Cultura

Fabbriche, recuperate la vera rivoluzione

Aziende decotte o fallite sono rilevate da cooperative di dipendenti. E iniziano a creare profitti. Assieme a solidarietà e cultura

di Redazione

Vetri e solidarietà Solo in cooperativa lavoro a 82 anni Jorge Valleyos è responsabile di magazzino alla vetreria Cristal San Justo dove si producono fanali per autovettura, bicchieri e contenitori di vetro. Da tre anni arriva al capannone puntualissimo, alle 7 della mattina e fino a sera registra carico e scarico di merci e materia prima. è un lavoro che richiede attenzione e Jorge lo fa con dedizione. è un tipo ciarliero e gli piace fermarsi a far due chiacchiere con i camionisti. Quando arrivano camion pieni di roba però si pone zitto e attento, penna alla mano. Lui vorrebbe aiutare a spostare casse ma alla bella età di 82 anni, lo confessa tra il dispiaciuto e il furbo, non ha più la forza dei 20 anni. Ignacio Gallo, presidente della cooperativa che gestisce la vetreria, soddisfatto e orgoglioso dice che «Jorge il suo lavoro lo fa per bene, ma non avrebbe mai trovato lavoro in un?altra impresa. Solo una fabbrica recuperata poteva offrire lavoro a un ottantenne». La Cooperativa San Justo La lotta più dura: convincere i giudici San Justo è nel barrio della Matanza, una avvilente distesa che per chilometri ripete l?identico paesaggio di capannoni smantellati. Come molte altre fabbriche, la vetreria si è trovata per vent?anni sul filo tra la vita e la morte. Nell?ottobre 2001, la fabbrica dichiara fallimento lasciando 38 operai senza lavoro e con poche prospettive di trovare un?altra occupazione. In quel momento il dueño (padrone) era in debito non solo con banche e fornitori ma anche con i lavoratori. Da due anni l?amministrazione pagava i dipendenti un decimo del salario, per giunta in ritardo. Fu così che nel 2001 i lavoratori decisero di presidiare il capannone. «Il rischio era che la fabbrica venisse svenduta a un prezzo di fallimento, le macchine smantellate e trasferite all?estero, lasciando gli operai senza un lavoro» , racconta Ignazio. Fortunatamente il governo della città di Buenos Aires ha recentemente introdotto una legislazione che favorisce i lavoratori che si uniscono in cooperativa offrendogli la fabbrica in custodia per due anni. L?applicazione di questa legge è però piuttosto difficile: dipende dalla volontà del giudice e dall?abilità dei lavoratori nel dimostrare che ce la possono fare. Per circa sei mesi, giorno e notte, i lavoratori si diedero il turno in una tenda piantata fuori dalla fabbrica per impedire che vandali penetrassero nello stabile messo sotto sequestro. Il supporto della gente e degli operai di altre fabbriche recuperate ha permesso alla gente della San Giusto di sopravvivere senza stipendio. «Alcuni ci portavano della legna per il fuoco, altri lasciavano un peso nella cassetta. Le mogli venivano qui e cucinavano empanadas o pasta. Abbiamo passato anche questa», dice Ignacio sorridendo, «per alcuni di noi è stata più dura, ad esempio, per chi aveva famiglie grandi. Cercavamo sempre di mettere da parte qualche soldo per questi, per la famiglia». Alla fine i membri della cooperativa hanno convinto il giudice che avevano i numeri per rimettere in funzione la fabbrica. La vetreria ha riaperto i battenti, il profitto è ripartito in proporzioni eguali tra i lavoratori ed è stato creato un fondo per l?acquisizione della fabbrica. Ora è una lotta contro il tempo: prendendo commesse dall?Argentina e dall?estero, gli operai si sono posti l?obiettivo di accumulare il capitale necessario a rilevare la fabbrica. Fenomeno trasversale E la legislazione si adegua Il caso della San Justo non è unico in Argentina. Ci sono ora 150 fabbriche recuperate in tutti i settori industriali e sono 80 le cooperative nate quest?anno. Molte sono nel tessile, acciaio e alimentare, ma ci sono anche case editrici, tipografie e gruppi edili. è un vero mondo produttivo e di solidarietà sociale che