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FAMIGLIE. Acli, «Detrarre le spese della colf»

Le proposte per restituire risorse alle famiglie e spezzare il circolo vizioso dell'irregolarità

di Redazione

Apre oggi alle 16.00 la XVII Assemblea nazionale Acli Colf con una proposta per dare la possibilità alle famiglie di detrarre l’intero costo del lavoro domestico in sede di dichiarazione dei redditi. Abolire le retribuzioni convenzionali e introdurre una aliquota legata alla retribuzione effettiva. Prevedere nuove forme di prelievo fiscale per le colf perché possano pagare le tasse con una rateizzazione meno concentrata e elevata. Dividere il lavoro domestico dal lavoro di assistenza alle persone, inserendo quest’ultimo nella rete dei servizi sociali di sostegno alla famiglia.

E’ una “rivoluzione copernicana” quella che propongono le Acli Colf – l’organizzazione professionale che organizza le lavoratrici domestiche – nella giornata di apertura della loro XVII Assemblea nazionale: “Per un nuovo welfare della cura oltre il fai da te” (Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino, L. Antonianum 1, ore 16.00). Un pacchetto di proposte che mirano a riorganizzare il lavoro di cura nelle case, restituendo risorse alle famiglie e favorendo l’emersione del lavoro nero. Proposte che chiamano le istituzioni ad una forte «corresponsabilità pubblica», per superare quella sorta di «abusivismo di necessità» che si è affermato all’interno della società e delle mura domestiche.

Senza una presa in carico forte da parte dello Stato – spiegano le Colf – l’irregolarità nel lavoro domestico è «un circolo vizioso spesso legato a fattori di reciproca convenienza: la famiglia risparmia non pagando o pagando meno contributi, la lavoratrice guadagna qualcosa in più, rinunciando a diritti previdenziali e assistenziali di cui difficilmente riuscirebbe a godere per l’esiguità della copertura assicurativa, oltre ai problemi legati alla debolezza del sistema previdenziale transnazionale.

Le proposte delle Acli Colf mirano a spezzare questo circolo vizioso rendendo appetibile per entrambe le parti – famiglie e lavoratrici – la regolarizzazione del lavoro domestico. A partire da una più efficace regolazione del mercato del lavoro domestico, che avviene oggi quasi esclusivamente fuori dai canali istituzionali. Solo il 2% degli incontri tra domanda e offerta avviene nei centri per l’impiego, che andrebbero affiancati – secondo le Colf – da «soggetti abilitati e “vicini” a entrambe le parti: associazioni specifiche e patronati».

Le Colf delle Acli chiedono di rivedere la normativa sul lavoro domestico, ferma al 1971, che stabilisce l’attuale regime contributivo “convenzionale”: i contributi pensionistici vengono cioè calcolati non sulle retribuzioni effettive – come per tutti i lavoratori – ma su retribuzioni convenzionali. La proposta è di abolire le retribuzioni convenzionali introducendo un’aliquota legata alla retribuzione effettiva, in modo che siano garantiti diritti pieni compreso il riconoscimento dell’indennità di malattia e la completa tutela della maternità.

C’è poi la questione delle tasse. Il fatto di effettuare una prestazione lavorativa non soggetta a sostituzione d’imposta, impone alle colf che hanno reddito sufficiente per presentare la dichiarazione dei redditi il pagamento di rate eccessivamente elevate, in quanto concentrate in un particolare periodo dell’anno. Le Acli propongono di sperimentare nuove forme di prelievo fiscale che privilegino l’immediatezza del versamento e una gestione semplificata, nel rispetto delle caratteristiche di subordinazione del rapporto di lavoro.

Anche per le famiglie la dichiarazione dei redditi può rappresentare un’occasione di recupero delle risorse destinate al lavoro domestico e di cura, e dunque un incentivo alla regolarizzazione piena dei rapporti di lavoro. Prevedere per la famiglie l’intera detraibilità del costo del lavoro domestico, anziché dei soli contributi, costituirebbe per le Acli Colf una “rivoluzione copernicana” sia rispetto al tema dell’emersione e della lotta al lavoro nero, sia riguardo al sostegno dello stato alle famiglie nell’assistenza degli anziani e dei non-autosufficienti. Un passaggio che andrebbe completato – aggiungo le Acli Colf – dalla distinzione, in futuro, fra il lavoro domestico di servizio alla famiglia e del governo della casa, dal lavoro di cura svolto per le persone non-autosufficienti, inserendo quest’ultimo nel diritto costituzionale alla salute, facendolo diventare parte della rete dei servizi sociali di sostegno alla famiglia, riconoscendogli una nuova veste normativa e contrattuale.


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