Politica

Fao, vertice flop

Tutti i retroscena del summit. Critiche le ong. Le analisi di Antonio Onorati, Vincenzo Conso e Sergio Marelli. Seguono aggiornamenti

di Emanuela Citterio

Di Emanuela Citterio Il vertice Fao stenta a concludersi, oggi a Roma. La dichiarazione doveva essere pronta per le 17: un breve documento di quattro pagine con poche e piuttosto generiche enunciazioni, tra cui ?rafforzare gli aiuti di emergenza alle popolazioni colpite dalla crisi alimentare?, “intraprendere iniziative per moderare fluttuazioni anomale dei prezzi dei cereali”, liberalizzare i mercati agricoli e “affrontare le sfide ed opportunità poste dai biocarburanti”. Ma sembra che qualcosa si sia incagliato. Secondo quanto riferito da fonti europee alla Bbc, alcuni Paesi con in testa il Brasile non avrebbero intenzione di firmare una dichiarazione finale del vertice della Fao che ”demonizza” i biocarburanti. Poco dopo è arrivata la smentita del sottosegretario brasiliano all’energia e agroalimentare Manoel Vicente Fernandes Bertone. ‘L’assemblea non e’ stata bloccata sui biocarburanti – ha spiegato – piuttosto abbiamo dimostrato che sono un ‘opportunita’ e non un problema. Una buona alternativa per i paesi che non hanno attivita’ specifiche”. Il sottosegretario ha detto che il Brasile piuttosto, ”e’ preoccupato a risolvere altre problematiche come ”i costi dei fertilizzanti e la produzione”. ”Vogliamo dimostrare al mondo – ha aggiunto – che abbiamo la possibilita’ di produrre biocarburanti a buon prezzo”. C?è chi parla già di fallimento del summit. ‘Forse in questa riunione non verra’ fuori quello che il mondo si aspetta ma non credo che sara’ un fallimento perche’ il dialogo e’ importante? ha detto a nome del Brasile Bertone. ?Oggi si pongono le basi, il successo del vertice non si vedra’ oggi ma nel futuro” e ha sottolineato che da ”incontri di questo tipo non emergono soluzioni a breve scadenza”. Di certo c?è che trovare una convergenza sui biocarburanti appare difficile. Il ministro dell’Agricoltura statunitense Ed Schafer, ha dichiarato che su biocarburanti ”e’ stata raggiunta una soluzione accettabile”. A chi gli chiedeva se sia possibile che la Conferenza si concluda senza un accordo Schafer ha risposto ”e’ meglio nessun accordo che un cattivo accordo”. Le delegazioni hanno lavorato in modo frenetico nella giornata di oggi, conclusiva del vertice apertosi il 3 giugno, per trovare una sintesi e sciogliere i punti in discussioni. Fino a ieri sera su quattro pagine erano 30 i paragrafi fra parentesi, sui quali non c?era una linea comune. E l?impressione è in effetti quella di un vertice che non è riuscito a trovare la barra del timone per poter governare la crisi alimentare. Troppi e discordanti i punti di vista su biocarburanti, ogm, barriere commerciali (protezionismo sì o protezionismo no?). E un tabù, come segnalava oggi l?inviato di Repubblica: nessuno durante il vertice propone azioni concrete contro la speculazione finanziaria internazionale, unico elemento che tutti d?accordo indicano come corresponsabile degli aumenti dei prezzi dei prodotti agricoli che sono diventati proibitivi per le mense di chi vive per esempio in Paesi come Haiti o il Senegal, che dipendono dall?importazione di riso. Nella bozza non sono inclusi impegni finanziari concreti, che sono già stati annunciati nei giorni scorsi da agenzie internazionali e governi. La dichiarazione si conclude con un invito generico alla Fao e ad altre organizzazioni internazionali (Programma alimentare mondiale, Banca Mondiale, Ifad, ecc.) a “monitorare e analizzare la sicurezza alimentare mondiale in tutte le sue dimensioni…e sviluppare strategie per migliorarli”. La posizione delle Ong Uno dei punti più controversi è stato il paragrafo 11, in cui si chiede alla comunità internazionale di favorire la libera circolazione dei beni agricoli sul mercato, “riducendo le barriere doganali e le politiche che distorcono il mercato”, su cui alcuni paesi non sono d’accordo perché temono di perdere sovranità commerciale. “Molti paesi ritengono che, di fronte a una crisi, devono poter