Politica

F35: il Canada si ferma, l’Italia no

Oltreoceano hanno deciso di sospendere la propria partecipazione al programma del caccia JSF. L'Italia invece prepara altri 4 aerei

di Redazione

Alla fine è successo, la notizia è arrivata: per la prima volta un Paese partecipante al progetto del cacciabombardiere F-35 Joint Strike Fighter ha deciso di fermarsi, di resettare la propria partecipazione. Si tratta del Canada che, dopo diverse indiscrezioni dei giorni scorsi, ha ufficialmente deciso di fermarsi per valutare costi ed implicazioni della scelta. In una dichiarazione resa ai media dal ministro della Difesa Peter MacKay si è sottolineato come il progetto non sia ancora definitivamente accantonato ma che il governo «non deciderà quale aereo da guerra comprare fino al definitivo completamento di tutti i complessi passi di valutazione» che una scelta del genere deve comportare.

La dimostrazione pratica che un passo indietro è possibile. Per l'altro la decisione maturata dal Paese della foglia d'acero non deriva solo da passaggi tecnici, quanto soprattutto da un grosso dibattito a livello di opinione pubblica e da un alto confronto politico-istituzionale. Quello stesso dibattito che in Italia non sembra invece trovare né spazio né ascolto.

Non solo. Due giorni fa è diventata legge la riforma militare che autorizza le Forze armate a riorganizzarsi in proprio in 12 anni con una delega per ora in bianco. L'esercito potrà rivedere il modello organizzativo e le infrastrutture e chiedere il pagamento delle attività di protezione civile. Ma introduce anche il principio dell'invarianza della spesa: i risparmi (taglierà posti di lavoro) resteranno alla Difesa con una «flessibilità gestionale» che l'autorizza a spendere come vuole. Si prevede in armamenti. A tutto questo si aggiunge anche un miliardo in più in finanziaria a disposizione del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola.


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