Philanthropy Experience 2024
Fiduciosamente verso il Filantropocene
A Salerno per due giorni, 120 fondazioni bancarie, comunitarie, familiari, di impresa, a confronto sull'asset più immateriale e più prezioso del patrimonio di ognuna, la fiducia, con la quale entrare in un'era meno basata sull'"ego", come l'Antropocene, e più sull'"eco" e più amica dell'uomo. La terza edizione della manifestazione lanciata tre anni fa a Catania. VITA c'era
La chimica della filantropia funziona ogni volta, alla Philanthropy experience. Ieri e oggi, a Salerno è andata in scena la terza edizione, dopo quella iniziale, a Catania nel 2022, e quella dello scorso anno a Siena.
In questo radunarsi proposto da un gruppo di fondazioni – Èbbene, Monte dei Paschi, Time2, Milan, Allianz Umana Mente, e Italia per il dono – ci si scambiano atomi di ossigeno, nascono forse molecole nuove, che ognuno, alla fine, porta casa, ripartendo per i quattro angoli d’Italia: magari catalizzeranno una qualche reazione altrove: sociale, ambientale, culturale.
La filantropia italiana – e qui ce n’è un campione ibrido interessante, di ex-bancarie, comunitarie, familiari e di impresa – la filantropia italiana, dicevo, ha voglia di confrontarsi, di scambiare pensiero, di copiare esperienze quando sono efficaci – qui per fortuna non è un tabu, perché prevale l’approccio collaborativo.
In particolare, le esperienze dell’Experience, e ci si passi il gioco di parole, hanno il pregio di mettere a tema questioni molto centrali di questo mondo – lo scorso anno il fallimento, quest’anno la fiducia – con interventi sempre molto competenti ma sempre poi in un contesto di marcata convivialità.
La fiducia, dal dire al fare
Per esempio, il panel in cui si è affrontata La crisi della fiducia nella società e i riflessi sulla filantropia, con Federico Mento (Ashoka Italia), e Giancarlo Sciascia, business devoloper a Mezzo forte, a ragionare con Daniele Messina di Fondazione Monte dei Paschi. E il verbo, “ragionare”, non sembri un pedaggio all’enfasi narrativa, perché di un dialogo piacevole si è trattato: nessun conferenziere impettito ma tre persone curiose e appassionate che partono da Eschilo e dal suo Titano, che ruba il fuoco agli Dei per regalarlo agli uomini, il Prometeo che dà fiducia al genere umano, e arrivano alla necessità di un Filantropocene, cioè di un Antropocene «che passi dall’ego all’eco». Non per fare i fan eterni del liceo classico ma per ricordare che, nell’ora di lavoro trascorsa, «si sono estinte altre due specie animali».
Non solo visione o scenario, intendiamoci, ma anche confronto, paragone, racconto di esperienza in atto; a Salerno c’era anche la philanthropie philanthropique, si potrebbe dire, parafrasando il politique politicienne nenniano.
È il caso degli incontri dedicati all’impatto e alla valutazione che hanno coinvolto molte fondazioni, fra cui la Edoardo Garrone di Genova; realtà di finanza a impatto come Opes o Fondazione Giordano dell’Amore e le compagini europee di Impact Europe e Philea. Ossia gli interventi, tutti molto belli, rispettivamente di Francesca Campora, Stefano Magnoni, Alessia Gianoncelli e Ilaria D’Auria.
L’impatto e la valutazione, questione di fiducia
Il tutto in un mix intelligente fra esigenza di misurare e valutare, senza cioè farne una nuova religione sociale, quella che ha evocato brillantemente, in una altro panel, Gianluca Salvatori di Euricse ricordando, per paradosso, i rischi del “lungotermismo” portato alle estreme conseguenze: lasciar bruciare la casa del vicino andata a fuoco, perché mobilitarsi per spegnerla sarebbe stato poco efficace e impattante.
Una filantropia che, più di altri ambiti del Terzo settore italiano, dimostra di non dimenticare il grande tema generazionale: se Assifero, partner dell’evento e presente con la sua presidente, Stefania Mancini, lo ricorda a tutti ogni volta, con l’intelligente iniziativa della Future chair (la sedia lasciata vuota), qui al Philantropy, si sono coinvolti i giovani in una sessione ad hoc, con le esperienze della Commissione dedicata creata da Fondazione CariBiella, della cooperativa sociale Generazione T, della realtà di promozione dell’alternanza scuola-lavoro, Startnet.
Insomma una comunità felicemente impegnata a misurarsi coi problemi concreti dell’azione filantropica, quelli che derivano dell’essere ormai sempre più operativa che erogativa, ma che non disdegna di ritrovarsi, frequentarsi, sostenersi, all’insegna di quella “gentilezza” di cui alcuni hanno peraltro fatto un programma di lavoro.
Il coro della mani e l’arcivescovo sociale
E certamente gentile, di quella gentilezza che viaggia a braccetto con la generosità, è stato il partner locale che alle Experiences non manca mai. La Fondazione della Comunità Salernitana, ospite appassionata di questa edizione, ha menato le danze, procurando che la carovana dei filantropi arrivati da tutto il Paese, le oltre 120 le organizzazioni presenti – «noi dal Far East d’Italia», ha detto la vulcanica presidente della triestina Fondazione Pittini, Marina Pittini – potesse incontrare le realtà della società civile cittadina, dai ragazzini e ragazzine con disabilità del “Coro mani bianche”, bellissimi nelle loro esecuzioni, al presidente della Fondazione Carisal, Domenico Credendino, fino all’arcivescovo Andrea Bellandi, un fine teologo (fece un tesi sul Ratzinger padre conciliare) che però, appena arrivato nella città, cinque anni fa, volle creare un’impresa sociale per custodire e valorizzare i molti luoghi di arte sacra e inserire al lavoro soggetti fragili. D’altra parte, diceva san Giacomo, che «la fede senza le opere è morta»: un’altra antica storia di filantropia.
Nei prossimi giorni, pubblicheremo un podcast con alcune voci della Philanthropy Experience 2024, fra cui: Antonia Autuori (Fondazione della Comunità Salernitana), Francesca Campora (Fondazione Garrone), Fabio Fraticelli (TechSoup), Francesca Magliulo (Fondazione Eos), Stefania Grea (Fondazione Human Age Institute Manpower), Marina Pittini (Fondazione Pittini), Elisa Furno (Fondazione CariBiella), Marco Gargiulo (Idee in Rete), Mario Cappella (Fondazione San Gennaro), Daniele Messina (Fondazione Monte dei Paschi), Samuele Pigoni (Fondazione Time2) e Rocco Giorgianni (Fondazione Milan).
Ascolta un’anticipazione con Elisa Furnari (Fondazione Èbbene), QUI.
Le foto di questo servizio sono dell’autore dell’articolo, salvo l’apertura di Andrea Pastore (Fondazione della Comunità di Salerno) e la foto della plenaria, che è dell’ufficio stampa di Philanthropy Experience.
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