Welfare

Exodus fa venticinque

Era il 25 marzo del 1984 quando prese il via il cammino di don Antonio Mazzi. «Ma niente celebrazioni, questo compleanno è uno stimolo a migliorare le nostre attività»

di Antonietta Nembri

Il Cenacolo di Leonardo: è questo il simbolo scelto da don Antonio Mazzi per spegnere simbolicamente le 25 candeline del compleanno della Fondazione Exodus. Era il 25 marzo del 1984 quando al Parco Lambro di Milano prese il via il cammino di don Mazzi per liberare i giovani dalla schiavitù della tossicodipendenza. A venticinque anni di distanza, nello stesso giorno, parte una nuova carovana, questa volta composta dai ragazzi e dai giovani che la Comunità ha sottratto alla dipendenza. Girerà per tutta Europa, in sella alle Mountain Bike donate a don Antonio da Ernesto Colnago, per portare in giro il messaggio positivo di una ritrovata vitalità.


Il primo gesto, oggi alle 11, è la celebrazione di una messa al Santuario di Santa Maria delle Grazie di Milano, la chiesa che ospita appunto l’Ultima Cena un’opera che sta molto a cuore a don Mazzi e alla sua comunità. «Non abbiamo voluto fare una festa perché volevo fosse una convocazione per gli amici» spiega don Antonio Mazzi che svela l’obiettivo di questo anno anniversario: «Cercheremo di migliorare tutte le nostre attività puntando soprattutto sugli adolescenti con il progetto “Sballo e cocaina” e potenzieremo l’Università della famiglia e le nostre attività come la musica e il teatro». Insomma, sintetizza il sacerdote «vogliamo celebrare poco e approfittare di questo anniversario per far fare un salto di qualità alla nostra azione».


Un salto di qualità che è imposto da come è cambiata la scietà. «La nostra prima partenza era per liberare i giovani del Parco Lambro dall’eroina. Oggi dobbiamo liberare i ragazzi dai capricci» ricorda. «Allora la droga era disgrazia e disagio, oggi per i ragazzi la cocaina è un divertimento. Non c’è più il complesso di colpa o il disagio che il tossicodipendente viveva. I giovani adesso con il sorriso più serafico fumano spinelli durante la settimana è il sabato serata tirano cocaina». Cambia il consumo e la tipologia dei tossicodipendenti. «È una situazione completamente diversa che va riletta ex novo» osserva don Mazzi. «Quindi il mio impegno è nel preparare nuovi operatori che curino più l’educazione della terapia. Venticinque anni fa la tossicodipendenza era vissuta come se fosse una malattia, era un segnale di irregolarità, mentre adesso abbiamo a che fare con ragazzi capricciosi che vivono in famiglie fragili, figli di una società senza regole». Gli operatori delle comunità devono diventare educatori «i giovani esigono dei testimoni forti, degli educatori che siano significativi per la loro vita e questo occorre molto  impegno perché occorre saper testimoniare e i ragazzi devono vedere e vivere qualcosa di diverso».

www.exodus.it


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