Non profit

Fiat, il dramma di Termini Imerese

Tensione per la prevista chiusura dello stabilimento, verso un piano di conversione

di Franco Bomprezzi

Un Natale pieno di preoccupazioni per chi vede a rischio il posto di lavoro. La vicenda in primo piano è quella della chiusura prevista a fine 2011 dello stabilimento Fiat di Termini Imerese. Ieri l’incontro a palazzo Chigi e la protesta dei lavoratori. E’ questo il tema della nostra ultima rassegna stampa dell’anno, l’edicola tornerà il 4 gennaio. Un grazie ai nostri affezionati lettori.

“Fiat, il piano da otto miliardi. Scontro su Termini Imerese” è il richiamo in prima pagina del CORRIERE DELLA SERA a fianco del titolo di apertura (sul caso Berlusconi-Tartaglia), dedicato al piano industriale della Fiat illustrato ieri da Marchionne al Governo e ai sindacati. I servizi interni rimandano alle pagine di economia, la 32 e la 33. Il piano per l’Italia resta «ambizioso» e nei prossimi due anni gli investimenti della Fiat sul territorio nazionale ammonteranno a 8 miliardi di euro per produrre undici modelli per un totale di 800 mila-1 milione di auto (oggi sono circa 650 mila), riporta il CORRIERE. «Abbiamo un piano ambizioso per la Fiat, soprattutto in Italia» ha sottolineato Marchionne anche se l’amministratore delegato della Fiat prevede per il 2010 una domanda di auto «stabile». «L’operazione Chrysler è un tassello fondamentale per il futuro della Fiat» ha spiegato ancora Marchionne precisando che in Italia è tuttavia necessario «conciliare i costi industriali con la responsabilità sociale». «Vogliamo che l’incontro di oggi sia tutt’altro che rituale», ha detto poi Marchionne. «Occorre conciliare i costi industriali con la responsabilità sociale: il puro calcolo economico avrebbe conseguenze dolorose che nessuno vuole. Un’attenzione esclusiva al sociale condurrebbe tuttavia alla scomparsa dell’azienda». Ma il vero nodo rimane lo stabilimento di Termini Imerese: «Il manager ha ribadito che lo stabilimento Fiat di Termini Imerese non produrrà più auto a partire dalla fine del 2011. Marchionne ha spiegato che la decisione è dovuta alle condizioni di svantaggio competitivo, difficoltà strutturali e costi eccessivi. «Lo stabilimento è in perdita, non possiamo più permettercelo», ha aggiunto. L’ad si è detto disposto a discutere «proposte di riconversione con la Regione Sicilia e i privati», mettendo a disposizione lo stabilimento». Sul punto interviene il ministro Scajola: «Dobbiamo tutti prendere impegni per Termini Imerese. Marchionne è disposto a collaborare. Abbiamo tempo di mettere insieme le risorse che la Regione Sicilia ha già dichiarato e quelle che il governo può dare per uno sviluppo diverso. Va organizzato subito un tavolo con Fiat, Regione e sindacati per definire il futuro industriale del sito e tutelare l’occupazione». Durissima la Fiom: «Marchionne ha mostrato tutta la sua arroganza, ha usato toni molto gravi su Termini Imerese. Avrà pure salvato la Fiat, ma non si può permettere di mortificare la dignità di 3 mila persone che hanno contribuito a fare grande questa azienda che ha avuto tanto dai governi ma non ha avuto niente in cambio. La nostra risposta sarà decisa», è il commento del segretario della Fiom di Termini Imerese, Roberto Mastrosimone, presente all’incontro a Palazzo Chigi. La versione on line del quotidiano registra anche momenti di tensione a Palazzo Chigi per la protesta di 400 lavoratori siciliani. «Al grido di «Vergogna» hanno chiesto di incontrare Marchionne, ma la polizia all’altezza di via della Colonna Antonina, adiacente a Palazzo Chigi, li ha bloccati. «Il posto di lavoro non si tocca. Siamo solo venuti a conoscere Marchionne», hanno urlato le tute blu. Un cordone di agenti della polizia in tenuta antisommossa ha impedito il loro accesso in piazza Colonna».

