Salute
Farmaci la grande svolta
Il Wto ha dato il via libera allesportazione di farmaci generici nei Paesi in via di sviluppo.
“Questo accordo salverà milioni di vite”. 30 agosto 2003: albeggia, a Ginevra, quando Faizel Ismail, ambasciatore permanente del Sudafrica presso il Wto, chiude con questa frase, quasi un inno liberatorio, la nottata di negoziati che ha portato a un accordo storico per il suo Paese. Il Sudafrica, e le nazioni in via di sviluppo che non hanno il know kow e le strutture per produrre farmaci generici salvavita, potranno importarli da altre nazioni in via di sviluppo. L?hanno deciso i 146 Paesi membri del Wto. Con 8 mesi esatti di ritardo sulla scadenza che si erano dati al vertice di Doha, fanno notare i media.
Ma Ismail sa che, in realtà, il ritardo è molto più grave: 7 anni. Il Sud del mondo, dove ogni anno 14 milioni di persone muoiono di malattie curabili e dove vivono il 95% dei malati di Aids, aspetta questo accordo dal 1996. In quell?anno, proprio in Sudafrica, nasceva infatti la campagna per l?accesso ai farmaci nei Paesi poveri. Dall?incontro di due uomini che vivevano agli antipodi della società locale.
Il guerriero e l?avvocato
Un giudice bianco, Edwin Cameron. E un ragazzo coloured, Zackie Achmat, che ha frequentato più carceri di scuole, che ha combattuto l?Apartheid e che si guadagna da vivere facendo il prostituto. A unirli, è il virus dell?Aids che s?annida nel corpo di entrambi, l?appartenenza alla comunità gay del Paese e la voglia di combattere le discriminazioni che subiscono. “Io avevo le conoscenze d?un avvocato, Zackie la tempra di un combattente di strada”, dichiarerà molti anni dopo al New Yorker il giudice. Abbastanza, pensano nel 1996, per contattare il governo di Nelson Mandela e chiedere un incontro sulla sua politica anti Hiv. Cioè sul nulla: il Paese è troppo povero e troppo preso a cercare di garantire servizi di base per pensare all?Aids.
Per fortuna, non tutti i leader dei Paesi poveri la vedono come lui. A migliaia di chilometri di distanza dalle bidonville e dai salotti del Sudafrica, dove Achmat e il giudice Cameron portano avanti la loro battaglia, un politico segue attentamente i lavori della conferenza mondiale sull?Aids di Vancouver e decide che i sieropositivi del suo Paese hanno lo stesso diritto di prendere i cocktail di farmaci che tengono in vita i malati americani ed europei. È José Sarney, primo presidente non militare del Brasile e promotore di una legge che consente al suo Paese di produrre copie di tutti i farmaci anti Hiv registrati nei Paesi ricchi prima che entrino in vigore gli accordi sui brevetti e sulla proprietà intellettuale del Wto.
È una scommessa vincente: in tre anni, Sarney ha dimezzato il tasso di morti per Aids e, grazie alla diminuzione dei ricoveri ospedalieri, ha risparmiato 422 milioni di dollari. Nello stesso arco di tempo, in Sudafrica, invece sono morte 400 mila persone. Tra le quali ha rischiato di finire anche il giudice Cameron: nel 1997, affetto da Aids conclamato e da un?infezione ai polmoni, sembra destinato a morte certa. Invece, in pochi mesi, i farmaci antiretrovirali che sono appena arrivati nel Paese lo rimettono in piedi. Ma se costano quasi metà di uno stipendio da giudice, che chance hanno una casalinga o un contadino di sopravvivere?
Il fattore generici
La risposta è semplice: nessuna. Nelson Mandela capisce che l?Aids rischia di cancellare intere generazioni di sudafricani e, nel 1997, approva il Medecines Act: una legge che, per ragioni di salute pubblica e periodi limitati di tempo, permette al suo Paese di produrre farmaci generici senza pagare i diritti di brevetto e di importarli dai Paesi poveri che possano venderli a prezzi più bassi di quelli imposti dalle multinazionali del farmaco. Grazie al passaparola tra la società civile africana e quella europea, la notizia rimbalza nei Paesi ricchi dove Oxfam, Medici Senza Frontiere e molte altre ong iniziano a fare pressione sulle lobby farmaceutiche perché non ostacolino la legge. Inutilmente. A luglio del 1998, un cartello di 39 multinazionali che vendono farmaci anti Aids in Sudafrica blocca l?entrata in vigore del Medicines Act sostenendo che viola le leggi del Wto sui brevetti. Ma Zackie Achmat non si fa intimidire: affetto da una malattia legata all?Aids che quasi non gli permette di inghiottire, vola in Tailandia a fare scorte di Fluconazolo. “Un farmaco generico che ho comprato a un prezzo 89 volte inferiore a quello africano”. E chi non ha i soldi per volare in un altro Paese e importare illegalmente i farmaci?
