Cultura

Fao: i numeri alla vigilia del vertice

Ancora quasi 800 milioni le persone che rischiano la morte per fame. Il 75% vive in zone rurali. Ma i grandi leader sembrano orientati a disertare il summit

di Paul Ricard

Si comincia domani con una protesta. La vigilia del vertice della Fao contro la fame nel mondo, in programma da domenica nella capitale italiana, mettera’ subito sotto i riflettori – e l’auspicio e’ che tutto avvenga senza violenze – il tema centrale del summit. Questa volta non e’ in discussione l’istituzione che promuove l’incontro, ma le strategie ed i contributi che i paesi devono dare per combattere una delle peggiori piaghe del pianeta. Nel mondo ci sono due miliardi di persone che vivono in poverta’, altri tre miliardi appartengono a paesi in via di sviluppo e soffrono gravi carenze e solo 900 milioni fanno parte del club privilegiato dei benestanti. Occorre, quindi, travasare parte delle ricchezze verso le popolazioni prive di un’adeguata alimentazione in modo da ridurne drasticamente il numero. La Fao, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’ alimentazione e l’agricoltura, in una conferenza tenuta sei anni fa, si era data un obbiettivo preciso: ridurre della meta’ – entro il 2015 – gli 815 milioni di persone che vivono in condizioni piu’ drammatiche. Per ottenere tale risultato occorre che l’indice delle popolazioni denutrite scenda in media di 22 milioni all’anno. Invece siamo solo sui sei milioni. Il problema non è solo quello di reperire i fondi. Bisogna anche ottenere che gli impegni presi siano mantenuti e che non ci si perda nelle polemiche su quale tipo di aiuti occorre dare a questi paesi che, spesso, hanno gravi carenze infrastrutturali e governi che non garantiscono un corretto uso delle risorse. ”Dobbiamo assolutamente mettere in pratica quel vecchio proverbio secondo il quale e’ meglio insegnare a pescare che regalare un pesce”, ripete Jacques Diouf, 64 anni, senegalese, segretario generale della Fao dal ’93. Per Diouf occorre in primo luogo invertire la tendenza – che definisce perversa – di ridurre gli aiuti ai paesi poveri destinati all’agricoltura che, in dodici anni, sono scesi del 43 per cento. Le statistiche parlano chiaro: il 75 per cento delle persone denutrite vive nelle zone rurali. Sviluppando la produzione agricola di queste nazioni si risolve il problema dell’ alimentazione dei suoi abitanti e si offre un contributo allo sviluppo economico. Ma la fame non e’ uguale per tutti e l’approccio nei confronti di questo drammatico problema divide i ricchi, gli unici che possono aiutare a centrare le mete fissate. Gia’ alla conferenza sul finanziamento per lo sviluppo – organizzata in marzo dall’Onu a Monterrey, in Messico – si e’ creata la solita barriera tra i leader dei paesi sviluppati e quelli delle nazioni povere e tra gli Stati Uniti da una parte e l’Europa dall’altra, sulle strategie da seguire. C’e’ chi punta sui dati macroeconomici, chi condiziona gli aiuti al processo democratico, chi vuol puntare sui settori della sanita’ o sull’educazione. ”Ma chi ha la pancia vuota, non e’ sano, non ottiene buoni voti a scuola e non puo’ lavorare bene”, commenta Diouf. Al vertice di Roma non ci saranno cambiali in bianco da firmare. La grande platea e’ stata organizzata per stimolare i partecipanti ad allentare di piu’ la borsa. Alla Fao sperano in una partecipazione massiccia e di alto livello, non per far cornice, ma perche’ siano presi impegni solenni. Purtroppo, tranne i responsabili delle istituzioni internazionali, i grandi leader sembrano orientati a disertare il summit. ”Fino ad oggi la lotta contro la fame ha dato risultati fallimentari per carenza di volonta’ politica”, ha ammonito Diouf. Roma puo’ e deve invertire la tendenza.


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