Non profit

Fiat, Pomigliano rischia grosso

Il no della Fiom all'accordo mette in difficoltà sindacati e azienda

di Franco Bomprezzi

Un momento cruciale per le relazioni sindacali in Italia e per la sorte dello stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. Il no della Fiom alla firma sull’accordo conquista i titoli di apertura dei giornali di oggi.

“Fiom dice no, Fiat va avanti” titola il CORRIERE DELLA SERA in prima pagina: il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha respinto all’unanimità l’accordo su Pomigliano: «Firma impossibile, il documento contiene profili di illegittimità costituzionale», la motivazione. Proclamato uno sciopero. Il Lingotto convoca d’urgenza i sindacati. E alla fine arriva l’appello del governo al segretario generale Epifani: le tute blu della Cgil ci ripensino». Dalla prima parte anche un bell’approfondimento di Raffaella Polato sulla storia dello stabilimento campano dal miglioramento delle linee produttive con l’arrivo di Marchionne alla frenata della crisi, fino al piano Panda. “Il no della Fiom: Pomigliano niente firma” è invece il titolo di apertura delle pagine interne, in cui si dà buon rilievo anche alle posizioni di Giuseppe Dinarelli, 32 anni, rappresentante della Rsu di Pomigliano d’Arco, ma anche laureato in Sviluppo e cooperazione internazionale  che al comitato centrale della Fiom-Cgil ha fatto un appello a favore della firma: «Per piacere, per una volta mettiamola in positivo: facciamo delle proposte, non diciamo subito no». Enrico Marro firma invece il ritratto di Maurizio Landini “Il leader saldatore che scommette sul voto in fabbrica” : «Landini incarna la continuità dell’anomalia Fiom, organizzazione gelosissima della sua autonomia fino al punto da teorizzare sotto la guida del carismatico Claudio Sabbatini (segretario fino al 2002) l’indipendenza». Sacconi invece dice: “accordo che farà scuola” annunciando una sorta di federalismo normativo tale da rendere lo statuto dei lavoratori flessibile sui territori». Infine Maria Teresa Meli intervista il vicesegretario Pd Enrico Letta (“«Rispetto l’autonomia del sindacato. però se rompe è un vero disastro”).

“Fiat Pomigliano, è rottura la Fiom boccia l’accordo”:  LA REPUBBLICA dedica alla scelta sindacale l’apertura e due pagine all’interno. Secondo la Fiom, riferisce Luisa Grion, il piano Fiat «contiene profili di illegittimità» perciò «è impossibile sottoporre al voto accordi che violano i contratti e la Costituzione». In particolare due i punti sotto accusa: la clausola che prevede come la violazione da parte del lavoratore delle condizioni contenute nel testo possa portare a provvedimenti disciplinari fino al licenziamento e l’ampia discrezionalità riconosciuta all’azienda nello stabilire quando c’è la violazione. La Fiom oggi contro-proporrà a Marchionne di applicare il contratto nazionale (che consente 18 turni e 40 ore di straordinario in più). Ieri il sindacato ha anche votato per lo sciopero il 25 giugno. Una risposta che divide. Sergio Chiamparino, sindaco Pd di Torino, sostiene che «doveva essere diversa. Accettiamo la sfida e chiediamo semmai condizioni migliorative del lavoro e delle retribuzioni aprendo una fase nuova della negoziazione. Se non si capisce questo, vuol dire che non abbiamo capito la nuova fase in cui è inserito il sistema industriale del nostro paese». Sacconi fa appello al sindacato. Secondo Marcegaglia quella della Fiom è «una cecità enorme». Nel retroscena, “Marchionne voleva il consenso di tutti adesso è tentato dalla soluzione polacca”, Salvatore Tropea spiega la difficoltà dell’ad. Aveva annunciato un piano B, senza però precisarlo. Per ora però la de-italianizzazione è una ipotesi remota. Non remota «sarebbe una parziale attuazione del piano B, ovvero il trasferimento all’estero dell’investimento da 700 milioni attualmente destinato a Pomigliano». Ma è un passo che l’ad non farà senza aver cercato una soluzione italiana…  A fianco Roberto Mania intervista il leader Cgil: “Epifani: la Fiat ci ripensi la fabbrica non è una caserma”. Sostiene Epifani che Pomigliano non ha scelta, che la disponibilità è massima ma che «c’è un capitolo del documento della Fiat che apre problemi molto gravi. Riguarda la malattia e lo sciopero. Abbiamo consultato insigni giuristi e ci dicono che, senza chiarimenti e correzioni, quelle clausole appaiono illegittime o addirittura incostituzionali». Sottolinea però, il leader Cgil, che tra la sua organizzazione e la Fiom «è mancato il rapporto» nella costruzione della soluzione.

