Famiglia
Farmaci, comunque è una vittoria
L'editoriale di Giuseppe Frangi all'indomani dell'accordo firmato a Ginevra lo scorso 30 agosto.
P er una volta hanno perso i cinici. E hanno perso gli utopisti. L?accordo firmato il 30 agosto a Ginevra e che permette ai paesi poveri di importare farmaci generici per combattere le grandi emergenze sanitarie, è un accordo importante. Anche se per ora, in attesa di un riscontro sul piano dei fatti, è di un?importanza soprattutto simbolica. Da otto anni, come racconta Vita nel servizio di apertura in questo numero, la società civile premeva contro i poteri di veto delle multinazionali del farmaco perché anche i paesi poveri fossero messi in condizione di arginare epidemie, che in molti casi hanno assunto proporzioni apocalittiche (secondo dati diffusi in questi giorni dall?Oms, attualmente in Africa su 4,5 milioni di persone che avrebbero bisogno di cure antiretrovirali, solo 50mila vi accedono!). Ora il veto è caduto: i paesi che dimostreranno di vivere un?emergenza e di non essere in grado di produrre da sé i farmaci generici, potranno importarli da chi già li produce, India e Brasile in particolare.
Naturalmente è un piccolo passo, che richiederà ancora tanta vigilanza perché l?applicazione, visti gli interessi in gioco, sarà tutt?altro che automatica. Ed è un piccolo passo perché comunque anche i farmaci a costi un po? più accessibili non possono risolvere la situazione in paesi con strutture sanitarie allo sfascio, con leadership che a tutto pensano meno a che al bene comune. Ma chiediamoci: non ci fosse stata la società civile, con la sua passione e la sua ostinazione, chi avrebbe prestato ascolto alla voce soffocata di tanti paesi senza peso e senza diritti?
Ma l?accordo del 30 agosto deve insegnarci due cose. Primo, che le battaglie è intelligente ed è giusto farle se prima o poi si pensa di vincerle, quanto meno ai punti. Chi oggi critica l?accordo di Ginevra ritenendolo deludente e inadeguato, certamente ha molte ragioni per non applaudire: ma forse deve chiedersi se questo oltranzismo ha ragionevoli possibilità di approdare prima o poi a un risultato concreto.
La seconda lezione dell?accordo di Ginevra è un richiamo al realismo. Se prima delle giornate di Cancùn il Wto, organismo che non ha mai difeso le ragioni dei più deboli, ha deciso di fare una simile concessione, una ragione tattica ci deve essere. Si è probabilmente voluto fare un gesto distensivo che rendesse più lisci i negoziati in terra messicana. Perciò c?è da essere ancora più vigili. Perché sul tavolo a Cancùn c?è una questione che è ancor più decisiva di quella dei farmaci: ed è quella del commercio. I farmaci infatti sono un rimedio a emergenze disperate, il commercio invece, se riportato a regole di correttezza, è lo strumento che permette ai decine di paesi e a centinaia di milioni di persone di darsi un futuro. Basti un dato per capire: oggi le mucche europee ricevono un sussidio di due dollari al giorno. Con questo si altera un mercato, quello agricolo, che nel nostro continente dà lavoro al 4% della popolazione mentre in Africa lo dà all?88%. La campagna No dumping, in cui anche Vita è stata in prima fila, ha raggiunto le 50mila firme, consegnate al nostro ministro del Commercio estero Urso proprio alla vigilia di Cancùn. Sarà una battaglia dura. Ma ora tutti sono avvertiti: al popolo new global le battaglie piace non solo combatterle, ma pure vincerle.
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