decidere le misure da adottare, se limitare o meno le esportazioni di cibo, diminuire le esportazioni di semi, bloccare le frontiere per non far entrare aiuti alimentare che possono distruggere il mercato interno”, ha spiegato Antonio Onorati, dell?ong Crocevia ed esperto dell’Ipc (International Ngo/Cso Planning Committee for Food Sovereignty). Per le organizzazioni riunite nel forum parallelo ?Terra Preta? occorre una complessiva riforma agraria in favore di “produttori, popoli indigeni e comunità locali. E’ neccessario, proseguono, “resistere al controllo dell’alimentazione e dell’agricoltura da parte delle multinazionali”, intervenendo per “combattere le speculazioni finanziarie” e insistendo per il “finanziamento da parte di governi e organizzazioni internazionali di piccoli produttori”. Nella dichiarazione finale ? sottolineano le organizzazioni di terra preta – “gli agricoltori sono citati solo 3 volte”, mentre “è ignorato il problema della speculazione. Terra Preta ha proposto di”istituire una commissione sulla sovranità alimentare sotto gli auspici delle Nazioni unite costituita da rappresentanti dei governi e organizzazioni di pescatori, contadini e pastori per individuare strategie collettive per risolvere la crisi”. E di inserire l’agricoltura nell’ambito dei negoziati sugli impegni di Kyoto post-2012, che si svolgono quest’anno in Polonia e l’anno prossimo in Danimarca. «I governi presenti non hanno ascoltato la società civile. Ci hanno dedicato solo una mezz’ora lunedì pomeriggio e i rappresentanti presenti all’incontro erano pochissimi ? a dirlo è Vincenzo Conso, direttore di Icra, rete di organizzazioni rurali cattoliche di tutto il mondo ? è vero che Diouf e Ban Ki Moon sono venuti a parlare con noi, ma sappiamo tutti che anche dentro la Fao chi prende decisioni vere e a stanzia i soldi sono i governi. L’unica soluzione è un’allenza tra loro, le organizzazioni internazionali e la società civile, ma se non si decidono a fare qualcosa e a risolvere i problemi uno ad uno non si arriva da nessuna parte. Nel mondo c’è gente che continua a morire di fame, ma nel vertice di Roma non hanno neppure parlato delle speculazioni che portano all’aumento dei prezzi degli alimentari. Deluso anche Sergio Marelli, presidente dell?Associazione ong italiane: «I governi non si sono dimostrati all’altezza della sfida che avevano davanti. Sono stati condizionati dai poteri economici. L’esempio più triste è quello dei fondi da destinare alla crisi: il segretario della FAO aveva chiesto 30 miliardi di dollari annui. Voci dicono che nei negoziati tra i quindici paesi che sosterranno il fondo si parla di 1,7 miliardi, che potrebbero diventare al massimo 3 con l’arrivo di altre sei nazioni. È il 10% della cifra necessaria» I punti critici della bozza, secondo le ong sono la proposta di risolvere la crisi alimentare con gli Ogm, la mancanza di una presa di posizione contro le speculazioni finanziarie, la scelta di sottoporre alle regole del libero mercato le risorse economiche da stanziare. «Non si è voluto dare una risposta politica ai problemi che erano sul tavolo ? ha affermato Marelli ? Le regole del libero commercio, stabilite a Doha nel 2001, non aiuteranno i paesi in via di sviluppo a risolvere le loro difficoltà. Ci sono aziende che si lavorano nel campo degli alimentari che hanno visto volare i propri guadagni. In un momento di crisi come questo sono riuscite ad aumentare i profitti dal 35% al 70% dei ricavi. Su questo doveva intervenire la politica, ma è rimasta succube dei poteri forti». «Una delle nostre richieste ? ha concluso Marelli ? è di poter essere coinvolti come società civile nella conferenza di fine anno della Fao sulla valutazione esterna indipendente riguardo al suo operato. Quello sarà un momento di verifica finale e potremo dire se i pochi impegni che gli stati si prenderanno oggi saranno almeno applicati. Anche sui biocombustibili, i delegati hanno cercato fino all?ultimo il difficile equilibrio fra le posizioni emerse. Sui biocarburanti il giudizio delle organizzazioni di Terra Preta è negativo: bisogna “evitare