Non ce la fa. Come accade a un amico di Achmat che muore a novembre del 1998. Il dolore per la sua perdita, genera in Zackie una nuova forza: al funerale dell?amico annuncia la fondazione della Treatment Action Campaign. Un?organizzazione non profit sudafricana che inizia a contattare tutti i produttori di farmaci generici nel Sud del mondo.
Le ong battono Big Pharma
Oltre alla tailandese GPO, c?è la brasiliana Far-Manguinhos: un laboratorio di ricerca farmaceutica del governo che la dottoressa Eloan Pinheiro dirige alla periferia di Rio de Janeiro producendo il 40% dei farmaci che tengono in vita i sieropositivi brasiliani. Ma esportarli in Sudafrica, nel 1998, è impossibile. Un po? per l?opposizione al Medecines Act delle multinazionali del farmaco. Un po? per l?opposizione di Thabo Mbeki, che è succeduto a Nelson Mandela e che non crede nei farmaci generici. Contro ogni evidenza, dichiara di non essere neppure sicuro che sia l?Aids a portarsi via uno dopo l?altro i sudafricani. Nel 1999, il giudice Cameron provoca Mbeki dichiarando pubblicamente di essere sieropositivo, Zackie invece lanciando questo messaggio: “non prenderò i farmaci anti Hiv finché tutti i sieropositivi del Paese potranno farlo”.
Uno sciopero delle medicine che gli porta molta visibilità e l?alleanza con le ong occidentali. Tra cui Oxfam e Medici Senza Frontiere, con cui, nella primavera del 2001, Zackie mette a segno la prima grande vittoria della battaglia per l?accesso ai farmaci nel Sud del mondo. Tutto comincia il 5 marzo, sempre in Sudafrica: le 39 aziende farmaceutiche trascinano il Medecines Act di Mandela davanti all?alta corte di Pretoria convinte di stravincere. Ma due giorni dopo il tribunale frena la loro presunzione: su richiesta della Treatment Action Campaign, ordina alle aziende di dimostrare perché i loro farmaci anti Hiv costano così tanto. Il cartello delle multinazionali chiede 4 mesi di tempo per raccogliere le prove, ma ottiene tre settimane. Ventun giorni in cui, grazie a un?azione capillare di Msf e Oxfam, la battaglia per l?accesso ai farmaci rimbalza per la prima volta sulle pagine di tutti i giornali e sull?agenda dei potenti. Compresi quelli di Bruxelles, dove il Parlamento europeo dichiara che “il diritto alla salute deve essere anteposto a qualsiasi considerazione economica”.
Le aziende farmaceutiche rispondono alle pressioni dell?Ue e dell?opinione pubblica con una corsa al ribasso dei prezzi nei Paesi poveri. Fanno i saldi la Merck and Co., che riduce il costo del Crixivan e dello Stocrin da 6 mila a 500 dollari l?anno, la Bristol-Myers Squibb che abbassa il costo della sua triterapia da 3 a 1 dollaro al giorno e la Abbot Laboratories che annuncia addirittura di non voler più guadagnare una lira dalla vendita di medicine nel Sud del mondo. La campagna ?generosità, però, si rivela un boomerang: le ong dimostrano che portare un farmaco sul mercato costa molto meno dei 500 milioni di dollari dichiarati da Big Pharma e il 19 aprile le aziende si ritirano dal processo. Ma la battaglia per Zackie e per gli attivisti occidentali non è finita.
