Non profit

Fiat, tensione alle stelle

Spunta il simbolo delle Br a pochi giorni dal referendum

di Franco Bomprezzi

Si apre nel peggiore dei modi la settimana del referendum sull’accordo Fiat. Alla normale anche se accesa dialettica sindacale si sono aggiunte infatti ieri le scritte minacciose e lugubri apparse a Torino, con tanto di stella a cinque punte, simbolo delle Brigate Rosse. Sui giornali di oggi ampio spazio all’argomento.

“Tensione sul referendum Fiat” è il titolo di taglio centrale sulla prima di oggi del CORRIERE DELLA SERA. I servizi alle pagine 4 e 5. Di spalla a pagina 5 il titolo di cronaca: “Torino, minacce a Marchionne. Torna la stella a cinque punte”. “Sono ricomparsi gli spettri a Torino sul cavalcavia semicentrale di corso Germano Sommellier – scrive Massimo Sideri – La vernice è rossa. Il simbolo inequivocabile: la stella a cinque punte delle Brigate Rosse. Obiettivo dichiarato l’amministratore delegato della Fiat a soli quattro giorni dal teso referendum sul futuro di Mirafiori: «Marchionne fottiti» si legge sullo sfondo improbabile e leggero di un manifesto pubblicitario. Appena accanto, a cavallo su altre due pubblicità di griffe, un messaggio più strutturato: «Non siamo noi a dover diventare cinesi», «ma i lavoratori cinesi a diventare come noi». La stella a cinque punte torna tre volte, lugubre. Immediata e dura la condanna da parte sia della Cgil che della Fiom”. Non si pensa, alla Digos, a un collegamento reale a vecchie o nuove Br. “Il parere degli esperti è che si tratterebbe di una «simbologia forte», non così «inedita» neppure negli ultimi tempi, usata comunque per «alzare il tono» e per attirare la massima attenzione anche da parte dei media”. Interessante l’intervista a Giorgio Benvenuto, 73 anni, già leader della Uil negli anni caldi, e ora presidente della Fondazione Bruno Buozzi: “Bene il contratto ma una fabbrica non è una caserma”. Nota infatti Benvenuto: “Il fatto è che il sindacato è arrivato impreparato e diviso rispetto ai problemi posti da Marchionne. La Fiat è una multinazionale e chiede certe condizioni per investire. In questo senso non c’è alternativa all’accordo. Ma la Fiat sa che non si può governare una fabbrica come una caserma. Ci vuole partecipazione. Purtroppo le divisioni del sindacato fanno passare in secondo piano temi in questi tempi importanti, come l’esame del piano industriale, che appare ancora inafferrabile”. Intanto continua il confronto interno al sindacato. In apertura di pagina 4: “Cgil in piazza con la Fiom «Ma non si può dire solo no»”. E il retroscena è raccontato da Enrico Marro: “Landini non cede e punta sui giudici. Camusso: illusorio”. Ai dubbi di Susanna Camusso su come garantire rappresentanza sindacale all’interno di Mirafiori anche dopo il referendum, in caso di sconfitta, “Landini ha risposto – scrive Marro – che la Fiom si rivolgerà ancora una volta ai giudici del lavoro. Cercherà di invalidare gli accordi Fiat, in particolare la costituzione delle due newco di Pomigliano e Mirafiori e i conseguenti contratti di lavoro sostitutivi del contratto dei metalmeccanici, sostenendo che in realtà c’è una continuità aziendale. Ma Camusso e i suoi pensano che sia un’illusione affidarsi ai giudici per risolvere un problema sindacale”.

