Economia
Festival della Persona. Dare, intraprendere, generare
Al via domani a Verona la sesta edizione dal titolo “Dipende da noi”. «C'è il rischio di fare affidamento più sul blocco del movimento che sull’iniziativa dei singoli. Si vince solo andando alla radice delle parole: noi a livello giuridico siamo “società di persone” e non “a responsabilità limitata”», sottolinea Cesare Fumagalli, Segretario generale dell’organizzazione
Arriva alla sesta edizione il più “anomalo” dei festival italiani: quello “della Persona”. Anomalo in quanto si occupa della particella più equivocata della nostra società. Con “persona” oggi si intende un ricettacolo di egoismi, un recinto chiuso, una roccaforte inviolabile preoccupata solo di difendere i propri diritti. Quella che il Festival di Confartigianato Persone propone è quindi un po’ una sfida: mettere in discussione lo status quo e rimobilitare la responsabilità individuale. Il titolo è secco e parla chiaro: “Dipende da noi”. E poi “Scegliere di assumersi responsabilità, di dare, di intraprendere, di generare”. Come spiega Sandro Corti, il coordinatore nazionale di Confartigianato Persone, «serve uno scatto, una rivoluzione degli atteggiamenti, serve ritornare a decidersi e a scegliere, accettando tutti gli impegni personali che ne conseguono». Confartigianato oggi rappresenta oltre 700mila tra imprese e piccoli imprenditori. Per dimensione e per “dna” sono tutte realtà che nascono, crescono e si reggono proprio sull’energia e la creatività delle persone. Quindi il tema del titolo è esperienza e scommessa quotidiana. «Eppure non si può darla per scontata», dice Cesare Fumagalli, segretario generale dell’organizzazione. «Quella dimensione marca la nostra storia, è nei nostri fondamentali, ma a volte non c’è la necessaria consapevolezza. Il senso del Festival credo sia proprio questo».
Quale rischio vede?
Quello dell’autoconservazione. Far affidamento più sul blocco del movimento che sull’iniziativa dei singoli. Può essere uno degli effetti della crisi, che però possiamo vincere solo andando alla radice delle parole: noi a livello giuridico siamo “società di persone” e non “a responsabilità limitata”. Oggi questo è un valore che può fare la differenza, anche a livello di mercato.
In che senso?
Che oggi la logica generale è quella del “minor costo”. Invece noi possiamo puntare sul valore che le persone trasferiscono alle cose. È la stessa logica che rende vincenti le griffe, anche se per loro questa dinamica è più a livello di comunicazione che di realtà.
Dalle persone alle cose, ma anche dalle persone alle persone? È anche trasmissione di sapere?
Su quel piano facciamo oggettivamente più difficoltà. Ma anche su questo livello l’esperienza delle nostre imprese può fare scuola. Per un artigiano prendere un apprendista non equivale a riempire un buco nell’organigramma, ma significa impegnarsi in un passaggio di conoscenze. Non è un caso che recentemente abbiamo premiato un artigiano che ha avuto 67 apprendisti: di questi 20 hanno aperto una loro impresa. Del resto siamo contenti che oggi finalmente sia stato riconosciuto che il modello “duale” alla tedesca sia quello vincente: 50% di lavoro e 50% di formazione, nel ciclo delle secondarie superiori.
La responsabilità evocata nel titolo è anche responsabilità sociale?
Certamente. Come organizzazione ci siamo ad esempio impegnati nell’apertura di una scuola di mestieri nel Sud dell’Etiopia, dove i nostri artigiani si sono offerti di formare gli insegnanti e continuano a dare il loro tempo e le loro competenze. Recentemente abbiamo siglato un accordo con il patriarcato di Gerusalemme per aprire laboratori di formazione per ristorazione e tipografia in territorio palestinese, a Ramallah.
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