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Export di armi, l’affondo di Banca Etica sul ddl che cancella la trasparenza
Le commissioni Esteri e Difesa della Camera hanno ripreso la discussione sul testo che modificherà la legge n. 185/1990 sull’esportazione di armi italiane. «La finanza etica rifiuta ogni finanziamento e investimento nel settore delle armi», sottolinea Anna Fasano, presidente di Banca Etica
di Redazione
Banca Etica prende posizione sul disegno di legge che modificherà le norme sull’esportazione di armi. «Oggi, dopo mesi di silenzio, le commissioni Esteri e Difesa della Camera riprendono la discussione sul Ddl che mira a modificare la legge n. 185/1990 sull’export di armi italiane», si legge in una nota diffusa oggi. «Una proposta che, tra le altre cose, intende cancellare ogni forma di trasparenza sulle banche che finanziano e traggono profitto dall’export di armi. Questo disegno di legge, di iniziativa governativa, ha già ottenuto l’approvazione del Senato e, se dovesse passare anche alla Camera, rappresenterebbe un clamoroso passo indietro. Un provvedimento in aperta contraddizione con l’impianto normativo che l’Europa sta costruendo da anni per garantire maggiore trasparenza nel settore finanziario».
«Le banche, attraverso i loro finanziamenti, determinano il tipo di economia e di società in cui viviamo: proprio per questo, il loro operato non può essere sottratto al dovere di trasparenza», prosegue la nota. «Inoltre, questa modifica legislativa appare in netto contrasto con il Trattato Onu del 2013 sul commercio di armi, sottoscritto dall’Italia. Durante l’iter in Senato, Banca Etica, insieme a una vasta rete di organizzazioni della società civile, ha chiesto più volte al governo di spiegare le ragioni di questa scelta, che si traduce in un’inaccettabile operazione di opacità. Perché sia chiaro: la legge 185/1990 non vieta l’export di armi italiane, ma impone che queste operazioni non coinvolgano Paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e che avvengano nel rispetto della trasparenza. Un principio essenziale, considerando gli enormi impatti umanitari, strategici e geopolitici dell’industria bellica, settore storicamente segnato da corruzione e illegalità diffusa. Finora, nessuna risposta plausibile è stata fornita».
«I cittadini e il Parlamento hanno il diritto di sapere a chi vengono vendute le armi italiane e quali banche utilizzano il denaro dei risparmiatori per finanziare questo business», si legge nel comunicato di Banca Etica. «Negli ultimi anni, in Italia e in Europa, consumatori e risparmiatori hanno mostrato un interesse crescente per scelte etiche e sostenibili. Vogliono conoscere l’impatto sociale e ambientale delle loro decisioni economiche. Senza trasparenza, questa consapevolezza viene negata arbitrariamente. Le stesse normative bancarie e societarie richiedono piena disclosure alle aziende; e allora, perché un passo indietro sulla trasparenza?».
NUmerose organizzazioni della società civile che compongono il tavolo dei soci di riferimento di Banca Etica, tra cui Arci, Agesci, Altromercato, Emmaus, Gruppo Abele, Libera, Manitese, Movi, Oxfam, hanno sottoscritto di recente una dichiarazione congiunta: «La proposta di modifica della legge 185/90 mette in discussione un importante risultato della società civile italiana: l’obbligo di trasparenza da parte delle banche rispetto al finanziamento alla produzione ed export di armi. Riteniamo grave questo passo indietro, una rinuncia a un diritto di informazione ottenuto dopo lunghi e importanti confronti e contrattazioni. Chiediamo al Parlamento di aprire un dibattito onesto e aperto. Ricordiamo che il mercato delle armi è uno dei più corrotti al mondo, e strumenti di controllo sono necessari per continuare a costruire una finanza che costruisce e sostiene la pace».
I soci di riferimento di Banca Etica sono 20 tra le principali associazioni della società civile italiana che hanno contribuito a far nascere Banca Etica 26 anni fa o che si sono unite successivamente, condividendo la scelta di utilizzare e far crescere una banca che esclude investimenti su armi e fonti fossili e sostiene esclusivamente progetti con impatti socio-ambientali positivi promossi da realtà del Terzo Settore e dell’economia sociale italiane.
«Ci auguriamo che la discussione alla Camera dia spazio a un confronto serio e approfondito», commenta la presidente di Banca Etica, Anna Fasano. «È fondamentale che il maggior numero di forze politiche si attivi per migliorare questa norma ed evitare di legittimare pratiche opache. Voglio essere chiara: la finanza etica rifiuta ogni finanziamento e investimento nel settore delle armi. Ma non ci aspettiamo che tutte le banche adottino questa politica, né chiediamo che sia imposta per legge. Quello che chiediamo oggi è semplicemente di non cancellare il principio di trasparenza e il diritto del Parlamento a un’informazione corretta. La legge 185/1990, pur indebolita nel tempo, garantisce ancora questo presidio fondamentale: smantellarlo sarebbe un grave errore».
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