Politica

Fiat, la ritirata da Torino

Nel primo semestre la cassa integrazione nel torinese ha toccato il record di 10 milioni di ore. Così gli Agnelli voltano le spalle alla loro città. Di Christian Benna

di Redazione

Fiat mette il turbo e corre spedita sulle vette di Piazza Affari. Ma negli stabilimenti di Mirafiori 3.400 tute blu rimangono a piedi. Per loro sono previste altre due settimane di cassa integrazione, un provvedimento annunciato proprio nel giorno in cui 11 banche hanno concesso all?azienda automobilistica una nuova linea di credito da un miliardo di euro. Peggio però è andata a 1.500 tecnici e progettisti degli enti centrali, gli intoccabili ?colletti bianchi? di un tempo, che già a maggio sono stati raggiunti da interventi di sostegno salariale (800 euro al mese) per una sospensione dal lavoro di 4 mesi. Di questi, almeno la metà rimarrà a casa fino a novembre inoltrato. Solo nel Torinese, nel primo semestre del 2005, la cassa ordinaria e straordinaria del settore industria supera quota 10 milioni di ore. Record assoluto italiano. Oggi l?emergenza lavoro è un incubo che fa tremare i 14mila dipendenti (circa la metà degli addetti Fiat rispetto al 1995) e coinvolge oltre 30mila persone dell?indotto. Ma per uno strano gioco del destino, il titolo del Lingotto, dopo una brusca frenata nei primi mesi dell?anno, continua a sbancare in Borsa, sfiorando quota 7 euro con un rialzo da aprile superiore al 50%. Altitudini raggiunte l?ultima volta nel 2003. Il tam tam su possibili scalate e lo shopping estivo di fondi potrebbero aver infiammato il titolo. L?unica certezza è che la famiglia Agnelli, a partire da settembre, farà spazio sulla tolda di comando al gruppo delle banche creditrici (San Paolo-Imi, Banca Intesa, Capitalia, Unicredit) che controlleranno una quota di maggioranza con il 27%, pari a 3 miliardi circa del ?convertendo?. Nel vortice degli interrogativi che si inseguono sul futuro dell?azienda, ciò che pare convincere trader e investitori è il piano d?azione 2005/2007 imbastito dall?ad Sergio Marchionne. Dopo il bingo ottenuto dalle trattative con General Motors, che ha sborsato 1,55 miliardi di euro pur di non acquistare Fiat come da patti sottoscritti con l?opzione put, il punto focale del risanamento passa attraverso la riorganizzazione della società. Il che equivale a ulteriori riduzione dei costi per tagli pari a 105 milioni. Segnali che mettono sul chi va là i sindacati, compatti nella richiesta di salvare Mirafiori e i suoi dipendenti. La Uil torinese ha anche offerto concessioni sulla flessibilità pur di contenere esuberi e cassa integrazione. In questa direzione gli enti locali si sono precipitati in soccorso del gigante malato proponendo l?acquisto per 100 milioni di euro di 500mila metri della fabbrica. A patto però che la Fiat si impegni a portare a Torino una linea della nuova Punto. Nell?area di Mirafiori che andrà sotto il cappello del Comune dovrebbero nascere centri di ricerca su propulsioni ecologiche, laboratori e altre aziende del settore automotive. Un altro pezzo dell?ex impero Agnelli che se ne va. Nei primi mesi dell?anno anche la storica sede Fiat di corso Marconi è stata ceduta, insieme ad altri immobili del gruppo, a Beni Stabili e Gefim. E prima ancora era finito all?asta il Lingotto, oggi di proprietà dell?immobiliarista Danilo Coppola. Dismissioni che assomigliano a un ritirata, almeno per quanto riguarda il settore auto. di Christian Benna


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