IL GIORNALE mette in evidenza che oggi alle 14 ci sarà un altro incontro fra le parti sociali a cui i vertici di Fiom «parteciperanno anche se l’invito è arrivato per conoscenza», riporta Pier Luigi Bonora. Che nel pezzo si augura che «per evitare che Marchionne perda la pazienza, visto che il tempo concesso è abbondantemente scaduto,  dovrebbero essere gli stessi operai a indire un referendum sul referendum. Votare cioè sulla possibilità sacrosanta di decidere sul loro futuro». IL GIORNALE ricostruisce la vicenda così: «A differenza di quanto accaduto per Termini Imerese. dove è stato il Lingotto a decretarne la chiusura alla fine del 2011, paradossalmente in Campania sono gli operai a condannare il grande impianto. Il sindacato dei metalmeccanici legato alla Cgil ha detto no al documento Fiat considerato «un ricatto e prevede deroghe a diritti indisponibili». Per la cronaca si legge che: «La Fiom si prepara incrociare le braccia il 25 giugno, 4 ore di sciopero che si aggiungono alle 4  di sciopero generale già indette da Cgil».

«Disprezzo e profitto», questo il titolo di apertura scelto dal MANIFESTO giocando sul colore dove “Dis” è in bianco e “prezzo” è in arancione come il resto del titolo sulla fotografia del Lingotto con una t-shirt bandiera con la scritta “Pomigliano NON si tocca”. «La Fiom respinge il ricatto di Marchionne e Tremonti e non firma l’accordo su Pomigliano: “Basta applicare il contratto, violata la Costituzione, illegittimo il referendum tra i lavoratori”. Epifani: “Incostituzionale il diktat aziendale”. Cisl e Uil difendono l’accordo separato. Sciopero generale dei metalmeccanici il 25 giugno». Al tema sono dedicate due pagine interne e l’editoriale in prima pagina di Valentino Parlato «Repubblica di robot». «Pomigliano è diventata, è, la materia viva e il simbolo di uno scontro che investe la sopravvivenza della Costituzione della Repubblica fondata sul lavoro e della storica, e sempre più drammatica questione meridionale (…)» scrive in esordio del commento Parlato che prosegue: «Cerchiamo di avere un po’ di memoria. Quando in Italia, nel primo dopoguerra, le crisi erano grosso modo a questo punto, l’esito fu il fascismo. Ma pensano i nostri attuali governanti che si possa tornare agli anni ’20? Non pensano che violenza provoca violenza? Pensano che le popolazioni del Mezzogiorno subiranno senza reagire il ricatto dell’abbandono e la localizzazione nel sud già tanto provato, di nuovo lavoro schiavo?» E conclude: «La Cisl e la Uil hanno ceduto, subito la violenza accettandola come necessità. La Cgil e la Fiom resistono e fanno bene. La storia è dalla parte loro».

IL SOLE 24 ORE apre con il piano Fiat. Il titolo di prima è «Su Pomigliano il no della Fiom». Il commento è affidato all’editoriale di Albero Orioli. «È per tutti il tempo di ragionare» è il titolo. L’accordo «Non è un ricatto. È uno scambio tra due esigenze di sopravvivenza», scrive Orioli. «Maurizio Landini, neosegretario Fiom, ha bisogno di accreditarsi come leader di un sindacato moderno che sa cogliere la sfida dell’industrializzazione al Sud e sceglie la via del confronto e non quella antica del massimalismo che ha portato i meccanici Cgil nel cono d’ombra di chi è fuori dalla storia». Quindi si spera che il sindacato torni sui suoi passi: «il testo Fiom laddove parla di ricatto era atteso e, in un certo senso prevedibile. L’importante è che non porti alle tristi dissolvenze che chiudono i film: the end». Secondo Orioli «l’allarme sui diritti violati e sullo scardinamento del dettato costituzionale» è «un tema presuntamente “alto” che copre, pudicamente, problemi ben più meschini». Come, ad esempio, i troppi «permessi “elettorali”, troppi i distacchi sindacali “finti”, troppe le ore perse quando gioca la nazionale, troppe le malattie nei giorni di sciopero». A leggere gli articoli nelle pagine interne il sindacato dei metalmeccanici appare isolato. Si ricorda l’esempio dei «Tessili Cgil apripista sulla produttività», che nel 1972 avevano firmato il primo accordo sull’efficienza dell’impianti. Vengono intervistati i segretari di Cgil Napoli e Campania: entrambi favorevoli all’accordo con la Fiat. Di spalla, a pagina 3, l’inviato da Pomigliano racconta come «In fabbrica gli operai sono già pronti al referendum».
 
