“Dopo il primo anno di vita, tranquilla che si stabilizza!”, è la frase che ho sentito più spesso in bocca a chi ascoltava la mia disperazione per i figli che non dormono.
Ora, dalla mia statistica personale che si fonda su tre, posso dire: “Col cavolo!!”. Dopo l’anno, anche il mio secondo bambino, l’unico che da neonato si faceva otto ore di sonno, si è come “risvegliato” e ha iniziato a fare due-tre chiamate fisse ogni notte.
Non parliamo della prima figlia, che ora ha cinque anni. E’ sempre sveglia. Non so come faccia, è come una pantera all’erta tra le coperte: tu entri di soppiatto nella cameretta – anche a mezzanotte – e ti senti domandare “cosa c’è?”.
Ora che anche la piccolina si trova al fatidico passaggio dell’anno, le nostre notti sono tragicamente itineranti. Si comincia ciascuno nel proprio letto, poi qualcuno deve poppare, qualcun altro ha sete, qualcuno ha mal di pancia, qualcuno ha visto un’ombra (“ma come fai se c’è buio?”), qualcuno ha fatto la pipì a letto…
Così si verificano scambi provvisori: il papà sul divano con la nanetta, la grande e il nano mezzano con la mamma nel lettone. Oppure la mamma nel lettino della grande e il papà a letto con gli altri due. Certe notti mi ricorico per la sesta volta e – davvero – non so dove sono e quale dei miei figli sta russando beatamente di fianco a me.
E’ chiaro che tata Lucia mi direbbe che la gestione notturna è un fallimento completo. Eppure mi sembra di non essere sola in questo dramma planetario: almeno, la gran parte delle amiche che hanno allattato al seno sono rimaste “fregate” dai ritmi di poppata più ravvicinati, che hanno come scavato un timer nella testa dei nostri figli (ogni tre ore, in media, un risveglio ce l’hanno).
Dunque, da un lato ti dimettono dall’ospedale con un’approfondita formazione sull’allattamento naturale e con la raccomandazione che sia “a richiesta”. Non sono contraria, sia chiaro, ho allattato tutti e tre i miei bimbi. Però mi sento di dire che questa pratica ha anche dei lati negativi, o comunque è fatta su misura per una donna che possa contare, di giorno, su molti supporti familiari e amicali.
Ma forse non è nemmeno un problema di allattamento ma educativo, lo ammetto.
Con la prima figlia mi hanno regalato “Fate la nanna” (ed.Mandragora), la bibbia degli spagnoli Estivil-de Béjar. Ci ho provato, forse troppo tardi, forse mi sembrava troppo crudele, insomma a casa mia non ha mai funzionato.
Poi mi sono letta “Genitori di giorno e di notte” di William Sears (ed. Leche League International), pediatra che sostiene il co-sleeping e il modello dei genitori “marsupiali”. Mi ci sono ritrovata molto di più. Però, caro dottor Sears, se alla mattina sei da buttare ma devi comunque lavorare, è un bel problema.
Poi alla fine ho trovato il libro giusto. S’intitola “Fai la nanna, bastardo!” (ed.Aliberti) e ti strappa molte risate perché descrive puntualmente la tua condizione disperata. Il consiglio finale? Rassegnazione: “Quando sarete lì nel vostro letto, a rigirarvi come anime in pena aspettando il prossimo pianto per un’ennesima notte insonne, pensate che tutto questo prima o poi passerà. Cresceranno, diventeranno grandi e vi ricompenseranno di tanta pazienza, di tante cure, di tanto amore. Proprio come ha fatto Pietro Maso” (cit.).
Buon riposo (speriamo non eterno)!!
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