Credo che così come non ci potrà essere una sola fase 2, dovremmo anche incominciare a parlare al plurale quando utilizziamo la parola futuro.
«È difficile fare previsioni, soprattutto sul futuro» Niels Bohr, premio Nobel per la Fisica
La difficoltà aumenta in un mondo che è in continua evoluzione, composto da instabilità, complessità e frammentazione, e necessita di competenze e strumenti concreti per co-creare futuri possibili. Dovremmo evitare di vivere, come stiamo facendo ora, un po’ come dei reagenti chimici rispetto agli ingredienti del presente, senza però avere le competenze scientifiche per fare previsioni e aspettando, quindi, che il caso ci aiuti.
Prendiamo ad esempio le 4D proposte dalla Regione Lombardia che sembrano tracciare uno dei possibili percorsi di “domani” (Distanza, Dispositivi, Digitale, Diagnosi).
Il rischio oltre a quello di rimanere un semplice slogan politico, con la possibilità anche di fare più danni di quelli che si vuole risolvere, è anche il fatto di rimanere terribilmente in superfice. Non basta appiccicare singoli pezzi di un puzzle, per vincere la sfida, ma dobbiamo sforzarci nell’analizzare tutte le possibili combinazioni e concatenazioni, con effetti nel medio lungo termine, facendo sintesi e sempre orientati al Bene Comune (se non si fa questo la Politica serve a poco).
Per non rimanere anche io intrappolato in facili stereotipi e in frasi da cioccolatino, di seconda mano, cercherò di approfondire il tema che più mi compete, vale a dire il digitale e il ruolo delle imprese.
Perché se è vero ed importante, in questa fase di transizione, pensare a meccanismi di equità e di redistribuzione della ricchezza, c’è anche il bisogno di avere un’imprenditorialità sociale presente e coinvolta direttamente, che non deve subire l’innovazione.
Ci sono a monte due semplici considerazioni rispetto allo scenario attuale che coinvolge il processo di digitalizzazione delle imprese e due problemi.
Da una parte, è evidente come si sia contratta la vita media di qualsiasi prodotto o servizio. Dall’altra, c'è sempre più il bisogno di creatività e di un tipo di innovazione che sia capace di integrare lo sguardo prospettico di lungo periodo nelle strategie del presente, sfruttando tutte le opportunità legate alla digitalizzazione, più o meno forzata, costruendo team multidisciplinari, Reti e comunità e nazioni, in grado di prepararsi al futuro insieme.
I problemi sono invece legati alla velocità di questa accelerazione e alla confusione su che cosa vuole dire davvero essere innovativi. In qualsiasi periodo di cambiamento e in ogni settore dell’economia possono essere individuate imprese che sono costrette improvvisamente a lottare per la sopravvivenza.
L’accelerazione avviene da anni e si moltiplica in modo esponenziale sia per la numerosità dei soggetti coinvolti che in termini di velocità con la quale questi fenomeni si manifestano. Il Coronavirus ha purtroppo concetrato e reso pubblici limiti che già erano presenti.
Per aiutarci a capire meglio come investire nel futuro anche quando le risorse sembrano limitate o azzerate, utilizzerò le 7 lezioni sull’innovazione che Christensen, che già nel 2001, aveva elaborato per risolvere il dilemma dell’innovatore.
La prima è quella relativa ai prodotti che oggi non sembrano utili alle persone ma potranno diventarlo domani.
Non dobbiamo fraintendere questo principio e indurre falsi bisogni, come le diverse degenerazioni del marketing ci hanno insegnato, ma anticiparli. Pensiamo a quello che sta accadendo con gli investimenti nell'e-commerce. Pensiamo davvero che il virus ci abbia costretti a prevedere un sistema di questo tipo? L’e-commerce sembra essere sconosciuto all’Italia, infatti, solo il 10% delle aziende italiane vende online, anche se le prospettive di mercato ci stanno dicendo il contrario. Netcomm stima infatti che nel 2019 l'ecommerce b2c supererà in Italia i 31,5 miliardi di euro, una crescita trainata dagli acquisti di prodotto. Ma evidenzia anche con forza come le competenze digitali sono ancora basse, soprattutto all'interno delle pmi.
Bene le esperienze di alcuni GAS che si stanno dotando di un servizio di ecommerce per affrontare l’esigenza del momento. Male se questo si abbandonerà subito dopo l’emergenza e se non ci si riuscirà a fare un collegamento a livello logistico con altre piattaforme sostenibili presenti a livello nazionale. Una delle esperienze più interessante avviate in questo periodo è quella dei Gruppi di Acquisto Condominiali proposti dalla RESS Roma così come il Cash Mob Etico che verrà realizzato il prossimo 29 aprile 2020, da una Rete ampia di soggetti del Terzo Settore e imprese che hanno deciso di mettersi insieme e creare un offerta aggregata di prodotti sostenibili e accessibili.
La seconda è che l'orizzonte deve essere di medio-lungo periodo, perché la gestione dell’innovazione rispecchia il processo di allocazione delle risorse.
Dobbiamo investire nell’innovazione in modo costante e non episodico. Se prendiamo ad esempio il tema dell’Industry 4.0, sembra che le parole non abbiano seguito i fatti. Ancora ci sono dubbi sul fatto che la robotizzazione possa portare ad una perdita dei posti di lavoro e non ad un loro aggiornamento professionale. Infatti così come pensare che la fatica fatta nelle industrie sia un elemento qualificante del lavoro delle persone anche le fabbriche “workerless”, sono una pazzia perché l’uomo rimane l’elemento centrale di qualsiasi processo produttivo.
