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FEBBRE SUINA. Il virus non è aggressivo

Dal laboratorio di virologia Spallanzani di Roma fanno sapere che la malattia si presenta in forma blanda e che l'allarme può rientrare

di Lorenzo Alvaro

Il virus A/H1N1 «non è aggressivo. L’influenza si presenta in una forma piuttosto blanda. Ma è ancora presto per poter stilare un giudizio definitivo. Come ripete l’Oms, va ancora disegnato il suo profilo. Dobbiamo aspettare le prossime settimane». Lo ha detto al quotidiano «il Messaggero» Maria Capobianchi, direttrice del laboratorio di virologia dello Spallanzani di Roma dove sono stati effettuati i primi esami al ragazzo romano risultato positivo al nuovo virus A/H1N1, secondo cui «sapevamo che sarebbe arrivato un nuovo virus. Ogni intervallo, che può essere dai 10 ai 20 anni circa, se ne diffonde uno diverso. Pensavamo che sarebbe stato generato dall’aviaria e invece la trasformazione l’abbiamo avuta con l’influenza suina. Che si è adattata all’uomo. Sia chiaro, però, i maiali e i loro derivati non costituiscono un pericolo».
Il percorso diagnostico dell’influenza A/H1N1 consiste in «tre livelli di controllo. Uno è il test rapido (tampone delle secrezioni respiratorie), il secondo quello molecolare e con il terzo, la tipizzazione mediante sequenziamento genico, completiamo la carta di identità del virus», ha spiegato la dottoressa. Per il ragazzo di Roma è stato seguito lo stesso percorso. «Nel caso in cui il paziente, da sospetto diventa probabile già al primo controllo, viene richiamato in ospedale e prescritta la terapia. E questo è stato fatto. Le sue condizioni generali erano buone, ha preferito tornare a casa e seguire lì le nostre indicazioni. Nel frattempo il laboratorio ha continuato a seguire le indagini fino alla tipizzazione e la conferma finale è arrivata dall’Istituto superiore di Sanità. Come è accaduto per il caso toscano». Secondo la direttrice del laboratorio di virologia dello Spallanzani, «abbiamo tutti i mezzi per fronteggiare qualsiasi emergenza infettiva. Dai farmaci alle stanze per l’isolamento ai sistemi di controllo e sorveglianza con altri paesi». Tra l’altro, anche in Messico «l’allarme si sta ridimensionando, parte di quelle morti potrebbero essere dovute ad un mix con altre infezioni», ha fatto presente la virologa secondo cui, «l’allarme è stato generato al fatto che, nel momento in cui si sono visti tanti casi, si è pensato che si fosse davanti alla punta dell’iceberg. Che, sotto, ci fosse una massa consistente di infezioni». Invece «il numero dei morti legati a questo virus è più basso di quello che ci si aspettava all’inizio».


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