Su ITALIA OGGI Giampiero Di Santo firma “Pomigliano, no della Fiom. Quell’accordo è un ricatto” a pagina 8. «Quell’accordo “è un ricatto”. E la Fiom, che ieri ha riunito il suo comitato centrale per valutare l’intesa su Pomigliano D’Arco tra Fiat e Fim, Uilm, Fismic e Ugl siglata venerdì, ha deciso di dire no», scrive Di Santo, «Anzi, l’organizzazione che aderisce alla Cgil di Guglielmo Epifani ha proclamato anche una giornata di sciopero nazionale dei metalmeccanici in comncomitanza con lo sciopero generale indetto dalla Cgil. È stata la pubblicazione sul sito della Fiom del testo dell’accordo a precedere il no definitivo pronunciato dal cominato centrale e reso pubblico dal segretario generale Maurizio Landini, al termine del comitato centrale». I metalmeccanici della Cgil, in ogni caso, oggi saranno al tavolo delle trattative, «perché, ha spiegato Landini, “su queste basi è possibile un’intesa”. La possibilità che il no della Fiom faccia saltare l’investimento di 700 milioni di euro previsto dalla Fiat per potenziare lo stabilimento campano ha comunque convinto il presidente della camera, Gianfranco Fini, a lanciare un appello alla Fiom: “Pomigliano è una pagina importante del mondo del lavoro e del mondo sindacale e la sua esistenza sarebbe messa in pericolo dal no della Fiom”, ha detto. Anche la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia si è augurata che “la Fiom rifletta e cambi idea su Pomigliano”. Quanto a Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, ha definito l’accordo “uno spartiacque nel sistema delle relazioni sindacali, destinato a un cambiamento definitivo. L’era dell’antagonismo è finita”».
 
Su AVVENIRE apertura economica sulla Fiat, con il titolo “Pomigliano: Fiom sceglie la chiusura”. La posizione della Fiom «appare granitica» e «a nulla è valsa la (molto) cauta apertura della “casa-madre” di Corso d’Italia»: il «punto d’attrito è sulle limitazioni al diritto di sciopero, che prevede in alcuni casi la punibilità per chi li dovesse attuare». I pezzi d’appoggio sono per Epifani che «si smarca e ricuce con Bonanni» e per don Aniello Tortora, responsabile dell’ufficio di pastorale del lavoro della diocesi di Nola, che sta sostenendo economicamente i 36 operai il cui contratto, scaduto a dicembre, non è stato rinnovato: «perdere la Fiat è un suicidio», dice. Il pezzo politico dipinge una sinistra in cui regna «lo scontro aperto», con l’Idv che parla di ricatto ai danni dei lavoratori, Bersani che invita alla responsabilità e Ferrero che accusa la Fiat: «si comporta come la mafia». L’editoriale di Francesco Riccardi traccia al contrario una strada ben precisa: «all’accordo non esistono alternative». Si chiede infatti «cosa potrà fare la Fiom-Cgil se la Fiat decidesse davvero di non investire più a Pomigliano d’Arco: sventolerà il contratto nazionale di fronte agli operai in mobilità, paga d’aver salvato uno storico vessillo, a costo del sacrificio di 5mila posti di lavoro diretti e 10mila d’indotto?» e passa a analizzare il nuovo ruolo del sindacato nel nuovo scenario in cui «in molte altre aziende, specie nei periodi di crisi, i sindacati hanno firmato accordi con piccole e grandi deroghe al contratto nazionale. Ma la portata di questo passaggio, per la sua valenza simbolica e le grandezze coinvolte segnerà di fatto un punto di non ritorno». In tempi di globalizzazione pensare di essere protetti dai codicilli di un contratto nazionale «è illusorio»: il conflitto è superato, occorre tentare «la sfida, anche culturale, di cambiare completamente prospettiva, di coinvolgersi fino in fondo. L’impresa con una maggiore responsabilità sociale, il sindacato con un modello partecipativo». 

