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Facciamo teatro, ma non per avere applausi

Esperienza 2. Roma, parrocchia santissimi corpo e sangue. La Regione Lazio ha una buona legge, che però rischia di essere troppo dispersiva (di Sara De Carli).

di Redazione

Nel 2003 le domande di finanziamento giunte alla Regione Lazio in riferimento alla legge sulla funzione sociale degli oratori (lr 13/01) sono state più di 500. Sono stati finanziati progetti per più di 500mila euro: oratori, ma anche scuole cattoliche che offrono attività parascolastiche, la comunità ebraica di Roma e quella islamica di Latina. “È una buona legge”, dichiara Mario Mareri, presidente del Centro oratori romani, “anche se la scelta di un finanziamento a pioggia rischia di essere dispersiva”. I progetti approvati vengono inseriti in una graduatoria in base ai criteri stabiliti dal protocollo di intesa, e divisi in quattro fasce: i progetti ai quali è assegnato il contributo maggiore ricevono 15mila euro. “Questo aumenta il numero degli interventi, ma è evidente che nessun progetto può essere completato con una cifra così bassa. La difficoltà maggiore è per i nuovi oratori, che devono investire in strutture. Sono tanti, soprattutto in periferia, dove mancano altri centri di aggregazione: ogni anno riceviamo almeno sei richieste da parte di parrocchie che vogliono far nascere nuovi oratori”, continua Mareri. I soldi sono pochi anche per gli oratori del centro storico, che per carenza di spazi sono costretti a rinunciare a proporre attività che coinvolgano nuovi ragazzi. Uno degli oratori che ce l?ha fatta è quello della parrocchia dei Santissimi Corpo e Sangue. Il finanziamento regionale contribuisce alla ristrutturazione della vecchia chiesa, che sarà trasformata in una sala polifunzionale per cineforum e teatro. Da qualche anno, infatti, un gruppo di educatori realizza laboratori teatrali con bambini e adolescenti: lavorano in gruppi di 20 attori, ma lo spettacolo di fine anno lo preparano tutti insieme. Simona Cascioli è una delle educatrici: “Non è facile ottenere un finanziamento: è necessario presentare un progetto dettagliato, corredato da una corposa documentazione”, spiega. “Noi non siamo abituati a queste pratiche, è difficile anche determinare la spesa preventiva. Molti progetti sono scartati solo per difetti di forma”. Soprattutto però Simona conferma una perplessità diffusa: finché si tratta delle leggi sul riconoscimento degli oratori, va tutto bene. Quel riconoscimento però dovrebbe inserire l?oratorio nella rete territoriale delle politiche sociali e autorizzarlo ad accedere ai contributi previsti anche da altre leggi: qui iniziano i problemi. “Perché l?oratorio non è una onlus”, constata Simona, “e le sue richieste non vengono nemmeno prese in considerazione”.

Sara De Carli


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