LA REPUBBLICA apre sugli Usa (“Strage, America sotto shock”) e riserva un titolo di spalla alle minacce a Marchionne: “Fiat niente intesa tra Fiom e Cgil Stella br a Torino”. I servizi alle pagine 2 e 3. Comincia Paolo Griseri che riferisce del vertice, tesissimo, fra Susanna Camusso della Cgil e Maurizio Landini della Fiom. Entrambi preferiscono non parlare di spaccatura, concordano nel condannare la stella a cinque punte (con scritto «Marchionne fottiti», «Non siamo noi a dover diventare cinesi, sono i cinesi a dover diventare come noi) e nel dire «no» al referendum (con la Camusso che però avverte: «qualunque sia l’esito, i lavoratori non siano lasciati soli», come recita il comunicato congiunto di fine vertice). Del resto la consultazione spacca la città di Torino in due. Nel suo retroscena, Roberto Mania riferisce del blitz su Landini: una discussione tesissima, senza punto di incontro finale. «La Fiom», scrive Mania, «andrà da sola verso un’orgogliosa sconfitta senza che la Cgil possa entrare in campo». La Camusso del resto l’avrebbe pure esplicitato: «questa è una vertenza generale che riguarda tutto il sindacato, gli strumenti della rappresentanza, la contrattazione. Non è solo una questione di categoria. Riguarda tutti» (comunque, ha aggiunto, non intendo firmare al posto della Fiom). Diverso il parere di Landini (che rivendica la “titolarità» della vicenda). In appoggio una intervista a Ulrich Beck, il sociologo della “società del rischio” secondo il quale «quello della Fiat è un ottimo esempio di come la globalizzazione può essere usata come nuovo gioco di potere per cambiare le regole del potere. Assistiamo infatti all’emancipazione dell’economia dai vincoli nazionali e democratici». Occorre inventare nuovi modelli, afferma Beck, e nuove responsabilità: «uno dei motivi per cui la Ue ha così tanti problemi a essere accettata dalla popolazione è che si occupa solo del mercato, da una prospettiva neoliberale. Se iniziasse a pensare a come garantire una sicurezza sociale ai lavoratori degli stati membri, la sua reputazione ne gioverebbe». Alcune pagine dopo, in R2 Automotori, doppia pagina sul salone americano dell’auto, nel quale la Fiat è protagonista, ça va sans dire…

IL GIORNALE si occupa di Fiat partendo dalla «Stella Br contro Marchionne», con un commento di Salvatore Tramontano che parte dalla prima pagina. Il titolo è «Il vuoto del Pd e il rischio della violenza». All’interno invece, a pagina 19, sotto l’occhiello «spaccature», Paolo Stefanato si occupa della consultazione tra gli operai: «A Mirafiori la Fiom batte la Cgil, avanti col “no” al referendum» è il titolo. «Landini batte Camusso. La linea dura vince sulla linea del compromesso, quella che un tempo si sarebbe chiamata dorotea. Oggi veniva camuffata, dalla segretaria generale Cgil, con l’asettico e nobilitante aggettivo di “tecnica”», scrive Stefanato.  Ma la Fiom ha una posizione diversa: «anche perché, come dice Landini duro-e-puro, non esistono “firme tecniche”, esistono firme e basta».

«E’ un referendum della speranza non un referendum della vergogna o della paura». Così Giuseppe Farina, numero uno della Fim-Cisl Abruzese, che LA STAMPA intervista a pagina 7. In prima pagina sull’edizione di oggi del quotidiano di Torino solo un richiamo al referendum Fiat. Secondo Farina la Fiom dovrebbe prendere atto che «i lavoratori a maggioranza hanno dato il proprio consenso all’accordo che abbiamo siglato», un accordo «difficile» ammette il segretario Cisl, l’importante ora è che «ci sia una maggioranza e che la Fiat confermi l’investimento». “Fiom e Cgil restano divise ma non rompono” titola LA STAMPA a pagina 6.

E inoltre sui giornali di oggi:

CODICE STRADA
IL SOLE 24 ORE – Sergio Bedessi e Rossella Cadeo illustrano le novità del codice della strada. «I prossimi neopatentati che già si sentono al volante di auto potenti dovranno ridimensionare i loro sogni. Sta, infatti, per scattare una novità che li riguarda. L’articolo 117, comma 2, del Codice della strada già prevedeva che per i primi tre anni dal conseguimento della patente B non fosse consentito guidare oltre i 100 Km/h sulle autostrade e oltre i 90 Km/h sulle extraurbane principali. La legge di riforma (la n. 120 del 2010) ha invece modificato il comma 2bis: mentre finora, per il primo anno, i neopatentati non potevano guidare veicoli con potenza relativa superiore a 50 kW/t, ora il rapporto salirà a 55 kW/t, con un ulteriore paletto per la potenza, ossia 70kW per le autovetture». 

