Sostenibilità

Far West elettrico a Foggia. Nel granaio d’Italia affari ad alta tensione

Primi effetti del decreto sblocca centrali: fra Tavoliere e Capitanata, dovrebbero sorgerne, entro breve, dieci. (di Maria Luisa D’Auna)

di Redazione

Benvenuti nel Far West dell?elettricità. Con otto richieste per l?installazione di centrali a ciclo combinato e due per centrali a biomasse, la provincia di Foggia diventa terra di conquista. Tante le società a caccia di un buon mercato per affari da ?scossa?. Nel solo capoluogo dauno, circa 156mila abitanti, sono state presentate domande per tre stabilimenti, con una potenza complessiva di 1.600 Megawatt (Mw). Non va meglio nel resto della Capitanata, con un impianto di 360 Mw già autorizzato a Candela. A buon punto anche l?iter per la centrale di San Severo, 385,7 Mw: lo scorso mese è stata conclusa la procedura di Valutazione di impatto ambientale presso il ministero delle Attività produttive, in base al procedimento unico previsto dal cosiddetto decreto ?sblocca-centrali?. La lista continua con istanze di autorizzazione a Troia, Serracapriola, Rignano Garganico. Completano il quadro le richieste per centrali a biomasse nei centri di Orta Nova e di Manfredonia. Dieci centrali nel giro di 40 chilometri, senza dimenticare il progetto per la realizzazione di un metanodotto da Pietra Montecorvino a San Severo, opera pubblica connessa alla centrale dell?Alto Tavoliere. Assalto al Tavoliere Un assalto in piena regola, proprio nel territorio da secoli ribattezzato ?granaio d?Italia?, per la naturale vocazione agricola e per la gran quantità di cereale coltivato ed esportato in tutto il mondo. Una terra, insomma, che sarebbe orientata all?ecoturismo, all?agricoltura biologica e tipica. Il timore è che passato e futuro possano essere cancellati con un colpo di spugna, per incrementare l?offerta di elettricità al miglior acquirente. Insorge la popolazione, contadini in prima linea, per difendere i loro beni più preziosi, a cominciare dalla tradizione e dal lavoro nei campi. I comitati spontanei contro le centrali raccolgono firme e chiedono referendum consultivi. Molti i dubbi sui rischi per la salute pubblica e per l?ambiente, e a nulla valgono le rassicurazioni degli studi di fattibilità e i pareri favorevoli degli organi competenti. «Le nostre associazioni sono drammaticamente interessate dalla crisi idrica che penalizza l?agricoltura in Capitanata, afflitta anche dal processo di desertificazione». I rappresentanti locali di Confederazione italiana agricoltori, Coldiretti e Confagricoltura motivano così la lettera inviata un anno fa al ministero dell?Ambiente. Nella missiva si chiedeva l?immediato blocco delle procedure di valutazione di impatto ambientale e delle autorizzazioni per la centrale di San Severo. Il miraggio dello sviluppo industriale, da queste parti, non attira più. Non dopo il fallimento dell?Enichem e il terribile incidente di 26 anni fa, quando lo scoppio di una torretta dell?ex petrolchimico fece disperdere 10 tonnellate di arsenico e 18 di ossido di carbonio. Surplus energetico «Il paradosso di tante richieste, in una zona limitata, diventa ancor più assurdo se si pensa che la Puglia vanta un surplus di energia». È scritto nero su bianco nel poderoso dossier del Coordinamento contro le centrali termoelettriche. Si tratta di un movimento che raccoglie diverse sigle: Legambiente, Wwf, Medicina democratica, Comitati per la tutela e la valorizzazione del territorio e dell?agricoltura di sette Comuni, Cittadinanzattiva e il Tribunale per i diritti del malato. Il portavoce è Fernando d?Angelo: «La Puglia produce più energia di quella che consuma: perché costruire centrali che aumenteranno il livello di energia?» dice, con tanto di cifre e dati ufficiali del Gestore della rete di trasmissione, l?ente che si occupa della fornitura di energia elettrica sul territorio nazionale. «Secondo gli ultimi dati disponibili, la produzione netta destinata al consumo è stata di 23.510,5 Gigawattora (Gwh), mentre l?energia richiesta è ferma a 16.877,9. Basta un semplice calcolo per capire che ci sono 6.632,6 Gwh di esubero». Ma il surplus di energia non è il solo lato incredibile della vicenda: in assenza degli strumenti minimi di programmazione, il settore è privo di regole. «La Regione non ha ancora adottato un Piano energetico regionale», dice l?assessore all?Ambiente della Provincia di Foggia, Ciro Mundi. «In questo momento esiste un vuoto legislativo che rende difficile ogni progetto di pianificazione». A settembre, in effetti, la Regione ha recepito lo studio per l?elaborazione del Piano energetico regionale, commissionato al Politecnico di Bari. Ma il lavoro è stato approvato con ritardo, tanto che ora bisogna aggiornare lo studio preliminare con i dati degli ultimi due anni. «Non si può accordare il via libera a una singola iniziativa, senza avere il polso della situazione generale: occorre una valutazione complessiva sull?intero parco centrali e non sul singolo impianto», conclude. Proprio per queste ragioni, agli inizi di maggio, il consiglio provinciale ha deliberato all?unanimità una moratoria generale sulla realizzazione delle centrali previste nel territorio. Fonti rinnovabili a zero E pensare che la Capitanata, insieme alla Sardegna, è la zona d?Italia più adatta per l?utilizzo di fonti rinnovabili, come il vento e il sole. «La nostra preoccupazione è che il ricorso massiccio alle centrali potrebbe disincentivare la conversione diretta di fonti energetiche rinnovabili», precisa Carlo Fierro, responsabile della locale sezione Wwf. Eppure le adesioni al programma nazionale sui tetti fotovoltaici sono state incoraggianti nella città di Foggia, con 18 progetti presentati per una potenza complessiva di 310 Kw. Perché allora tante centrali? «Rispetto a una tipica centrale convenzionale, una moderna centrale a ciclo combinato ha un consumo di combustibile inferiore del 25%, emissioni di ossidi di carbonio pari a circa la metà ed emissioni di ossidi di azoto ridotte di quasi l?80%», sostiene la Direzione sviluppo di Edison. Pronta la replica degli ambientalisti: «Le centrali a gas progettate in provincia di Foggia non sostituiscono preesistenti centrali termoelettriche tradizionali, circostanza che farebbe diminuire l?inquinamento». In allarme anche Tonino Soldo, presidente del circolo Gaia di Legambiente, perplesso per le emissioni di inquinanti, in particolare a Candela, vista la sua vicinanza all?istituendo Parco del Subappennino. «Con molta probabilità si tratta di un modo per prepararsi alla concorrenza nella vendita dell?elettricità ai grandi utenti industriali», fanno sapere in una nota da Legambiente nazionale. E nella giunga della disoccupazione, le prospettive di qualche nuovo posto di lavoro aprono le porte al Far West. Con la richiesta di 10 centrali nel giro di 40 chilometri. Maria Luisa D’Auna


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