Anche a New York mancano i farmaci
In Africa l?Aids continua a infettare 12 mila persone a settimana. Uno dei modi per contenere il virus sarebbe l?importazione di generici da altri Paesi in via di sviluppo, purtroppo vietata dalle leggi del Wto che in 7 mesi si riunisce a Doha, nel Qatar. Che fare? A un mese dal Summit, la campagna trova un alleato inaspettato: l?antrace. Tre morti per ?polverina bianca? negli Stati Uniti bastano a dimostrare che la paura di morire per mancanza di medicine non è più un?esclusiva dei Paesi poveri. E che violare un brevetto per ragioni di salute pubblica, si può. Il primo a provarci è il senatore democratico Charles Schumacher, che chiede al governo di sospendere il brevetto della Bayer sul Cippo, l?unico farmaco in grado di battere l?antrace. E se la mossa sembra troppo ardita per Bush che in campagna elettorale ha ricevuto 25 milioni di dollari dalle aziende farmaceutiche, non lo è per il Canada che commissiona all?Apotec una versione generica del Cipro. È l?8 novembre, tre giorni dopo la battaglia per il diritto ai farmaci approda a Doha, sostenuta da un?attivista d?eccezione: Giovanni Paolo II. Tramite Javier Lozano Barragan, il suo ministro della Sanità, fa sapere ai negoziatori del Wto che “la proprietà dei brevetti è un problema urgente nell?economia della salute mondiale e per essi non può valere il principio della proprietà privata, bensì quello della proprietà sociale”. Nella notte tra l?11 e il 12 novembre, il Wto approva lo storico accordo secondo cui “niente, negli accordi dell?Organizzazione Mondiale del Commercio, può impedire ai Paesi membri di prendere misure che garantiscano la salute pubblica”.
Verso Cancun
È il via libera, tanto atteso, alla produzione di generici e alla loro esportazione tra Paesi del sud del mondo. Anche se, sulle modalità con cui mettere in pratica la compravendita di farmaci tra Paesi poveri, il Wto si riserva di decidere entro il 31 dicembre 2002.Per Zackie, e per gli 85 sieropositivi della bidonville di Khayelitsha, a Città del Capo, che da maggio del 2001 vivono grazie ai farmaci generici somministrati da Medici Senza Frontiere, è un?attesa troppo lunga. Il 20 gennaio del 2002, il fondatore della Treatment Action Campaign parte per il Brasile carico di borse da riempire di Zidovudina, Amivudina e Nevirapina. Farmaci antiretrovirali che a Brasilia costano 1,55 dollari al giorno e in Sudafrica, invece, costano 3,19 dollari. Un risparmio minimo, 1,54 dollari, che per l?attivista vale un viaggio intercontinentale. Ad acquistare le medicine, non è Zackie direttamente. “Al tempo il governo brasiliano non voleva esportare i suoi farmaci generici”, spiega oggi il sieropositivo più famoso del mondo, “Medici senza frontiere Brasile li ha comprati dalla Far-Manguinhos e poi li ha donati a Medici senza frontiere Sudafrica”. L?applicazione dell?accordo di Doha renderebbe un?operazione come questa molto più semplice, ma il Wto non rispetta le scadenze che si era dato.
Gli Stati Uniti temono che l?accordo danneggi le aziende farmaceutiche e chiedono che l?esportazione sia concessa solo per i generici anti Aids, tubercolosi e malaria. I Paesi poveri non ci stanno, e la scadenza del 31 dicembre 2002 viene spostata a data da destinarsi. Per i sieropositivi del Sud del mondo è un brutto colpo: mentre l?Organizzazione mondiale della Sanità inserisce nella lista dei farmaci consigliati per combattere l?Aids sei generici dell?Indiana Cipla Limited, mentre l?Unione europea cerca di sbloccare l?accordo di Doha mediando tra Stati Uniti e Paesi Poveri, in Sudafrica Zackie Achmat decide che forse è arrivato il momento di curarsi. Non perché stia particolarmente male racconta alla giornalista americana Samantha Power: “C?è una forte probabilità che cominci a prendere le medicine, perché le cose stanno per cambiare”.
E così accade: nella notte tra il 29 e il 30 agosto, i 146 Paesi membri del Wto danno il via libera definitivo all?export di farmaci generici tra nazioni in via di sviluppo. In ritardo rispetto alla scadenza che si erano dati e anche firmando un documento ?annacquato? rispetto alla dichiarazione di Doha come sostengono le ong. Ma per l?ambasciatore sudafricano al Wto, è comunque un accordo storico. Il Sud del mondo lo attendeva da 7 anni.
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