Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Personaggi

Fabio Treves: «Il blues per me è un impegno sociale»

Cinquant’anni di carriera in un concerto al Castello Sforzesco il 6 luglio. L’appuntamento con la Treves Blues Band sarà un vero e proprio happening, una festa che celebra l’amore per la musica e quello per Milano. «La città che non c’è più e in cui sono cresciuto, quella di Gaber e Jannacci…»

di Diletta Grella

Non c’è concerto in cui Fabio Treves non stupisca il pubblico, riproducendo con la sua armonica il fischio dei treni. Quei treni della stazione di Lambrate, vicino a cui è nato e cresciuto. Lì, in quel fischio, c’è tutto l’amore per la sua città: Milano.

E non è un caso, quindi, che proprio a Milano, al Castello Sforzesco, il 6 luglio, alle 21.30, Treves abbia deciso di fare il concerto che celebra i 50 di carriera della sua Treves Blues Band. Un concerto che diventerà un happening, un rito collettivo all’insegna del blues.

In questi 50 anni di successi on the road, in Italia e nel mondo, Treves ha accompagnato con la sua armonica artisti come Angelo Branduardi, Riccardo Cocciante, Roberto Vecchioni, Pierangelo Bertoli, Elio e le Storie Tese, Eugenio Finardi, Ivan Graziani… Ha duettato – unico artista italiano – con Frank Zappa. E ha fatto da supporter ai Deep Purple e a Bruce Springsteen durante un loro concerto.

Se guarda indietro, a questi 50 anni di successi e di grande affetto da parte del suo pubblico, che cosa pensa?

Mi sembra incredibile di essere passato indenne attraverso tutti questi anni. Attraverso mode, gusti musicali, costumi, cambiamenti storici e politici… E di essere ancora qui con la mia musica.

Come è nato il suo amore per il blues?

Mio padre era un grande appassionato di musica e il blues mi ha fatto subito innamorare. Ho provato a suonare diversi strumenti: la tromba, il sassofono, il basso. Ma solo quando ho incrociato l’armonica, ho capito che era il mio strumento. All’inizio è stato difficile, ma non ho mai mollato. Ho imparato a suonarla da autodidatta, copiando le melodie dei grandi, che ascoltavo all’infinito. All’epoca non esisteva internet, andavo alla biblioteca Sormani a leggere libri di storia della musica e nei negozi ad acquistare i dischi. Dischi che spesso a Milano non c’erano e quindi, per averli, dovevo raggiungere Lugano. E così, passo dopo passo, con tanta passione, sono arrivato a fondare la mia band e siamo ancora qui.

Perché proprio il blues?

Il blues non è solo un genere di musica, è un modo di intendere la vita, è una filosofia. Il blues è la musica degli schiavi afroamericani che coltivavano i campi e che nei momenti di pausa cantavano il desiderio di riscatto sociale, di libertà, di uguaglianza… Spesso accompagnavano i loro canti proprio con l’armonica, che era facile da nascondere in tasca. Il blues e l’armonica, quindi, sono portatori di valori sociali che sono dentro di me e che io voglio comunicare con la mia musica. 

Valori che l’hanno spinta a suonare nei luoghi di sofferenza…

E dove di solito la musica non c’è, soprattutto la musica dal vivo. Ho suonato negli ospedali, nell’unità spinale di Niguarda, per i profughi, in carcere, per gli operai licenziati, nelle case di riposo…
Il blues per me è impegno sociale. Credo in una musica attenta alle  diversità, alla sofferenza. Credo in una musica che sa includere, che porta la gioia laddove ce n’è più bisogno. E credo anche nel potere educativo del blues per i giovani: non mi stanco di ripetere che il blues non è mai la musica dei violenti, dei bulli e delle gang, perché ti comunica degli ideali.

Il concerto del 6 luglio vuole essere anche una celebrazione della sua città, Milano. 

Sì, soprattutto di quella Milano romantica che non c’è più e in cui io sono cresciuto. La Milano romantica di Gaber e Jannacci. Dell’ombrellaio e dell’arrotino che giravano per le strade con il megafono. Delle botteghe di quartiere. Dei gruppi dei ragazzi che si ritrovavano per le strade a parlare e nei bar a suonare. La Milano di tanti bei ricordi.
A suonare con me ci saranno grandi musicisti: Alex Kid Gariazzo alle chitarre, voce, mandolino, ukulele; Gabriele Gab D Dellepiane al basso e Massimo Serra alla batteria.

Sarà una festa, non potete mancare!

I biglietti per l’evento sono disponibili su: www.mailticket.it e www.TicketOne.it

In apertura Fabio Treves, immagine di Davide Lopopolo


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA