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EXCO2019, al via la prima fiera della cooperazione internazionale per lo sviluppo

La tre giorni si rivolge a tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, profit e non profit ed è aperta al pubblico al quale viene proposta da autorevoli personalità italiane, europee e internazionali una vastissima gamma di temi di importanza cruciale per il nostro futuro. Ma è al sistema delle imprese che è rivolta una particolare attenzione, insieme allo stimolo ad assumere maggiore protagonismo per lo sviluppo e la sostenibilità, a partire dal continente africano

di Nino Sergi

La cooperazione internazionale finalizzata allo sviluppo è la dimensione più rilevante e concreta della politica internazionale del nostro Paese e dell’insieme dell’Europa. Basata sullo sviluppo, umano e sostenibile, su rapporti di partenariato in una visione strategica di interesse reciproco, collaborazione paritetica e solidarietà, essa tende infatti ad unire, superare le disuguaglianze, includere, affrontare le insostenibilità della globalizzazione che crea ricchezza concentrandola in poche mani senza redistribuzione, con crescente marginalizzazione ed esclusione.


Non tutto e non sempre è stato irreprensibile, coerente, efficace ma la direzione è stata e continua ad essere giusta e va confermata e valorizzata. È il volto che l’Italia e l’Europa presentano cercando di costruire legami e unire. Lo fanno fedeli alla loro storia recente e al vissuto di democrazia, di tensione unitaria, di solidarietà che ha garantito pace duratura in un continente di continui conflitti e divisioni. Lo fanno opponendosi all’insostenibilità, adottando e promuovendo l’Agenda 2030 con i suoi obiettivi di sostenibilità globale, puntando a creare alleanze, a non escludere, a “non lasciare nessuno indietro”. È l’espressione di un’identità europea salda, convinta dei propri valori e della propria missione nel mondo. Identità che l’azione di cooperazione internazionale ha saputo promuovere.

È convinzione comune che lo sviluppo dell’impresa e l’iniziativa imprenditoriale sono indispensabili nell’azione di cooperazione per lo sviluppo, la cui efficacia complessiva dipende anche dal protagonismo imprenditoriale, consapevole di potere rispondere adeguatamente ad un bisogno vero; investendo, mettendoci del proprio, rischiando e traendo il giusto profitto dalla propria iniziativa. Questa convinzione, pur chiara, richiede qualche approfondimento e un’attenzione più precisa nel sistema della cooperazione internazionale in merito all’indispensabile approccio etico, al rispetto della persona e della sua dignità, della comunità, dell’ambiente.

Quando due anni fa Alpha Condé, allora presidente dell’Unione Africana affermava (anche se un po’ sbrigativamente) che “i problemi dell’Africa sono dovuti a ingerenze esterne” si riferiva in particolare all’influenza di soggetti non governativi transnazionali che hanno assunto rilevante peso nella vita degli Stati africani: di imprese, cioè, con bilanci talvolta superiori a quelli dei paesi in cui investono, che pretendono di non tenere conto delle esigenze di sostenibilità e priorità sociali, economiche e ambientali di tali paesi. Deforestazione, degrado del suolo, inquinamento, sfruttamento predatorio delle risorse, distruzione dell’ambiente, accaparramento di terreni agricoli, corruzione, migrazioni forzate, indifferenza verso le popolazioni e le culture sono effetti (forse crimini contro l’umanità) che in parte si riproducono tuttora nonostante la maturata sensibilità, l’attenzione mondiale e la reazione delle popolazioni.

La ricerca del massimo profitto è stata a lungo l’unico criterio perseguito, accompagnato da un errato esercizio della responsabilità sociale di impresa, gestita in modo puramente volontario, spesso pubblicizzata e sbandierata a copertura dei gravi danni provocati. Queste forme di “cooperazione” si basano anch’esse su rapporti concordati con i Governi; ma spesso in una situazione di potere contrattuale squilibrata e condizionante. Non è quella della “spoliazione” e dell’interesse unidirezionale la strada della cooperazione, né per le grandi imprese né per quelle di media o piccola dimensione.

La cooperazione di cui si parlerà in EXCO2019, dal 15 al 17 maggio, si inquadra infatti all’interno dell’Agenda 2030 con i suoi obiettivi di sviluppo umano, sostenibile, inclusivo e pone la partnership, la pari dignità e il reciproco beneficio alla base dei rapporti con i soggetti pubblici e privati e le comunità dei paesi in sviluppo.

