Sostenibilità

Faccia a faccia: quale energia nel futuro italiano?

Rispondono Vittorio Vagliasindi (responsabile Produzione da fonti rinnovabili Enel) e Vincenzo Naso (presidente Ises, docente di Sistemi energetici)

di Chiara Sirna

Quale futuro scenario energetico si prevede per l’Italia? Vittorio Vagliasindi –Il contributo delle fonti rinnovabili crescerà. Contiamo di trasformare in questo senso entro il 2010 oltre il 30% della nostra energia elettrica. Non si potrà però prescindere dalla produzione termoelettrica, dunque stiamo riconvertendo i vecchi impianti a olio combustibile, costosi e inquinanti, con moderne centrali a carbone pulito ad alta efficienza e altri a ciclo combinato alimentati a gas. L?obiettivo è disporre di un mix di fonti per ridurre le emissioni e allineare i prezzi a quelli medi europei, scontando il fatto che non disponiamo del nucleare. Vincenzo Naso –Tra tre anni non sarà cambiato nulla, tra 30 probabilmente sì. Lo scenario energetico mondiale è in fase di transizione ormai da decenni. Sono cresciuti i consumi di combustibili fossili, la domanda di India e Cina è in aumento, i prezzi sono in continua ascesa e siamo in piena psicosi da esaurimento di petrolio. I cambiamenti devono esserci e ci saranno, ma non in tempi brevi, soprattutto in un paese come l?Italia che importa l?80% della propria energia. La scommessa del futuro è ridurre i consumi e incrementare fonti rinnovabili. Che ruolo giocheranno le fonti energetiche rinnovabili nei prossimi decenni? Vittorio Vagliasindi –L?eolico ha grandi prospettive. Per quanto riguarda l?idroelettrico e il geotermoelettrico prevediamo lo sviluppo di attività di rinnovamento e potenziamento degli impianti esistenti. Sul fotovoltaico si sono fatti progressi di recente con l?introduzione di sistemi di incentivazione, ma fino a quando non si ridurranno i costi resterà una risorsa marginale. Il solare termodinamico che vede Enel impegnata con Enea nel progetto Archimede per la produzione industriale di vapore ad alte temperature, è una tecnologia promettente ma in fase sperimentale. Vincenzo Naso –In Italia abbiamo raggiunto il 20% dei consumi, ma è un dato del tutto illusorio, legato alla disponibilità di impianti idroelettrici che più di così non possono crescere. Quelli sono e quelli rimarranno. La scommessa è arrivare al 22% in questo decennio e per farlo bisogna sviluppare eolico, biomassa e solare. Anche la produzione di idrogeno è una strada da battere, ma solo da fonti rinnovabili, altrimenti sarebbe peggio che continuare a usare i combustibili fossili. Tutto sta al tempo e agli investimenti. Come giudica lo schema di assegnazione delle quote di emissione di CO(2) approvato per l’Italia? Vittorio Vagliasindi –Condivisibile nell?impostazione complessiva. È stata riconosciuta la peculiarità del sistema energetico italiano che, partendo da un alto livello di efficienza, deve affrontare costi molto elevati per migliorare. In ogni caso non si è tenuto conto di alcuni fattori, per esempio i miglioramenti operativi delle centrali a carbone esistenti. Infine, per evitare svantaggi competitivi tra chi opera in paesi diversi della Ue pur facendo parte dello stesso comparto produttivo, nel post Kyoto le quote non dovrebbero più essere assegnate a livello nazionale, ma europeo. Vincenzo Naso –È un impegno concreto, ma soltanto con una politica seria sarà rispettato. La Germania è diventata leader dell?eolico e del fotovoltaico proprio perché ha aiutato l?industria a far decollare il comparto, che oggi è un business con migliaia di lavoratori occupati. Anche in Italia bisogna iniziare a sostenere con costanza il mercato e l?imprenditoria. Penso al conto energia, nato per incentivare il fotovoltaico e già esaurito: bisogna finanziarlo. Sull?eolico, infine, il parlamento deve definire una linea certa per l?assegnazione delle autorizzazioni. Quali sono i principali ostacoli allo sviluppo di foti rinnovabili nel nostro paese? Vittorio Vagliasindi –La realizzazione di impianti rinnovabili (eolico, fotovoltaico ecc.) comporta una notevole occupazione di territorio e purtroppo c?è ancora scarsa consapevolezza dei benefici ambientali legati alla produzione di energia rinnovabile. Questo fa sì che spesso a livello locale prevalga la preoccupazione per l?impatto paesaggistico rispetto al consenso per i benefici ambientali complessivi: il risultato è che si prolungano gli iter autorizzativi fino a 5 o anche 10 anni. Nel Sud sono stati bloccati impianti che già avevano ottenuto tutte le autorizzazioni. Vincenzo Naso –Discontinuità, incertezza e scarsa disponibilità di fondi sono i principali problemi. È un problema di regole e di sostegno. Per quanto mi riguarda, sta al parlamento definire linee certe per ogni regione e farle applicare. Mi aspetterei, a livello di governo, un forte rilancio della campagna sull?efficienza energetica e maggiori finanziamenti, come dicevo prima, al conto energia. Dopodiché bisognerebbe trovare sistemi di sostegno legati alla certezza delle regole e agli incentivi. Come giudica i risultati dell’ultimo summit sul clima a Montreal? Vittorio Vagliasindi –L?attenzione al tema delle alterazioni climatiche sta crescendo in tutto il mondo. Sicuramente oggi si è più consapevoli del fatto che è necessario agire a livello globale. La parziale apertura mostrata dagli Stati Uniti e dalla Cina nell?ultimo summit è un passo in avanti nella direzione giusta del coinvolgimento di tutti i grandi Paesi del mondo nel processo di contenimento delle emissioni di gas a effetto serra e dà una speranza in più di poter conseguire risultati tangibili. Vincenzo Naso –Apparentemente buoni, ma troppo proiettati sul lontano futuro. È più facile mettersi d?accordo per il dopo 2012 piuttosto che per scadenze a breve termine, ma rimane un vuoto di 7 anni da colmare, durante i quali la situazione potrebbe anche peggiorare. La collaborazione di Stati Uniti e Australia è molto positiva di per sé, ma da sola non basta. Bisognerebbe convincere gli scettici a partire da subito. Gli Stati europei dovrebbero insistere in azioni d?avanguardia per rinforzare la diffusione di fonti rinnovabili e limitare la produzione di CO2.


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