“Fiat chiude Termini Imerese gli operai in piazza a Roma”: è il titolo d’apertura de LA REPUBBLICA che alla decisione aziendale e alle reazioni dedica due pagine (8 e 9). Il piano quinquennale prevede un aumento della produzione dalle attuali 650mila a 900mila auto l’anno, un investimento da 8 miliardi (di cui 5 in Italia), nuovi modelli e restyling, la chiusura della produzione auto a Termini e il trasferimento della Panda dalla Polonia a Pomigliano. Quanto allo stabilimento siciliano, Marchionne si dice pronto a collaborare, a valutare le proposte di riconversione che «dovessero arrivare dalla Regione, da altre istituzioni o da privati». Un modo elegante per aprire a ulteriori sovvenzioni? I sindacati naturalmente sono sul piede di guerra, mentre Scajola sollecita un tavolo «per dare una risposta sul piano dell’occupazione e della presenza industriale». Bersani parla di segnale devastante per il sud. In piazza ieri vari punti di protesta: davanti a Palazzo Chigi, a Piazza Venezia, davanti a Impresa SanPaolo. Ovviamente gli operai rimproverano alla Fiat di aver prima incassato gli incentivi e poi di aver annunciato il piano d’impresa. Salvatore Tropea si occupa del retroscena sul piano: “Obiettivo 5,5 milioni di auto «Ce la faremo con la sola Chrysler»”. Sergio Marchionne dovrebbe scoprire le sue carte nella prossima primavera, davanti alla comunità finanziaria presentando il piano quinquennale di Fiat Chrysler. Vuole arrivare all’appuntamento avendo risolto la situazione italiana e con l’obiettivo di realizzare 5,5 milioni di auto all’anno, soglia ritenuta minima per restare sul mercato internazionale, obiettivo che pare intenda porsi senza sottoscrivere nuove alleanze.

Taglio economico quello de il GIORNALE.  L’annuncio dell’«esigenza di un atto di coraggio per rimuovere dal sistema industriale gli elementi di debolezza e puntare  su quelli di forza» è dato alla pagina Economia senza enfasi. Si riportano le parole dell’ad Sergio Marchionne: «Dal 2011 non produrremo più auto a Termini Imerese perché non possiamo più permetterci di gestire questa struttura in perdita. Farsi carico del problema sociale di Termini Imerese non era una responsabilità di Fiat, ma compete all’intero sistema. Siamo pronti a mettere a disposizione l’impianto per un progetto concreto che assicuri lavoro ai nostri dipendenti». E l’altro elemento di debolezza è Pomigliano, fabbrica da poco ristrutturata con un investimento di 100 milioni di euro per fare dello stabilimento la  seconda struttura produttiva italiana  dopo una nuova riconversione per ospitare la linea della Panda. Marchionne dice: «Un intervento che richiede altri investimenti e un nuovo periodo di inattività per il personale» e il cronista Pierluigi Bonora  aggiunge  con la sua penna «e quindi richiederà sostegno del reddito». Se su Pomigliano IL GIORNALE glissa  sul caso Termini Imerese dedica un taglio basso dal titolo “E sulla Sicilia è guerra con regione e sindacati” disegnando un panorama di dura battaglia nei prossimi mesi. Si  riportano le parole  di Scajola, ministro dello sviluppo economico, che butta acqua sul fuoco: «Non possiamo perdere il polo siciliano. Abbiamo tempo di mettere insieme le risorse del governo e della regione Sicilia».

A parte la cronaca, il SOLE24ORE interviene sul caso Termini Imerese con un lungo commento di Franco Locatelli, tutto da leggere perché molto da SOLE, come dire (o meglio molto da editori del SOLE). La tesi di Locatelli è che l’industria dell’auto «si porta dietro da troppo tempo» alcuni «problemi di fondo», ed è tempo di avere «il coraggio di guardare in faccia alle difficoltà», tra cui la sovracapacità produttiva, e «di promuovere il cambiamento». Che c’entra Termini? Ecco: «Il futuro dello stabilimento Fiat di Termini Imerese è oggi il cuore dei problemi» dell’industria dell’auto, scrive il SOLE, e «per voltare pagina l’Italia e il Sud hanno bisogno di sviluppo e non di assistenza». Quindi «un’industria ha un futuro solo se è competitiva. Oggi Termini Imerese non lo è», secondo Locatelli, perché «ogni vettura prodotta nello stabilimento siciliano della Fiat costa all’azienda mille euro in più di quanto accada nella sua fabbrica polacca». Quindi bene fa la Fiat – secondo il SOLE – a giocare «a tutto a campo e respingere con orgoglio e con dati alla mano ogni accusa di assistenzialismo. Ieri Marchionne ha battuto un colpo. Adesso tocca a tutti gli altri».