L’Italia, l’Europa, la Comunità internazionale
La Legge 125/2014, Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo, riconosce “soggetti del sistema della cooperazione allo sviluppo italiana” non solo le amministrazioni e gli enti pubblici e le organizzazioni senza finalità di lucro della società civile ma anche, per la prima volta, i soggetti privati con finalità di lucro, riconoscendone la potenzialità di generare crescita e sviluppo nei paesi partner. Si tratta di un’innovazione importante in una normativa che “mira a promuovere relazioni solidali e paritarie tra i popoli fondate sui principi di interdipendenza e partenariato”, riconosce “la centralità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria” e persegue, tra gli altri, gli obiettivi fondamentali volti a sradicare la povertà e ridurre le disuguaglianze, migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, tutelare e affermare i diritti umani, la dignità dell’individuo, l’uguaglianza di genere, le pari opportunità e i principi di democrazia e dello Stato di diritto” (art.1).

Alla nuova Agenzia e alla Direzione generale del Maeci la legge ha affiancato la Cassa Depositi e Prestiti come istituzione finanziaria per la cooperazione allo sviluppo. Successive norme hanno rafforzato le possibilità di iniziativa e di azione di CDP, rendendola un soggetto chiave a livello italiano e nell’interlocuzione europea e internazionale per favorire gli investimenti del sistema delle imprese per lo sviluppo sostenibile. La cooperazione internazionale per lo sviluppo è ormai uno dei quattro pilastri fondamentali del piano industriale 2019-2021 di CDP.

La Commissione Europea, nella comunicazione “Un ruolo più incisivo del settore privato nella crescita inclusiva e sostenibile dei paesi in via di sviluppo” (2014), prevede che “le imprese private che beneficiano del sostegno [della Commissione] devono dimostrare di agire conformemente alle norme ambientali, sociali e fiscali, nel rispetto dei diritti umani e delle popolazioni indigene, del lavoro dignitoso, del buon governo societario e delle specifiche norme settoriali”. Concetti che sono riaffermati nel nuovo Consenso europeo in materia di sviluppo (2017). Il Piano europeo per gli investimenti esterni con il relativo Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile prevede nel prossimo bilancio UE 2021-2027 garanzie e sostegni pari a 10 miliardi per investimenti del settore privato e 32 miliardi per investimenti pubblici degli Stati. Si tratta di una rilevante apertura finanziaria per iniziative di sviluppo in Africa e nel Vicinato che farà da leva per investimenti di un valore complessivo prevedibile di 400-500 miliardi, finalizzati a supportare i paesi partner nei loro sforzi per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, promuovere investimenti privati, creare posti di lavoro dignitoso, attenuare i cambiamenti climatici, intervenire sulle cause degli esodi migratori e sostenere i paesi di accoglienza e transito.

Anche il Programma di Azione di Addis Abeba, adottato dall’Assemblea generale dell’ONU nel luglio 2015, invita ogni impresa “ad applicare la propria creatività e la propria volontà di innovare alla soluzione dei problemi di sviluppo sostenibile… a impegnarsi come partner nel processo di sviluppo, a investire in aree critiche per lo sviluppo sostenibile e a passare a modelli di produzione e consumo che siano sostenibili”.

Un’azione responsabile, etica, trasparente, sostenibile

La nuova disciplina italiana sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo pone quatto condizioni per la partecipazione dei soggetti con finalità di lucro alla realizzazione dei programmi e dei progetti: agire con modalità conformi ai principi della stessa legge; aderire agli standard comunemente adottati sulla responsabilità sociale e alle clausole ambientali; rispettare le norme sui diritti umani per gli investimenti internazionali; rispettare i principi di trasparenza e concorrenzialità(artt. 23,d e 27,1). Il business e il profitto – che deve esserci, trattandosi di impresa – devono sapersi intrecciare con le finalità dello sviluppo, umano, sostenibile, inclusivo, duraturo.

Pur di fronte all’accresciuta sensibilità delle imprese sulla propria responsabilità sociale e l’importanza della sostenibilità, la cooperazione internazionale allo sviluppo non può limitarsi alla semplice indicazione legislativa di aderire agli standard sulla responsabilità sociale e ambientale e del rispetto dei diritti umani e dei principi di trasparenza. Ai soggetti che partecipano alla cooperazione allo sviluppo ricevendo incentivi, sovvenzioni, crediti, garanzie da entità pubbliche dovrebbero essere richiesti impegni ed obblighi verificabili.

