Politica
Fare il bene è appropriato all’essere umano, la lezione di Illich e di Claudi
Che tristezza leggere alcune uscite di noti e meno noti giornalisti che sbeffeggiano Tommaso Claudi, il giovane diplomatico facente funzioni di Console a Kabul, rimasto quasi solo a sovrintendere le operazioni di evacuazione. Tommaso Claudi, ieri, è diventato una vera icona grazie a due foto che lo riprendono mentre prende un braccio un ragazzino aiutandolo a superare il muro dell'aereoporto.
Non è un console, dicono alcuni, l'ambasciatore se n'è andato per primo, sottolineano altri. Le foto di Claudi? Un ritocco di fondotinta su un'occupazione militare, un'operazione di marketing istituzionale. E ancora, scrivono alcuni, ora tutti vogliono accogliere, un'ondata di sentimentalismo irrazionale che passerà nel giro di una settimana. Insomma, un'ondata di cinismo ammantato di razionalità e gusto del retroscena.
Che tristezza. Perchè non sorprendersi almeno un attimo della bontà del gesto del giovane diplomatico italiano. Se foste stati lì non pensate che anche voi avreste allungato le braccia per aiutare quel ragazzino? Non pensate che sia il gesto più naturale del mondo quello di porgere una mano e le braccia per aiutare chi ha bisogno?
Tutto questo nelle giornate dell'addio a Gino Strada uno che ci ha insegnato che bisogna sempre gettare il cuore oltre l'ostacolo abbracciando e curando ogni sofferenza, chiunque ne sia colpito. Quanti mani tese nella sua vita, milioni di vite abbracciate nella cura.
Poche settimane fa l'amico Luca Doninelli mi ha fatto leggere dei passaggi di “I fiumi a nord del futuro” di Ivan Illich che spiegano bene quale sia il nostro problema, quale sia la scentratura che ha portato persino a processare i gesti della bontà umana. Ve lo ripropongo:
«Per quanto posso capire, io vivo in un mondo che ha perduto il senso del bene, il bene, la certezza che il mondo ha senso perché le cose sono confacenti le une alle altre, che l’occhio è fatto per cogliere il sole, e non è soltanto una macchina fotografica biologica che si trova a registrare questo effetto ottico. Abbiamo perso il senso che il comportamento virtuoso è confacente, appropriato all’essere umano. Questo senso lo abbiamo perduto nel corso del XVII, XVIII, XIX secolo, con la nascita del concetto di valore. Il bene è assoluto. La luce e l’occhio sono semplicemente fatti l’uno per l’altro, e questo bene indiscusso lo si sperimenta nel profondo. Ma quando dico che l’occhio ha per me valore perché mi permette di vedere , o di orientarmi nel mondo, io apro una porta nuova. I valori possono essere positivi o negativi; così, nel momento in cui parlo, in termini filosofici, di valori, suppongo che vi sia da qualche parte un grado zero, rispetto al quale essi crescono o declinano. La sostituzione dell’idea di valore al bene inizia in filosofia, e si esprime poi in una sfera economica in continua crescita, all’interno della quale la mia vita diventa un perseguimento di valori e non di ciò che è buono per me, che può essere solo un'altra persona. Che cos’altro potrebbe essere? Il bene è un'esperienza non un valore».
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