ITALIA OGGI affronta la notizia della chiusura di Termini Imerese nelle pagine di Mercati & Finanza in coda al giornale. L’articolo si intitola “Ecco il piano di Marchionne” e in gran parte riferisce le dichiarazioni dell’ad di Fiat. Il quotidiano scrive che Marchionne «ha ribadito in modo inequivocabile che Termini Imerese non produrrà più auto dal 2012» e ha detto che la Fiat ha «un piano molto ambizioso». Ma le parole di Marchionne, commenta ITALIA OGGI «sembrano essere cadute nel vuoto. Governo, politici e sindacati chiedono un piano per salvare Termini Imerese». 

IL MANIFESTO dedica la prima pagina a Termini Imerese con un titolo che recita “Fiatmonty” facendo il verso al film Full Monty sulla fotografia del finale dello spogliarello dei disoccupati inglesi. «Il piano industriale di Sergio Marchionne mette a nudo la fabbrica di Termini Imerese: niente più automobili dalla fine del 2011. Operai e famiglie protestano a Roma. Sindacati e Bersani: un massacro. Scajola: subito un tavolo. Il gruppo: 8 miliardi di euro negli altri stabilimenti, produzione aumentata a 900.000 veicoli all’anno nel 2012», riassume IL MANIFESTO che dedica al tema l’apertura di pagina 7 «Termini resta a termine. Il caso Fiat non è chiuso». Nell’articolo dopo aver sottolineato che «L’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi non è stato per nulla “rituale”» che nel piano di Fiat accanto a un 2011 che porterà cose importanti per gli stabilimenti italiani (Termini esclusa), ma che «nel 2010 sarà durissima per i lavoratori». Su Termini Imerese vengono riportate le parole di Marchionne «Una struttura industriale del genere è destinata a perdere nessuno può pensare che questa realtà sia sostenibile nel lungo termine. Per il futuro dell’azienda e dei posti di lavoro in Italia dobbiamo affrontare il problema di petto e con concretezza (…)» e la risposta del segretario Fiom di Termini, Roberto Mastrosimone «Marchionne ha mostrato tutta la sua arroganza, ha usato toni molto gravi su Termini Imerese.Avrà pure salvato la Fiat, ma non si può permettere di mortificare la dignità di 3mila persone che hanno contribuito a fare grande questa azienda che ha avuto tanto dai governi ma non ha avuto niente in cambio. La nostra risposta sarà decisa», da parte sua Bersani parla di «massacro dal punto di vista industriale e occupazionale»
 
AVVENIRE in prima pagina sottolinea “Fiat insiste: dal 2012 basta auto a Termini” e approfondisce a pagina 21 con un articolo di Nicola Pini “Il piano: investimento per 8 miliardi, stop in Sicilia. Tensioni”. «Più investimenti, più auto prodotte in Italia, più modelli. Ma una fabbrica in meno, quella di Termini Imerese». C’è una «forte disparità dei livelli di utilizzo della manodopera tra gli stabilimenti auto di Fiat italiani ed esteri», ha detto poi Marchionne, «Dobbiamo affrontare il problema di petto, da quello che decideremo dipende il nostro futuro. Se non ce la facciamo sarebbe una rovina». Dunque Termini chiuderà «ma Fiat dà disponibilità a discutere con la Regione Sicilia e con gruppi privati le possibili proposte di riconversione» come ha assicurato lo stesso Marchionne «siamo pronti a mettere a disposizione lo stabilimento». In un box spazio alla protesta “Presidio degli operai: «siamo pronti a tutto»”. «Non piace agli operai il piano Fiat» che li porterebbe al licenziamento. La loro reazione è forte «assiepati di fronte a Palazzo Montecitorio, gli operai, arrivato sopratutto dalla Sicilia e da Pomigliano d’Arco, sono rimasti ore aggrappati alle transenne». Forte e duro il messaggio «sono quarant’anni che facciamo auto, vogliamo continuare a farlo anche e sopratutto senza Fiat» fa sapere Luigi di 43 anni, che sottolinea come sia indifferente se con i cinesi o gli indiani, «con chiunque».     

