Mondo

Federico Rampini: a Pechino c’è posto per te

Non solo business ma anche spazio per la società civile: secondo il maggior conoscitore italiano della Cina di oggi, studiare quel paese è una vera scommessa sul futuro

di Carlotta Jesi

«Studiare la Cina è una business opportunity. Doppia: perché spalanca le porte del più grande mercato del futuro ma anche della nuova frontiera della cooperazione internazionale ». Federico Rampini, giornalista e scrittore, quelle porte le ha varcate due anni fa. E da due anni, come corrispondente di Repubblica da Pechino, scandaglia ciò che dietro ad esse si muove. A cominciare dai grandi investimenti fatti sull?università: «Un?eredità confuciana. La venerazione dello studio è parte integrante della cultura cinese, che ha portato la Business School di Shanghai e altri atenei del Paese ai primi posti della classifica delle migliori università redatta dal Financial Times. Ma anche sempre più occidentali a trasferirsi qui: li vedo aumentare di mese in mese». Studium: Cosa spinge i ragazzi italiani a studiare in Cina? Federico Rampini: Prima ancora delle grandi opportunità di lavoro che la Cina offre, il fatto di trovarsi nel luogo che oggi è considerato il centro del mondo. Nel Paese più dinamico, creativo e innovativo del pianeta. Per gli occidentali vivere qui, anche solo per la durata di uno scambio universitario, è un?esperienza fortemente eccitante ed energizzante. Studium: Quanto vale sul curriculum vitae questa esperienza? Rampini: Un giovane che ottiene un Mba in Cina oggi è merce rara. E non solo perché è un pionere che ha imparato a muoversi in un ambiente di business sconosciuto ai più. Fare un?esperienza di studio qui è importante per la diversità culturale a cui si viene prepotentemente esposti. Con gli Usa, il Regno Unito e la Francia, Paesi dove da tempo i ragazzi vanno a studiare, c?è più prossimità. Tra Italia e Cina, invece, la distanza è immensa, e immenso è l?apprendimento. Studium: In quali campi? Rampini: Innanzitutto quelli in cui il Paese è all?avanguardia, dalla scienza alle biotecnologie alla ricerca sulle cellule staminali. Ma anche negli studi umanistici. Non dimentichiamo che quella cinese è la più antica civiltà del mondo e che solo studiandone la cultura si riesce a ridurre il livello di diffidenza che oggi ostacola anche gli scambi commerciali. Studium: Chi considera lo studio della lingua e della cultura cinese come uno strumento per gettare ponti fra civilità, che prospettive di carriera ha? Rampini: Un curriculum umanistico non esclude una carriera nel mondo del business. Lo prova il caso di Franco Amadei, numero uno della Fiat nel Paese, che arrivò in Cina ai tempi dell?università perché era appassionato della sua cultura. Ma largo spazio oggi c?è anche per la società civile, per ong e associazioni. Studium: In quali settori? Rampini: Soprattutto quello ambientale. La Cina ha uno spaventoso problema di inquinamento cui cerca di rispondere importando tecnologie non inquinanti ma anche know-kow verde. In questo settore, il lavoro fatto dalle ong, come il Wwf che opera nel paese da anni, è notevole. Un settore più delicato è quello della democratizzazione, in cui attualmente si impegnano numerose organizzazioni non governative scandinave. Nel campo dei diritti umani e della responsabilità sociale d?impresa, inoltre, si stanno aprendo degli spazi di cooperazione con le autorità attualmente impegnate in un processo di revisione della legislazione e di riforma del diritto. Studium: Cosa consiglierebbe ai ragazzi italiani che intendono studiare e lavorare in Cina? Rampini: L?umilità di apprezzare anche ciò che da noi viene considerato un peccato e che genera una forte dose di risentimento: il copiare, la contraffazione e la pirateria. Dietro a tutto questo, c?è una grande curiosità nei nostri confronti e una forte voglia di apprendere per colmare ritardi accumulati un po? in tutti i campi. Su questo punto, credo che la Cina finirà per seguire la strada del Giappone: negli anni 70 all?entrata delle fiere commerciali americane c?era un cartello di divieto di ingresso per i giapponesi muniti di macchina fotografica. Ai giovani consiglio anche grinta e costanza, perché le difficoltà sono tante. Studium: Può farci qualche esempio? Rampini: La lingua, il cinese, è una parete da scalare. Io che vivo a Pechino da due anni ancora mi concentro solo sulla lingua parlata, leggerla è un?impresa. Studium: Considerata questa difficoltà, è davvero possibile per un occidentale inserirsi in un?azienda cinese? Rampini: Per ora, ad assumere gli stranieri sono le multinazionali, che però giocano un ruolo importantissimo, basti dire che a loro si deve il 60% dell?export cinese. Per saperne di più Da San Francisco a Pechino. La rotta di Rampini Il secolo cinese. Storie di uomini, città e denaro dalla fabbrica del mondo, Mondadori 2005. Federico Rampini, attraverso una collezione di storie di vita quotidiana, ritratti di nuovi potenti e uomini comuni, racconti di viaggio in città come Shanghai, Hangzhou e Hong Kong, apre le porte della nuova superpotenza. Ne percorre le rotte più remote, dai villaggi contadini ai margini dello sviluppo, ai luoghi in cui si stanno compiendo opere di ingegneria di dimensioni mai tentate prima dal genere umano. Entra nei laboratori e nelle università e ci svela il senso delle scelte politiche di una nazione che non fa più mistero delle proprie ambizioni neoimperiali. Incontra i nuovi capitalisti, ?i comunisti più ricchi del mondo »?, i registi cinematografici e gli artisti che lottano contro la pesante censura. San Francisco – Milano, Laterza 2004 Il libro è una dichiarazione d?amore per San Francisco, paragonata a Milano, dove Rampini ha vissuto per alcuni anni. Tutti gli uomini del presidente Bush e la nuova destra americana, Carocci 2004 L?analisi di un?America isolata, temuta, perfino odiata. L?unilateralismo e il neoimperialismo sono le sue ?cifre?. Le paure dell?America, Laterza 2003 Dopo l?11 settembre l?America si è scoperta vulnerabile. L?incubo del terrorismo ha fatto affiorare paure nella vita quotidiana.


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