negli ultimi anni ha raggiunto un altro grado di efficienza economica e rispettabilità. «Perfino il governo è dalla nostra parte», dichiara l?avvocato Alberto Luis Caro, «ci sono proposte per introdurre modifiche sostanziali alla leggi di fallimento ed esproprio. Queste modifiche dovrebbero favorire i lavoratori e limitare l?azione degli avvoltoi che comprano le macchine a prezzi ridicoli per rivenderle o smantellarle». Luis è il presidente del Movimento nazionale delle fabbriche recuperate dai lavoratori ed è l?autore della legge provinciale che garantisce la custodia alle cooperative. è anche il rappresentante legale di due famose recuperate, la ceramica Zanon e la tessile Bruckman, assunte a fama mondiale grazie all?interesse che Naomi Klein (autrice di No-Logo) ha espresso nei loro confronti. «La questione strettamente giuridica è molto complessa e comprende nodi critici del diritto del lavoro e del diritto commerciale. Ci troviamo inoltre in una congiuntura storica molto particolare, migliaia di ditte sono in crisi in tutta la nazione» , spiega l?avvocato, «in più ci sono questioni politiche e filosofiche che potrebbero mettere in discussione i fondamenti della Costituzione argentina, come la proprietà privata, quindi il diritto del padrone al possesso dei suoi mezzi. In un certo senso nel caso di fallimento dichiarato le cose si semplificano, perché il padrone non ha a disposizione l?uso della fabbrica, e spesso ha infranto la legge non pagando salari e contributi. In quel momento i lavoratori si possono porre come custodi di un bene indispensabile alla loro sopravvivenza». La Zanon e la Bruckman, da molti anni, si erano appostate su posizioni intransigenti esigendo un?acquisizione diretta della fabbrica da parte dello Stato. «Questo ha portato a momenti di repressione dura», afferma José Guglielmero, rappresentante della Bruckman, «ci siamo scontrati più volte con la polizia, abbiamo subito tre sgomberi e molti di noi hanno collezionato denunce e multe». José da nove mesi vive in una tenda piantata in un giardino pubblico a 20 metri dalla fabbrica, piantonata dalla polizia 24 ore al giorno. La strategia dei lavoratori della Bruckman ha recentemente preso una forma negoziale, la cooperativa ha ridimensionato le sue richieste e i 57 soci hanno ottenuto la custodia della fabbrica e ripreso il lavoro. Grissini e poesia La fabbrica diventa culla di cultura Nelle ultime settimane le fabbriche recuperate hanno continuato a riempire le pagine dei giornali, ma non quelle politiche o della cronaca, bensì quelle degli spettacoli e delle attività ricreative. Molte delle cooperative godono del supporto di artisti, intellettuali o semplicemente di volontari che usano gli edifici per mostre, corsi e spettacoli teatrali. «Tutto è cominciato quando occupavamo la fabbrica», racconta Maria Pino della forneria Grissinopoli, una fabbrica recuperata il cui logo è la Mole Antonelliana,«gli artisti venivano organzzavano uno spettacolo e ci davano i soldi dei biglietti». In una città che non dorme mai, intellettualmente molto sofisticata, l?offerta culturale delle recuperate si è guadagnata un posto di favore accanto ai teatri storici e alle sfavillanti sale di tango. Alla Fabbrica culturale Impa, un laminatoio che dà lavoro a 140 soci, si tengono una cinquantina di corsi: gioielleria contemporanea, costumista, produzione teatrale, voce, acrobazia e danza, per citarne solo alcuni. Tutte le settimane vengono allestiti spettacoli. È particolarmente strano assistere a uno spettacolo teatrale dentro a una fabbrica in attività. Le grandi macchine sono sempre presenti, le vibrazioni si trasmettono alle strutture metalliche e poi al corpo, il rumore sordo delle presse entra nello stomaco. L?odore è acre, come di ruggine. È un?esperienza particolare sedersi per una lettura di poesia e abbandonarsi, per un?ora, al caldo profumo dei grissini che cuociono nel forno.


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