Low profile per LA STAMPA che ha sì un richiamino in prima ma tratta la questione Termini Imerese solo a pagina 36: “Fiat investirà 8 miliardi in Italia” è il titolo del pezzo di Roberto Giovannini che esordisce lodando l’Ad Marchionne per aver presentato un piano «davvero chiaro». I contenuti sono noti: aumento della produzione, chiusura di Termini («lo stabilimento è in perdita, oggi non possiamo più permettercelo»). Rimane certamente il problema della produttività: i 22mila dipendenti italiani in 5 fabbriche producono più o meno le stesse auto che escono da una sola in Polonia (con 6.100 dipendenti o in Brasile con 9.400 dipendenti). In appoggio al pezzo, infografica con i modelli, il numero di dipendenti e i dati sulla produzione. Un altro pezzo dà conto della posizione sindacale: «O si risolve la questione di Termini o il nostro giudizio non può che essere negativo» dice Epifani. Sulla stessa linea sostanzialmente Bonanni e Angeletti. In una breve LA STAMPA riferisce di un interessamento dell’imprenditore molisano Massimo Di Risio, che potrebbe usare lo stabilimento siciliano per assemblare vetture le cui parti sono prodotte in Cina. Il governatore Lombardo gli avrebbe già offerto un pacchetto di incentivi.

E inoltre sui giornali di oggi:

SARTORI VS ISLAM
CORRIERE DELLA SERA – L’economista Tito Boeri risponde al discusso editoriale di Giovanni Sartori che nei giorni scorsi sosteneva che gli immigrati di fede islamica non sono integrabili nel nostro tessuto sociale. Replica Boeri: «Da cosa trae Sartori questa convinzione? Da un’analisi dei processi di integrazione degli immigrati di fede islamica in paesi a più antica immigrazione? Si direbbe di no. Il 77% dei maghrebini di seconda generazione immigrati in Francia ha sposato una persona di cittadinanza francese. Dichiarano di sentirsi francesi tanto quanto gli altri immigrati». Lo stesso vale per i turchi di Germania o i pakistani del Regno Unito. Conclude il professore della Bocconi: «Trattare di questi problemi con superficialità, alimentando pregiudizi tanto diffusi quanto lontani dalla realtà non aiuta certo a risolverli».   

LAVORO
LA REPUBBLICA – “Ritorna il sogno del posto fisso così i giovani guardano oltre la crisi”. Ilvo Diamanti commenta i dati dell’Osservatorio Demos-Coop: il 18% degli italiani ha un parente che ha perso il lavoro oppure è stato messo in cassa integrazione (il 20%). Mentre la maggioranza prevede tempi lunghi per la soluzione della crisi, le previsioni personali migliorano: uno strabismo per spiegare il quale Diamanti richiama vari fattori. La sfiducia è stata sfiduciata (condannata come esempio di propaganda anti-italiana), le notizie drammatiche sono in calo e ci si è assuefatti alla situazione. Nel frattempo però torna il sogno del posto fisso (a qualsiasi stipendio) e cresce la percezione dell’importanza della famiglia e dello Stato.

LAVORO NERO
IL GIORNALE – Ehab Kalil  racconta a Marcello Foa la sua storia di lavoratore in nero al consolato  egiziano di Milano. «I sui compiti erano quelli di mantenere  i rapporti con le questure del nord Italia e con le magistrature per i procedimenti penali relativi a cittadini egiziani. Quando venne in visita  in Italia il presidente Mubarak  gli fu affidato  il coordinamento  con le autorità di polizia italiane. Un uomo degno della massima fiducia. Eppure irregolare». La storia di Kalil non è un caso, Marcello Foa scrive «Basta recarsi in tribunale  e leggere il lungo elenco dei dipendenti che hanno fatto causa al consolato egiziano di Milano». E la chiosa è: «Come possiamo pretendere dagli immigrati egiziani il rispetto delle nostre leggi se a violarle è proprio il loro consolato?»

