Non profit

Festival Fundraising, il non profit è la cura per l’Italia

Si è chiusa la XV edizione della manifestazione clou per la raccolta fondi. Tre giorni di lezioni, dibattiti, testimonianze, aggiornamento. E networking fra gli oltre mille fundraiser che ne hanno costituito l'anima. Il volto competente e appassionato di un Paese che vuole prendersi cura degli altri. L'edizione 2023, ha spiegato il fondatore Valerio Melandri, sarà intitolata "Imperfetti". Standing ovation per il premio alla carriera a Bea Lentati

di Giampaolo Cerri

Nell’Italia sfibrata dalla pandemia e intimorita dalla guerra “il non profit è chiamato a un salto di qualità. La posta in gioco è altissima, la nascita di un nuovo modello di sviluppo. Non c’è dubbio: il non profit farà la propria parte. Da qui parte la 'cura' per costruire un Paese migliore”, lo dice Stefano Malfatti, presidente del Festival del Fundraising, chiusosi stamane a Riccione, dopo tre giorni di incontri, lezioni, approfondimenti cui hanno partecipato 600 organizzazioni del Terzo settore, oltre mille partecipanti da Bolzano a Palermo, 52 eventi che hanno visto alternarsi 84 speaker.

Ottimismo ed energia non facevano difetto, d’altra parte, dentro il Palazzo dei Congressi a Riccione, dove si svolgeva la XV edizione della manifestazione “inventata” dal professor Valerio Melandri, uno che la raccolta fondi l’ha studiata e la insegna come disciplina in un master dedicato all'Università di Bologna, dove non manca ovviamente tutto quello che c’è intorno, dal marketing alla psicologia.

Un appuntamento che i fundraiser di tutta Italia aspettano tutto l’anno, perché è una opportunità unica per ascoltare esperti da tutto il mondo, testimonianze di coraggio e di passione, seguire best-practices, ma soprattutto incontrare i colleghi, quelli che condividono le ansie e le suggestioni, lo slancio ideale e la sollecitudine per beneficiari e donatori.

Il popolo dei fundraiser, gente che va dai milioni di euro raccolti da Lega del filo d’oro, gioiosa macchina da guerra per il bene dei sordo-ciechi, alle poche decine di migliaia dell’associazione di periferia, il popolo dei fundraiser, dicevamo, tiene sulle le proprie spalle le mille esperienze di assistenza, aiuto, sostegno, educazione, conforto del Bel Paese, e lo fa necessariamente mettendoci la faccia, col sorriso in fronte come si conviene a chi, per mestiere, deve chiedere.

Girando fra gli stand delle aziende che vendono servizi – dalle piattaforme all’assistenza informatica e fra le tante aule dei seminari – si vedono persone molto giovani, prevalentemente donne, si intuiscono temperamenti vivaci, menti brillanti, caratteri determinati. “Non avrei pensato di trovarmi nel fundraising dopo la laurea in Scienze infermieristiche”, dice una trentenne a una coetanea, aspettando di entrare in sala, “ma son davvero contenta”.

Il clima è festoso, “energizzato” dai trenta volontari della Festival, con le loro magliette rosse targate “heroes” e la loro simpatia che è un marchio di fabbrica: “#atuttoilrestopensiamonoi” hanno “hashtaggato” nella bacheca. Loro infatti invitano agli spritz e alle partite al calciobalilla, loro porgono le bag variopinte, loro presidiano la grande bacheca delle offerte di lavoro, loro aiutano a orientarsi nei quattro piani dell’evento. Incarnano un po’ lo spirito di Melandri, molto emiliano-americano, pacca sulla spalla, cordialità affettata. Lo si poteva vedere andare in giro, con la t-shirt ufficiale, a intervistare i visitatori sull’imperfezione, perché “Imperfetti”, spoileriamo, sarà il titolo della edizione 2023 e un video lo ha annunciato alla folta platea. Così come “Mi prendo cura di te” è stato il titolo, assai evocativo, del 2022, con tanto di band sul palco a eseguire le eterne note del maestro Battiato.

E nell’Italia post-pandemica e quasi belligerante di questi giorni, la schiera di questi cavalieri che lavorano “non per profitto”, che programma di prendersi cura degli altri, dei beneficiari ma anche dei donatori, è oggettivamente uno spettacolo rassicurante.

Un’Italia seria, competente, quella che ascolta il fundraiser dell’anno, Nicolò Contucci, colonna dell’Associazione italiana ricerca sul cancro-Airc, ricommuoversi ricordando il collega scomparso troppo presto, che si alza in piedi tributando una standing ovation a Beatrice “Bea” Lentati, la signora della raccolta fondi, quella che ne aveva portato le tecniche in Italia, alla fine degli anni 70, che ascolta con attenzione Mario Calabresi dispensare consigli su come comunicare, che riempie di domande il guru dell’advocy Bill Toliver il quale esorta a essere rompiscatole: “Troublemakers!”.

Un’Italia che è bene sapere che c’è, e alla quale si possono affidare, con fiducia, i pochi o tanti danari che si pensano di donare a una buona causa.

“Il fundraising assume un ruolo centrale, perché è il motore del cambiamento”, conferma Melandri, “certo, bisogna puntare sulle tecnologie digitali e investire sulle nuove competenze, ma quello di cui abbiamo veramente bisogno è capire che il fundraising e il non profit aiutano a stabilire nuove relazioni: reincontrarsi, in questi anni difficili, è fondamentale”.

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