Welfare

Federanziani: lo sciopero costa 28 milioni

L’associazione ha criticato aspramente la scelta dei camici bianchi

di Lorenzo Alvaro

«Nei vostri comunicati affermate che oggi salteranno oltre 40 mila interventi. Cari, preziosissimi medici, ma sapete quanto costa una giornata di degenza? Circa 700 euro, che moltiplicata per i 40 mila interventi saltati porteranno a 40 mila giornate di degenza in più e un conto da 28 milioni di euro». A rivolgersi ai camici bianchi in protesta contro la manovra economica è Federanziani, la federazione delle associazioni della terza età.

«Siamo stanchi di pagare sempre il conto», si legge in una nota che invita i medici a «trovare altre forme di protesta per far sentire il loro dissenso. Basta scioperare. Noi pazienti siamo gli unici a pagare sia in termini economici che di disservizio. Certo condividiamo le preoccupazioni della categoria dei medici che con questa manovra avranno delle difficoltà, ma non possiamo accettare che il sistema si paralizzi e vengano solo garantite le urgenze. E se un giorno Polizia e Carabinieri incrociassero le braccia? Ci ritroveremmo senza il loro preziosissimo lavoro».

Infine, evidenzia Federanziani, «il tutto avviene sotto la canicola asfissiante di questi giorni. E, come più volte denunciato, sono rare le strutture che hanno i condizionatori, quindi si condanna chi ha la sfortuna di star male, come noi, a un altro giorno di pena, mentre con questi 28 milioni di euro si potevano acquistare condizionatori o garantire alcune ore di assistenza domiciliare, oppure pagare gli stipendi a 560 medici con una media di 50 mila euro per un anno. Cari medici, poichè fate parte del servizio pubblico e non di un sistema privato è bene che torniate al dialogo, soprattutto nelle sale operatorie. Vogliamo tornare a casa al più presto e non restare nella corsia di un ospedale. Stare in ospedale malati, in attesa di intervento a causa del vostro sciopero», dice Federanziani, «non è come prendere un taxi quando incrociano le braccia i dipendenti del trasporto o tornare il giorno dopo alla posta o in banca quando sono gli impiegati di questo settore a scioperare. In questi casi a soffrire inutilmente è il paziente, cioè noi. Inoltre nei vostri  comunicati non abbiamo trovato una parola apprezzabile: ad esempio “scusateci per il disservizio”, espressione che utilizzano i giornalisti quando scioperano», conclude la nota.

 


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