VACCINI
SOLE24ORE – L’Antitrust indaga sui vaccini contro l’influenza «normale». L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha infatti avviato un’istruttoria per verificare se le aziende Solvay Pharma e Sanofi Pasteur Msd abbiano posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza nel settore dei vaccini contro l’influenza ordinaria. L’istruttoria parte dal Piemonte, perché si dovrà accertare se le due società si siano coordinate per alterare gli esiti di una gara indetta dalla Asl Al della Regione (su 9 aziende che erano state invitate a partecipare, solo quelle 2 hanno effettivamente concorso), ma è solo l’inizio.

CITTADINANZA
IL MANIFESTO – Al decreto legge in discussione viene dedicato il commento in prima pagina di Guglielmo Ragozzino «Bianchi e neri» che dopo aver sottolineato come il tema dell’emigrazione sia planetario sulla proposta in discussione osserva «Probabilmente alla maggioranza tutto questo sembrerà una concessione generosa. Una prima correzione all’amato ius sanguinis. Ma è l’idea stessa del concedere, dall’alto del parlamento, qualcosa ai ragazzi e alle ragazze di 18 anni, sempre che se lo meritino, a essere balorda; per non dire di peggio. Si realizza così una classe differenziata per tutti gli anni della formazione dei giovani, delle loro amicizie importanti. Una “differenziata”numerosa con dentro, in prospettiva, un ragazzo ogni otto. Nel 2007 infatti i nati in Italia, tra bianchi e neri, per così dire, sono stati 556mila. Come si pensa di realizzare qui da noi una società di eguali, di persone con pari diritti e pari doveri? Mettendo una persona su otto in una classe differenziata? Alle persone giovani che sono venute qui, si sono fermate, hanno scommesso su di noi, dobbiamo almeno questo: che i loro figli siano uguali ai compagni di banco». Al tema sono poi dedicate quasi due pagine che si aprono con il titolo «Esisteranno neri italiani?»

NUCLEARE
ITALIA OGGI – “Nucleare, primo passo di Scajola”. Il governo ieri ha approvato in via preliminare in consiglio dei ministri il decreto legislativo che prevede la «localizzazione e l’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, di misure compensative e campagne informative». Per ora si è solo alla fase di individuazione dei criteri e delle procedure ma ieri Claudio Scajola, che ha firmato il provvedimento, ha detto di «aver messo un importante tassello all’iter per giungere, nel 2013, alla costruzione della prima centrale elettrica a combustibile nucleare». 

AVVENIRE – Apre con “Mezzo passo nucleare”. «Dal Consiglio dei ministri il primo atto ufficiale per il ritorno all’atomo. Previsti sconti fiscali e incentivi per i Comuni interessati». A pagina 5 Luca Liverani scrive “Centrali nucleari, si parte. Il governo fissa le regole” in cui spiega «È il primo passo nel cammino che dovrebbe riportare l’Italia al nucleare. Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legislativo che indica i criteri per individuare le località dove costruire le centrali, gli impianti per la produzione del combustibile atomico, il deposito per le scorie radioattive. I siti prescelti godranno di numerosi benefici: finanziamenti agli enti locali e sconti ai cittadini sulla bolletta elettrica, sui rifiuti e le tasse». Liverani passa poi ad analizzare il contenuto del testo «in 33 articoli, delinea le procedure autorizzative, i requisiti degli operatori e dei siti e una serie di misure compensative che dovrebbero indorare la pillola ai territori che ospiteranno le centrali: il 40% dei benefici andranno agli enti locali, il 60% ai cittadini e alle imprese locali con riduzioni della spesa energetica, delle addizionali Irpef, Irpeg e dell’Ici. Le prossime tappe prevedono l’esame della Conferenza Stato-Regioni e il parere delle Commissioni parlamentari competenti, poi l’ok definitivo del Consiglio dei ministri. L’esecutivo allora avrà tre mesi per delineare gli obiettivi strategici. Poi gli operatori interessati formalizzeranno le loro proposte. Per ora l’unico è il consorzio italo-francese Enel-Edf». 

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