Mondo
Fate la pace
Un vero boom. da mesi le associazioni sono sommerse dalle richieste dei giovani che vogliono partecipare alle iniziative di nonviolenza.
“La pace non va in vacanza”. È il motto estivo di un?associazione toscana, La Rondine Cittadella per la pace, balzata agli onori della cronaca a maggio per l?audace proposta politica di “scacco in tre mosse alla guerra in Iraq”. Ma lo slogan è il termometro di un fenomeno più vasto. Basta un giro di telefonate per accorgersi che le proposte estive di volontariato intorno ai temi della pace sono aumentate. Il filone è andato ingrossandosi negli ultimi cinque anni anche per numero di partecipanti, e oggi si prepara a uno scatto.
Si chiamano ?campi di pace? o ?settimane di formazione alla nonviolenza?, a seconda delle associazioni. Lo spirito comune? Fare la pace, in prima persona. “Con l?arte, il lavoro, la formazione e l?informazione, il confronto. Tutto pur di sfidare il senso di impotenza che si accumula di fronte alla guerra vista in tv”, dice Tonio Dall?Olio, presidente di Pax Christi. L?associazione quest?anno ha registrato un deciso incremento di richieste. Saranno 250 le persone, soprattutto tra i 18 e i 30 anni, a partecipare ai campi di pace, il doppio rispetto allo scorso anno. Di fronte alle molte richieste l?associazione ha portato le proposte da quattro dello scorso anno a otto, sette in Italia e una in El Salvador. Ma l?estate è già iniziata con un corso di educazione alla nonviolenza che ha fatto il tutto esaurito. “Abbiamo dovuto dire di no a molti”, svela Dall?Olio, “tanto che abbiamo deciso di raddoppiare la proposta”.
Ma cos?è un campo di pace? “Un?esperienza di convivenza in cui il lavoro si alterna a momenti di approfondimento”, sintetizza Gianvito Padula, responsabile dei campi di condivisione nonviolenta dell?associazione Papa Giovanni XXIII. Ma se il modello è più o meno questo, il modo di organizzare un campo di pace varia. Pax Christi, per esempio, divide la giornata a metà: al mattino, lavoro manuale; al pomeriggio, ascolto di testimoni provenienti da Paesi in guerra e lavoro su di sé per elaborare il conflitto e trovare dinamiche alternative. Il Mir-Movimento internazionale riconciliazione punta sulla pace a partire da stili di vita più sostenibili, dalla vita comunitaria al lavoro manuale a contatto con la natura. I giovani delle Acli allargano lo sguardo alla politica, invitando al mattino relatori sui temi della globalizzazione e dei conflitti e dedicando il pomeriggio a giochi di ruolo e laboratori artistici.
L?associazione Papa Giovanni XXIII, invece, intende il volontariato estivo per la pace come presenza e monitoraggio dei diritti umani nelle zone di conflitto. “I nostri volontari in Palestina e in Kosovo danno ospitalità a gruppi di giovani per l?estate”, spiega Andrea Pagliarani. “Quest?anno c?è stato un incremento enorme di richieste, tanto che stiamo cercando persone disponibili a un impegno più lungo, di due anni, per coordinare le iniziative sul posto” (per chi volesse candidarsi, tel. 0541.751498).
“In costante aumento. Soprattutto fra i 19 e i 26 anni per le esperienze estive, e sopra i trent?anni per progetti a lungo termine”: questa la fotografia dei giovani impegnati per la pace fornita da Yap Italia, nodo di un network internazionale che organizza ogni anno oltre 1.300 campi di solidarietà nel mondo. L?ufficio di Yap a Roma non ha personale impiegato, tutto è portato avanti da volontari. A rispondere al telefono è Elisa Chiodi, universitaria, da un anno e mezzo una dei responsabili del coordinamento in Italia. “I campi estivi di Yap non mettono la pace a tema, ma si propongono di costruirla attraverso azioni di solidarietà”, spiega. Yap sta per Youth action for peace (Azione giovanile per la pace): nato come Movimento cristiano per la pace nel 1923, l?organizzazione ha cambiato nome negli anni 70. Nel 1996 agli 11 Paesi in cui Yap è presente (10 in Europa più il Messico) si è aggiunta una branca palestinese, l?International palestinian youth league, composta da giovani, in gran parte musulmani, impegnati per una risoluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese. Dal 1999, infine, c?è anche un gruppo associato in Algeria. Sono 200 i giovani che Yap ogni anno manda all?estero, e altrettanti quelli accolti in Italia, per esperienze che vanno da un campo di due settimane a sei mesi o un anno per progetti più lunghi. “Un?altra possibilità è il Servizio volontario europeo”, afferma la Chiodi. “Per giovani dai 19 ai 26 anni, può durare da sei mesi a un anno”. I Paesi di destinazione di solito sono quelli dell?Unione europea, ma per le organizzazioni che, come Yap, fanno parte di un network internazionale, c?è anche la possibilità di un?esperienza in altri continenti.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.