Promozione della salute e prevenzione terziaria
Facciamo esercizio fisico: è una terapia per i pazienti oncologici
Con l'attività fisica, -40% di rischio per colon e -20% per polmone. L’aderenza a programmi di attività di tipo aerobico ha effetti positivi sullo stato fisico e psicologico, potenzia l'efficacia terapeutica dei trattamenti, contrasta gli effetti collaterali e allontana il rischio di recidiva
Cancro e movimento non sono incompatibili. Al contrario, l’attività fisica è uno strumento efficace non solo per restare in salute ma anche per potenziare l’efficacia di un trattamento oncologico in corso, contrastarne gli effetti collaterali e abbassare il rischio di una recidiva, la cosiddetta prevenzione terziaria.
All’argomento, la Rete oncologica pazienti Italia Ropi ha dedicato un quaderno dal titolo “Attività fisica e tumori”, in cui sono riassunte le evidenze scientifiche raccolte fin qui: oltre 50 studi hanno attestato che l’esercizio fisico regolare riduce di circa il 30-40% il rischio di tumore del colon e del 20% del tumore del polmone. Nella donna con tumore del seno migliora la tollerabilità dei trattamenti post-chirurgici e abbassa le probabilità di recidiva, inoltre ha effetti positivi nel ridurre la comparsa di tumore dell’endometrio del 20-40%. Nell’uomo con tumore della prostata, allevia i sintomi e/o gli effetti collaterali delle terapie.
Gli autori del quaderno di Ropi svelano anche le ragioni di questo potente effetto. L’attività fisica rafforza il sistema immunitario, migliora il benessere psicologico, modifica l’espressione di alcuni geni, facilita l’eliminazione di sostanze tossiche e modifica la produzione di ormoni. «Lo stile di vita, in particolare la dieta scorretta e la sedentarietà, sono tra le prime cause di rischio per tumore: correggere questi comportamenti contrasta anche l’obesità che, a sua volta è un terzo importante fattore di molti tipi di malattia» spiega Stefania Gori, presidente di Ropi. «Non affermo, fin qui, nulla di nuovo. Ciò che invece è emerso è che specifici programmi di attività fisica, l’intensità della pratica, e la ‘posologia’ possono migliorare l’azione e la reazione alla malattia. In generale si ottiene un miglioramento della sensazione di fatigue, la stanchezza e mancanza di energia che si accompagna alle terapie, riducendo possibili effetti collaterali, come il dolore articolare, migliorando la funzionalità cardio-respiratoria con un generale impatto di benessere psicofisico. Effetti che possono essere potenziati con la scelta della tipologia di attività, prevalentemente aerobica e di intensità lieve-moderata, secondo programmi di attività, facili, misurati sulle esigenze della malattia e della persona, dunque altamente efficaci. Vero è infatti che, salvo eccezioni, a differenze delle terapie farmacologiche, l’attività fisica non ha controindicazioni e effetti collaterali».
Per chi è fisicamente attivo, perché pratica degli sport, ma è sedentario perché ad esempio ha un lavoro che lo costringe seduto per molte ore, è importante muoversi regolarmente, ogni trenta minuti, per fare qualche passo o qualche esercizio.
Le recenti indicazioni riguardo l’esercizio fisico del Ministero della salute per le persone con neoplasie, che contengono anche particolari accortezze per alcune patologie, indicano che «attività di tipo endurance aerobiche sono necessarie per avere un effetto sulla incidenza e/o prognosi della patologia neoplastica, per ridurre la massa grassa, per migliorare la capacità di esercizio, il benessere psicologico e la gestione di alcuni effetti collaterali di terapie adiuvanti (quali l’aumento del peso corporeo, le algie muscolo-articolari, la dislipidemia, l’astenia, ecc.). Attività di tipo forza, meglio se associata allo stretching, sono invece importanti per il miglioramento/mantenimento della massa muscolare e la riduzione della cachessia». Non c’è più nessuna scusa.
Foto di Jos Zwaan su Unsplash
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