La digitalizzazione può rappresentare dunque un fattore abilitante per la transizione verso il modello di economia circolare. Pensiamo a tutta le attvità legate al riuso, recupero e riciclo, con prodotti e strumenti che vengono messi in condivisione le unità produttive si scambiano informazioni e si auto-organizzano. Le opportunità sono tantissime e dovremmo coglierle.
Pensiamo anche a tutto il tema della Simbiosi Industriale, che secondo le parole di Mauro Lambardi, "è un eco-sistema industriale in aree geograficamente definite: le unità produttive si scambiano informazioni e si auto-organizzano sia con una migliore utilizzazione dei materiali, per esempio con lo scambio di output di un processo prima destinato come input di un processo limitrofo, sia con l’organizzazione di partnership per l’uso di risorse strategiche come energia, acqua e trattamento rifiuti, coordinamento infrastrutturale”.
L'Enea con la sua piattaforma Symbiosis è riuscita già a creare uno strumento operativo capace di fare incontrare domanda ed offerta, con una struttura informativa geo-refereziata capace di connettere il territorio e le sue strutture.
Il sindacato in tutto questo ha un ruolo importante perché deve passare dalla job protection allo sviluppo di professionalità, lo skill development.
Le terza riguarda il fatto che alcune volte ci concentriamo nell’offrire una versione migliore di ciò che è richiesto. Tutto ciò è inutile per le tecnologie dirompenti.
Ad esempio il sistema blockchain, nonostante se ne parli da 10 anni, sembra ancora un oggetto misterioso ma se vediamo gli studi questo porta con se benefici tangibili e concreti, dal miglioramento del rapporto e della tracciabilità di partner e fornitori per condividere informazioni, alla riduzione di frodi e manipolazione dati fino ad arrivare ad una maggior fiducia da parte dei clienti.
Nel sindacato l’esempio della FIM Cisl che ha messo le sue tessere di iscrizione in formato blockchain, sembra essere quasi una soluzione fantascientifica. In sintesi è la prima tessera, da parte di un'organizzazione sindacale, digitale tokenizzata e gestita attraverso app e transazioni su wallet. Questo comporta diversi vantaggi come impedire qualsiasi tentativo di attacco alla privacy e manomissione dei dati personali o la possibilità di tener traccia in modo certificato del numero di iscritti, scambiandosi comunicazioni in modo più efficace e funzionale.
Ma ce ne sono tanti altri di esempi. Nell’industria Internet of Things si possono utilizzare applicazioni di sicurezza che sfruttano la tecnologia blockchain o nel settore assicurativo dove ci sono applicazioni basate su blockchain per gestire i reclami (con un intervento che non può mai prescindere dalle associazioni di consumatori).
La quarta ci ricorda che molto spesso le aziende sono abili nel portare determinate tecnologie in determinati mercati, ma non in modi differenti da quelli a loro consueti.
Smart working e smart learning. Sono due opportunità enormi. Le imprese sullo smart working non potranno tornare indietro negli accordi con i propri lavoratori e dovranno prevedere almeno un giorno di lavoro a distanza alla settimana, se vorranno imparare qualcosa da questa quarantena.
La stessa cosa vale per le università, dotate in parte già di sistemi di e-learning, ma in particolare per le scuole che dovranno invece ripensare i loro sistemi e non farsi trovare più impreparate di fronte al digitale. Come è stato proposto da Stefano Zamagni, bisognerebbe passare dall’Alternanza Scuola Lavoro alla Convergenza scuola lavoro. Connettere il mondo della formazione sulla sostenibilità e il digitale con il mondo delle PMI tradizionali presenti su tutto il territorio nazionale, favorendo in particolare un lavoro di digitalizzazione di quelle realtà presenti in territori marginali. L'obiettivo sarebbe duplice. Da una parte supportare le imprese tradizionale ad avviare un percorso di innovazione tecnologico e sociale e dall’altra inserire giovani formati e competenti che aiuteranno gli imprenditori nella transizione verso la Nuova Economia che non potrà più subire il digitale.
Esistono poi piattaforme digitali che stanno sperimentando un nuovo modo di fruire i contenuti della formazione e degli eventi in chiave virtuale.
SCAI dopo un primo tentativo non riuscito bene, per problemi con la piattaforma e la loro rete web, sta provando a coniugare interessanti approfondimenti tematici a nuove modalità di gammification. L'obiettivo è quello di creare stanze ed aule interattive capaci di riprodurre una sorta di Second Life della formazione.
L'attenzione, qui come altrove, è sempre quella di trovare un giusto equilibrio tra digitale e umano.
Le ultime due lezioni sono destinate ai leader delle aziende innovatrici: non è saggio adottare una strategia unica per essere o sempre leader o sempre inseguitori.
Credo che Christensen azzecca tutto ma sbaglia gli ultimi due punti.
La questione non è alzarti la mattina ed essere leader o inseguitori, sembra l’inizio della barzelletta comica di Aldo, Giovanni e Giacomo, ma tener conto di una regola non scritta, presente in ogni processo di innovazione. Chi fa da solo non fa per tre.
Da oggi in avanti quando parleremo di digitale dovremmo parlare di "Rete al quadrato" (rete digitale e rete fisica tra le organizzazioni presenti in un dato territorio) e non temere le sue sperimentazion e gli eventuali fallimenti che ne derivano. Il fallimento, è una parte fondamentale nell'innovazione, e non un'onta da cancellare con la candeggina.
Sulla cultura del fallimento e il concetto di "Reti al quadrato" ne parleremo abbondantemente nei prossimi articoli. Per ora, pensiamo a come possiamo prepararci ai futuri adiacenti, senza subirli, e a come stimolare dibattiti, contradditori sul tema. Perché pensare e riflettere da soli, non porta mai molto lontano.
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