Economia

Fase 2: in Lombardia la cooperazione chiede certezze sui Dpi

«Non vediamo condizioni sufficienti per la ripresa delle attività, soprattutto nella città di Milano», «ribadiamo la necessità e l’urgenza di avere certezza sugli approvvigionamenti di DPI e di un'efficace politica di prevenzione»: è quanto scrivono Massimo Minelli e Attilio Dadda, presidenti rispettivamente di Confcooperative e Legacoop Lombardia al governatore Attilio Fontana in vista della Fase 2

di Redazione

«Non vediamo condizioni sufficienti per la ripresa delle attività, soprattutto nella città di Milano», «ribadiamo la necessità e l’urgenza di avere certezza sugli approvvigionamenti di DPI e di un'efficace politica di prevenzione»: è quanto scrivono Massimo Minelli e Attilio Dadda, presidenti rispettivamente di Confcooperative e Legacoop Lombardia al governatore Attilio Fontana in vista della "Fase 2".

La cooperazione lombarda sta pagando pesantemente questo momento di emergenza sanitaria, con quasi 10.000 lavoratori impegnati nelle attività essenziali ma anche con 30.000 lavoratori fermi che si stanno avvalendo degli ammortizzatori sociali e molte imprese cooperative in difficoltà per la liquidità e per la tenuta delle filiere. «È nostro interesse tornare al lavoro in sicurezza per scongiurare un altro blocco delle attività che diventerebbe insopportabile», annotano.

Alcuni esempi? «Le responsabilità che gravano sul datore di lavoro non sono solo limitate al luogo di lavoro ma coinvolgono gli spostamenti: si rende pertanto necessaria un’azione istituzionale per mettere in atto dispositivi che riconoscano i maggiori costi di sicurezza per le prestazioni in corso, a valere nei confronti della P.A. e della committenza privata». Oppure la necessità di «finanziamenti alle imprese e ai datori di lavoro che manterranno lo smart working almeno fino ad agosto e con un rapporto superiore ad 1/3 dei dipendenti assunti», e anche «avviare con tempi molto stretti di un bando per i lavori di potenziamento dell’infrastruttura digitale regionale in grado di coprire tutti i comuni».

Per questi motivi – concludono Minelli e Dadda – «crediamo che la riapertura delle attività produttive debba essere subordinata ed accompagnata ad un piano regionale strategico organico insieme ad alcuni investimenti urgenti ed il riconoscimento dei relativi maggiori costi».

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