusi” nel loro mondo e nei loro riferimenti culturali tradizionali. È dunque vero, per dirla con Benkheira, che  la gestione individuale della sessualità rimane, in realtà, per le musulmane della diaspora l’ultimo bastione da estirpare?
«Non credo. Credo che la sessualità femminile possa esprimersi al meglio solo con un partner con cui si è in sintonia. Che questo avvenga tra connazionali o tra persone di diversissime appartenenze dipende da quanto siamo disposte noi a condividere. Sicuramente il sesso rimane uno dei luoghi più significativi dell’incontro con l’altro».

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