“Pomigliano, la Fiom dice no” è il titolo dedicato da LA STAMPA alla vertenza lavoro del sindacato dei metalmeccanici che ha deciso di non firmare l’intesa con Fiat già approvata verbalmente dagli altri sindacati e ha anche respinto l’ipotesi di referendum. «La Fiat attende l’assenso di tutti i sindacati come precondizione per investire 700 milioni e trasferire dalla Polonia in Campania la produzione della nuova Panda», spiega Luigi Grassia nell’articolo che ricostruisce la vicenda. «Le motivazioni della Fiom – continua – sono tutt’altro che peregrine, ai lavoratori vengono richiesti sacrifici; ma date le condizioni del mercato dell’auto, e in una situazione in cui l’esistenza stessa dei grandi costruttori è in gioco, il Lingotto non può rischiare un investimento sbagliato su Pomigliano». A chiudere ogni possibilità di mediazione da parte di Fiom contribuiscono le 4 ore di sciopero proclamate dal sindacato dei metalmeccanici per il 25 luglio, in aggiunta alle 4 ore di sciopero generale indetto nella stessa data dalla Cgil contro la manovra economica del governo. Eppure dalla Fiom ci sono anche spiragli di apertura, visto che il sindacato ha ribadito il sì ai 18 turni. Secondo il segretario Marzio Landini «con l’utilizzo dei 18 turni e delle flessibilità necessarie è possibile garantire una produzione annua superiore a 280mila Panda», anche se ribadisce che per quanto riguarda l’impianto generale «quel testo non può essere firmato da noi perché contiene profili di illegittimità». E sulla convocazione del referendum incalza: «È impossibile sottoporre al voto accordi che violano i contratti e la Costituzione, in deroga a diverse norme di legge in materia di sicurezza, salute e turni. La proposta della Fiat contiene un sistema sanzionatorio nei confronti delle organizzazioni sindacali, delle Rsu e dei singoli lavoratori, che cancella il diritto alla contrattazione collettiva fino a violare la Costituzione in materia di diritto di sciopero e licenziabilità». LA STAMPA registra anche i retroscena del niet della Fiom e riporta lo sfogo di Epifani che ha detto ai suoi: “Vi siete spinti troppo in là, non potete usare questo linguaggio“. «Guglielmo Epifani su una cosa davvero non ha mai avuto nessun dubbio: far saltare la ristrutturazione di Pomigliano, bruciare un investimento da 700 milioni, cancellare 15 mila posti di lavoro non si poteva proprio… sarebbe un disastro per il Mezzogiorno. Al termine di una delle giornate forse più difficili dei suoi otto anni alla guida della confederazione, Epifani spera di essere riuscito in un’operazione di alta diplomazia: far fare un piccolo passo alla Fiom senza delegittimarla; riaprire margini di trattativa per modificare a tempo debito l’intesa che oggi verrà firmata solo dalle altre organizzazioni. E soprattutto, far sapere in modo inequivocabile alla Fiat che la Cgil vuole che Pomigliano produca le 320mila Panda previste nel piano di Sergio Marchionne. Che l’investimento si deve fare». Intanto la firma delle altre sigle sindacali con Fiat è attesa per oggi.

E inoltre sui giornali di oggi:

INVALIDITA’
AVVENIRE – Il governo fa retromarcia sull’innalzamento dal 74 all’85 per cento della soglia di gravità dei disabili per l’assegno di invalidità: non sarà nella manovra correttiva. Il punto «sarà senz’altro modificato», dice il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri: «Sono un uomo di sani principi e posso dirlo con certezza». Il suo vice, Gaetano Quagliariello, conferma. I «suggerimenti per cambiare il testo» ci sono già e a breve «ci sarà un tavolo per studiare le modifiche» che riguarderanno «i tanti aspetti sub judice». La manovra dovrà «difendere i più deboli» e proprio per questo sarà combattuta la pratica «della falsa invalidità». 

WELFARE
CORRIERE DELLA SERA – Dario Di Vico in un lungo servizio mette la lente sulle nuove reti sociali: “Il Welfare dei privati che sostituisce lo stato”. Scrive il vicedirettore del quotidiano milanese: «L’housing sociale varato dalle fondazioni bancarie, gli accordi di welfare aziendale raggiunti alla Luxottica, il quoziente famiglia applicato dal comune di Parma e fatto proprio da un network di amministrazioni bipartisan. E ancora, l’ampio ventaglio di iniziative delle organizzazioni non profit. Molte esperienze si stanno consumando nel (largo) campo dell’assistenza sociale e la consapevolezza che le guida si può sintetizzare così: il welfare statale non ce la fa più, è un ascensore sovraccarico che rischia di rimanere al piano terra».

SANAA
LA REPUBBLICA – “Sanaa, ergastolo al padre assassino”. A Pordenone la sentenza contro l’uomo che ha ucciso la figlia diciottenne colpevole di stare con un italiano. L’uomo ha chiesto perdono alla moglie. Il ragazzo italiano di Sanaa però non è soddisfatto dell’ergastolo: «ecco io vorrei che quel padre snaturato non ci fosse più. Pena capitale. Non mi sento cattivo, il mio è un cuore distrutto».