Ad avviso delle Ong di LINK 2007, che da anni sollecitano le istituzioni governative e parlamentari su questo tema, per la cooperazione internazionale dovrebbero essere prese a riferimento le Linee guida Ocse per le imprese multinazionali (2011)intese in senso complessivo, operanti all’estero, indipendentemente dalla loro dimensione e dalla tipologia degli investimenti – e la relativa Guida sul dovere di diligenza (due diligence) per la condotta di impresa responsabile (2018). Sono linee adottate e fatte proprie dai governi italiano e dei paesi membri del Dac, Comitato di Aiuto allo Sviluppo, che si sono impegnati a farle recepire dal mondo imprenditoriale.

Le Linee guida Ocse stabiliscono, in particolare, che le imprese producano e rendano pubblici: 1) un documento di policy che includa un impegno formale ad agire nel rispetto dei diritti umani e sociali, nella tutela dell’ambiente e in conformità agli standard internazionali e alle leggi del paese; 2) un sistema di trasparenti processi interni che garantiscano che l’impresa li rispetti effettivamente; 3) precisi meccanismi di rimedio ai danni eventualmente causati alle persone, all’ambiente, alle comunità.

È a questi adempimenti che dovrebbe essere condizionata ogni iniziativa di cooperazione internazionale, accompagnati da verifiche che ne dimostrino l’effettiva attuazione o le eventuali difficoltà che l’hanno impedita. Le Linee guida Ocse hanno tracciato la via da seguire per un business vero e al tempo stesso virtuoso, inclusivo e sostenibile. Non poche sono le imprese italiane che già stanno andando in questa direzione ed è stato istituito presso il Mise il focal point nazionale per la loro diffusione e applicazione. Il cammino per le istituzioni della cooperazione internazionale è quindi già tracciato. Le istituzioni della cooperazione italiana ed europea, presenti ai massimi livelli ad EXCO2019, dovrebbero rendere vincolanti tali criteri di trasparenza e sostenibilità in ogni iniziativa che preveda il sostegno pubblico.

Un approccio integrale
Recependo la direttiva europea 95/2014, anche in Italia dal 2017 un’ampia gamma di imprese hanno l’obbligo di redigere una dichiarazione individuale di carattere non finanziario (DLgs 254/2016) contenente informazioni riguardanti l’impatto ambientale, sociale e lavorativo della gestione dell’impresa (ovunque operante), gli strumenti adottati per prevenire le discriminazioni e combattere ogni forma di corruzione, la metodologia e gli standard di rendicontazione adottati.

Lo stesso Governo, con le disposizioni della legge di bilancio 163/2016, ha stabilito che il DEF, documento di economia e finanza, deve contenere un allegato in cui sono riportati: a) l’andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile (Bes), appositamente individuati per valutare l’impatto delle decisioni pubbliche sulla qualità della vita dei cittadini e le previsioni della loro evoluzione sulla base dei provvedimenti di politica economica che il Governo intende adottare. Viene così integrata la dimensione economico-finanziaria con quella sociale, ambientale e più in generale della qualità della vita. Il Rapporto Bes è predisposto annualmente dall’ISTAT.

Si tratta di decisioni che vanno nella direzione di un approccio sempre più integrale sui fenomeni economici e finanziari che riguardano sia l’iniziativa pubblica che quella privata. La cooperazione internazionale allo sviluppo è da sempre su questa linea, con uno sforzo di coerenza continuo, difficile da garantire, data la parcellizzazione italiana delle decisioni politiche ma da perseguire con costanza e perseveranza e da rafforzare. L’adozione formale e vincolante dei punti chiave delle Linee guida Ocse per le imprese che investono nei paesi in sviluppo rappresenterebbe un rilevante atto di maggiore trasparenza ed un efficace strumento per una cooperazione internazionale di qualità. Calibrabili in base alle differenti realtà imprenditoriali, esse faciliterebbero la valutazione dell’impatto sociale e ambientale delle attività realizzate e rafforzerebbero il dialogo e la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti, in un’azione di sistema basata sugli stessi principi.


*Nino Sergi è presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007

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