Sostenibilità

Fattorie in città,istruzioni per l’uso

contro il carovita

di Redazione

Il 2008 è partito con il piede giusto per i consumatori. Dal primo gennaio è in vigore, infatti, il decreto che regola i farmer market, i mercati riservati alla vendita diretta da parte degli agricoltori. Questa la novità: d’ora in poi si potranno acquistare su aree pubbliche i prodotti direttamente dal contadino. A prezzi inferiori, si spera, rispetto a quelli praticati nei supermercati o dai fruttivendoli. I farmer market, infatti, nascono con l’obiettivo di accorciare la filiera distributiva e tagliare così i costi.
Il decreto ministeriale, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007, fissa gli standard per la realizzazione, le modalità di vendita e il sistema delle autorizzazioni e dei controlli. Un provvedimento a cui ha fatto seguito il decreto del 25 gennaio scorso, che dà il via libera alle “slot milk machine”, le macchinette per la vendita diretta del latte (secondo Coldiretti i prezzi scenderanno fino al 40%).
I farmer market potranno essere istituiti o autorizzati dai Comuni (anche consorziati o associati) di propria iniziativa o su richiesta degli imprenditori (singoli o associati) o delle associazioni di produttori e di categoria.

Chi e cosa
Chi potrà vendere direttamente? Gli imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese la cui azienda agricola abbia sede nell’ambito territoriale amministrativo della Regione o negli ambiti definiti dalle singole amministrazioni competenti e che, soprattutto, vendano prodotti agricoli provenienti dalla propria azienda o dall’azienda dei soci imprenditori agricoli. Prodotti che siano ottenuti, anche, a seguito di attività di manipolazione o di trasformazione. Potranno essere venduti, dunque, sia i prodotti freschi, è il caso della frutta, che trasformati, ad esempio la marmellata. Purché – questo uno dei paletti più rigorosi posti dal decreto – si tratti di prodotti agricoli che rispettino la disciplina in materia di igiene degli alimenti, etichettati secondo la normativa in vigore per i singoli prodotti e con l’indicazione del luogo di origine territoriale e dell’impresa produttrice.L’attività di trasformazione, altro particolare importante, sarà ammessa anche all’interno degli stessi mercati agricoli di vendita diretta. Nel rispetto, naturalmente, delle norme igienico-sanitarie richiamate dal decreto. Dove sorgeranno i farmer market? Potranno essere costituiti su area pubblica, in locali aperti al pubblico nonché su aree di proprietà privata. I mercati agricoli, inoltre, dovranno essere conformi alle norme igienico-sanitarie di cui al Regolamento 852/2004 CE del Parlamento e del Consiglio del 29 aprile 2004 e soggetti ai relativi controlli da parte delle autorità competenti.
Spetterà sempre ai Comuni regolare, sulla base di un disciplinare di mercato, le modalità di vendita e provvedere al controllo amministrativo sulle vendite. In particolare, il disciplinare dovrà puntare alla valorizzazione della tipicità e della provenienza dei prodotti. Il successo dei farmer market, dunque, dipenderà in larga parte dalla prontezza con cui le municipalità riusciranno a predisporre sia gli spazi che la normativa di attuazione.
Un ruolo, tuttavia, che non dovrà limitarsi solo all’attività burocratica. Il decreto assegna, infatti, ai Comuni, alle Regioni e al ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali la promozione di azioni di informazione per i consumatori sulle caratteristiche qualitative dei prodotti agricoli posti in vendita.
Sempre nell’ottica della sensibilizzazione è stato previsto che all’interno dei mercati agricoli di vendita diretta potranno essere realizzate attività culturali, didattiche e dimostrative legate ai prodotti alimentari, tradizionali e artigianali del territorio rurale di riferimento, anche attraverso scambi con altri mercati autorizzati. I Comuni, infine, dovranno favorire la fruibilità dei farmer market da parte di altri operatori commerciali: potranno fornire servizi destinati ai clienti dei mercati agricoli di vendita diretta.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.