ENERGIA
IL SOLE 24 ORE – «Rinnovabili, stop al far west» è il titolo dell’articolo sul documento sulle “linee guida” per le energie rinnovabili presentato dal Governo. Il provvedimento «dovrebbe consentire all’Italia di rispettare gli impegni con la Ue: quasi il 30% di elettricità e almeno il 17% dei consumi energetici totali con le energie rinnovabili entro il 2020». Le regole saranno «omogenee» in tutte le regioni.

EUROPA
IL MANIFESTO – «Mal d’Europa» questo il tema delle pagine 2 e 3 del MANIFESTO che apre su «Zapatero calante» che parte dal giallo sul piano Ue di salvataggio per la Spagna sul tipo di quello approntato per la Grecia, il governo spagnolo smentisce e i sindacati convocano il primo sciopero generale da quando al governo ci sono i socialisti. Gli altri articoli sono dedicati al voto in Slovacchia e a quello in Belgio con il titolo centrato sul socialista Elio Di Rupo «Di Rupo contro il Bossi belga», il titolo. Un ultimo articolo «La malattia europea» di Franco Berardi “Bifo” osserva che «L’immaginazione sociale è bloccata e trionfa il monetarismo. Serve un “gesto di linguaggio”». «L’immaginazione è fuorilegge, nella sfera del capitalismo finanziario. Ma senza immaginazione lo sfacelo e la decivilizzazione sono garantite».

POSTA CERTIFICATA
ITALIA OGGI – Il quotidiano economico apre in prima con “Posta certificata k.o.”. L’articolo di Benedetti Pacelli all’interno (pagina 30) titola invece “Pec, una rivoluzione mancata”. Semplice il concetto: «altro che posta elettronica certificata (Pec), le pubbliche amministrazioni dialogano ancora con il fax. E a pagarne le conseguenze sono i professionisti che, dopo la corsa a garantire agli iscritti una casella di posta certificata, devono invece fare i conti con gli uffici periferici di Agenzia delle entrate, Inps e Inail che, nella maggior parte dei casi non possiedono nemmeno una  tradizionale casella di porta elettronica, altro che certificata». 

MINORI E CAMORRA
AVVENIRE – Mille euro al giorno, tanto incassa “’nu guaglione”a Gomorra. Sono 60mila i ragazzini che vengono avviati alla criminalità in Italia e il giornalista Giuseppe Carrisi prova a raccontarli con le loro stesse voci nel libro “Gioventù camorrista”, appena uscito per Newton Compton. 

CARCERE
IL MANIFESTO – «La soluzione: “Più sesso”» questo il titolo dedicato alle esternazioni della sottosegretaria Casellati che invita anche non fare nessuna equazione tra suicidi e sovraffollamento. «Trentuno morti solo nel 2010. E sul governo interviene Strasburgo». Nell’articolo si osserva che le dichiarazioni di Elisabetta Alberti Casellati sono «fatte senza neanche prendersi la briga di leggere gli studi fatti dall’Organizzazione mondiale della Sanità che tra suicidi e sovraffollamento – a differenza di Casellati – vede più di una equazione». E tra breve ci sarà anche la visita del Comitato per la prevenzione della tortura e dei trattamenti o pene inumane e degradanti «Poche visite, quelle del Comitato che fa capo a Strasburgo, ma periodiche e mirate».

AFGHANISTAN
LA STAMPA – In un articolo del corrispondente da New York Maurizio Molinari l’annuncio di un team americano che ha scoperto in Afghanistan enormi giacimenti di litio e altri metalli pregiati. Un “tesoro sotterraneo” che fa gola agli Usa e ai vicini cinesi.

IL SOLE 24 ORE – Il giornale  riporta una stima dei geologi del Pentagono sulle risorse del paese: «Sotto l’Afghanistan metalli preziosi per 850 miliardi». Si tratta di «Rame, ferro, oro, cobalto e soprattutto tanto litio». Si segnalano però le difficoltà: «Servono anni e investimenti, i grandi gruppi minerari sono scoraggiati da attentati, corruzione e totale mancanza di infrastrutture». Nell’analisi di Alberto Negri l’Afghanistan viene definito «Eldorado di guerra e propaganda» e si ricorda che «già i sovietici studiavano le risorse del sottosuolo», mentre »Gli usa cercano ragioni per un conflitto del quale è difficile vedere la fine». 


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA