Radio e giornali stanno già facendo confusione. Parlano di "false Ong", nel migliore dei casi (visto che così si chiama l'inchiesta) di “False Onlus”, anziché di società cooperative di comodo. Ma non possiamo fargliene un torto: la maionese è impazzita e indietro non si torna. È da buttare.
Pochi minuti dopo la notizia sull'operazione Fake Onlus, che ha mosso 100 militari della Guardia di Finanza, portato all'arresto di 11 persone e scoperchiato un sistema di illeciti sulla gestione dei migranti e contiguità con macrosistemi malavitosi, il Ministro dell'Interno è uscito con un suo comunicato stampa. Duro, ma nei tempi gisuti, quindi efficace. “Il business dell’immigrazione ha fatto gola ad alcune onlus di Lodi. Meno sbarchi e meno soldi per i professionisti dell’accoglienza: così risparmiamo, difendiamo l’Italia e investiamo per assumere più Forze dell’Ordine. La pacchia è finita”. E vabbé.
Giustamente Stefano Arduini ha richiamato il Governo a quello che gli compete, ben più dei tweet salviniani (leggi qui).
Ma il mondo del sociale? Quello che da domani inizierà, con le sue rappresentanze, il balletto dei distinguo, dei "non tutta l'erba è un fascio"? Per ora, il silenzio. Ma, attenzione, le mele marce, alla lunga, rovinano il cesto. Marco Dotti lo aveva scritto scritto esattamente un anno fa, prima dell'entrata in vigore del Decreto Sicurezza: dal sistema della gestione emergenziale dei migranti, ci si sganci subito o saranno guai.
Eccoli, i guai. Come dicono a Londra: quando nella stanza c'è un ventilatore e qualcuno solleva del fango, il fango vola in faccia a tutti. Non resta, allora, che uscire dalla stanza ovvero: da un pantano che rischia di trascinare sul fondo un mondo di buone pratiche, di coerenza, di buona accoglienza e integrazione, di idealità e valore. Soprattutto nel sistema delle cooperative. False? Rispetto a cosa? Alla forma, alla struttura giuridica o allo scopo? E qual è, oggi, il nostro scopo?
Care coop, da questa stanza se ne esce in un solo modo: col pensiero. Sappiamo ripensare, ma ripensare a fondo il nostro sistema? Sappiamo farlo davvero? Ma, soprattutto, vogliamo? Vogliamo tornare a ragionare sul nostro scopo e sul nostro capitale narrativo?
Viviamo in un Paese che sembra tollerare solo banalità e semplificazioni. Non lasciamo al "male" il privilegio dell'intelligenza, e se possibile, come incita a fare il Vangelo, neppure quello della furbizia.
Noi stiamo mettendo in campo ambiti di formazione e di pensiero (si veda qui). Cominciamo prima che sia troppo tardi?
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