la produzione e l’esportazione di biocarburanti”. Più possibilista il presidente delle ong italiane Marelli: ?Non c’e’ nessun pregiudizio sulla ricerca, ma e’ legittimo chiedersi perche’ non investire anche su altre fonti di energia alternative”. Inoltre, “un conto e’ il biofuel prodotto dalla canna da zucchero”, ha precisato, “un conto e’ quello prodotto dal mais, che e’ un alimento base’ “Una crisi alimentare simile – ricorda il documento finale del forum di Terra Preta – colpì il mondo nel 1974. I programmi di aggiustamento strutturale messi a punto da Banca mondiale e Fondo monetario internazionale misero le condizioni per ricorrenti crisi alimentari attraverso politiche di liberalizzazione che minarono la capacità locale e nazionale di autosufficienza alimentare”. Da allora, prosegue, il documento, le crisi alimentari “sono state sfruttate da compagnie agroindustriali” che “oggi sono più potenti di trenta anni fa e controllano larga parte del mercato alimentare globale e di quello energetico”. La protesta di 32 reti internazionali Un duro documento di protesta e’ stato lanciato dal network internazionale ?Our world is not for sale’ sottoscritto da 32 reti internazionali, 205 tra coordinamenti e ong di tutto il mondo tra i quali gli italiani Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Fair, Fondazione Zanchetta e Trade Watch, in occasione della seconda giornata di lavori della conferenza FAO sulla sicurezza alimentare. Nel testo, indirizzato tra gli altri al segretario generale ONU Ban Ki-moon e al Direttore Generale della FAO Jacques Diouf, le organizzazioni dicono di essere convinte che le regole in discussione nel Doha Round ”intensificheranno la crisi rendendo i prezzi dei generi alimentari ancora piu’ volatili, aumentando la dipendenza dei paesi in via di sviluppo dalle importazioni, e rafforzando il potere dell’agrobusiness nei mercati alimentari e agricoli”. A riprova portano i profitti delle principali imprese del settore in tempo di crisi: Cargill, che ha annunciato che i profitti del suo terzo quadrimestre sono cresciuti dell’86%, Bunge che nell’ultimo quadrimestre del 2007 aveva riportato un aumento del 77% rispetto al 2006, e Archer Daniel Midland’s le cui entrate nel 2007 sono cresciute del 65%. Le ong – da Action Aid ad Attac, dalle ong cattoliche della CIDSE a Friends of the Earth, da Fair a CRBM a Focus on the Global South, a Oxfam alla Via Campesina – chiedono di mettere a disposizione di Governi e comunita’ strumenti per rafforzare la loro sovranita’ alimentare, sostenere l’agricoltura familiare, proteggere la produzione dal dumping anche attraverso meccanismi di dazi e tariffe. In secondo luogo le ong pensano che la volatilita’ dei prezzi agricole debba essere affrontata attraverso politiche nazionali e azioni internazionali che assicurino un reddito stabile ai produttori, a partire dalla creazione di nuove riserve strategiche e di misure di stabilizzazione dei prezzi e di controllo sui movimenti finanziari speculativi. Al terzo punto le ong della campagna ”Our world is not for sale” chiedono la costruzione di reti di salvataggio e di sistemi di distribuzione alimentare pubblica per impedire che i consumatori piu’ poveri facciano la fame. La quarta richiesta e’ quella di una riforma del sistema di aiuto pubblico alimentare perche’, invece di trasformarsi in una forma di importazione distorsiva della produzione e del mercato locale, garantisca fondi con i quali i Governi locali possano acquistare cibo dai produttori locali o dei paesi limitrofi, trasformandosi in un’ulteriore leva di sviluppo. I paesi in via di sviluppo, infine, secondo le ONG, non dovrebbero essere coinvolti in negoziati di liberalizzazioni sul commercio di servizi finanziari nell’ambito del General Agreement on Trade in Services (GATS) o di altri negoziati multilaterali o bilaterali, perche’ questo non potrebbe che avere un impatto molto negativo sull’accesso dei contadini al credito, alle assicurazioni o al risparmio, gia’ oggi assai scarso. Ha collaborato Riccardo Bianchi


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