TUCSON

LA REPUBBLICA – Tre pagine sulla strage in Arizona. Fra gli articoli, il reportage di Federico Rampini: “Nella città dell’orrore che piange i suoi morti spunta lo spettro dei razzisti bianchi”. «Tucson si scopre la capitale del nuovo odio americano, il laboratorio di una violenza che può dilagare senza argini». Frutto di una campagna elettorale senza esclusione di colpi, incluso l’invito (figurato, precisa ora Sarah Palin) a sparare politicamente contro i sostenitori della «riforma socialista» di Obama.

USA
LA STAMPA – “L’asse Berlusconi-Putin? Non è più un problema”. Il quotidiano torinese apre con un’intervista all’ambasciatore americano a Roma David Thorne, che parla dei rapporti tra Usa e Italia dopo le rivelazioni di Wikileaks. I legami fra Roma e Mosca preoccupano «meno» rispetto al passato l’amministrazione Usa, dice Thorne, c’è «cooperazione intensa» con l’Italia sul dossier Iran e l’ambasciatore americano andrà in Afghanistan per «rendere omaggio» alle truppe italiane.

TECNOLOGIA
IL GIORNALE – «In Lombardia l’Ipad (quasi) gratis per i bimbi disabili», è il titolo a pagina 18. «La Regione rimborsa le spese per il tablet: è come un apparecchiatura medica», scrive il quotidiano.  Viene riportata l’opinione di Fulvio Santagostini, presidente dell’associazione disabili Ledha: «La legge prevede il finanziamento per tutti gli ausili di alta tecnologia necessari a migliorare la vita delle persone con disabilità». Ma nel resto d’Italia le cose sono diverse: «ogni regione fa come crede».

AMBIENTE
ITALIA OGGI – “Londra, chi inquina paga. E ora anche di più”. Un pezzo sull’aumento del Congestion Charge, detto CC, la tassa imposta a tutti i veicoli più inquinanti diretti nelle aree centrali di Londra. Il CC passa da 8 a 9 sterline per gli abbonati al servizio Auto pay. Tutti gli automobilisti che utilizzeranno i sistemi tradizionali di pagamento sborseranno 10 sterline contro le attuali 8. Sono 12 le sterline per tutti coloro che si metteranno in regola con un giorno di ritardo. Secondo il pezzo, ci sono novità in vista anche per i possessori di auto ibride o a basse emissioni di Co2 che d’ora in poi beneficeranno degli stessi sconti (Greener vehicle discount) sul ticket di accesso al centro città che in passato erano solamente per i mezzi elettrici. 

PMI NELLO SPAZIO
IL SOLE 24 ORE – “Idee made in pmi nella corsa allo spazio” è il titolo dell’articolo di Nino Ciravegna. «Una piccola impresa di Torino fa milioni di calcoli scientifici per simulare le temperature estreme di Marte. A Pozzuoli una pmi progetta e costruisce microsistemi per la stazione spaziale, mille fotogrammi al secondo, compressi e inviati a terra. A Bolzano due fratelli hanno messo a punto un sistema per i grandi telescopi terrestri che migliora di tre volte le immagini dello spazio profondo.  Nomi sconosciuti al grande pubblico, apprezzati dagli addetti ai lavori impegnati nella corsa allo spazio, sempre di attualità: il 2011 è iniziato con l’astronauta italiano Paolo Nespoli che resterà in orbita per sei mesi. La corsa allo spazio riflette la globalizzazione: la classica sfida Usa-Urss, con l’Europa a fare da terzo incomodo, si è allargata a nuovi protagonisti, ora anche Cina e India progettano missioni sulla Luna o su Marte. I progetti si moltiplicano, il business cresce, anche per le piccole imprese italiane. In operazioni che richiedono miliardi di dollari c’è sempre (o quasi) un po’ di made in Italy, anzi di “made in Pmi”. Attrezzature, sistemi o elaborazioni sviluppate in aziende che hanno un’altissima specializzazione pur con fatturati di pochi milioni di euro. Che hanno saputo trovare un loro spazio anche senza poter contare, come i concorrenti Usa, su finanziamenti in milioni di dollari per la ricerca e lo sviluppo. Piccole imprese che collaborano con i colossi del settore, come Thales Alenia, concentrate per lo più in Piemonte, Lombardia, Lazio, Campania e Puglia. Che spesso lavorano direttamente con l’Asi, l’agenzia spaziale italiana, o con l’Esa, l’agenzia europea». 

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