Famiglia
Evviva, la razza non c’è più
Nuove etnie. Sorprese di fine millennio. Il mondo che cambia è a colori
Avete presente Tiger Woods, il giovane golfista che ha affascinato l?America diventando un campione miliardario a soli ventuno anni? Bene, dimenticatelo, perché secondo il governo americano lui non esiste. Infatti Tiger, erroneamente etichettato come un fenomeno nero, ha solo una parte di sangue afroamericano, e possiede anche un ottavo di sangue Cherokee, un quarto bianco, un quarto cinese e un quarto thailandese. Ma il Census Bureau, l?ufficio di Washington che fa il censimento della popolazione, riconosce solo sei categorie ed esclude i multirazziali o meticci. Ergo, Woods non esiste.
La questione è seria e significativa, anche se il governo americano non è interamente responsabile per questa mancanza di sensibilità. Gli Stati Uniti, infatti, sono certamente il Paese più multiculturale e multirazziale al mondo, e un censimento che tenesse conto di tutte le sfumature risulterebbe inutile, perché troppo frammentato.
Il numero dei ?multiracial? però sta aumentando, e quindi il Census Bureau si è correttamente posto il problema di come dare loro rappresentazione, conducendo una ricerca in vista del censimento che avverrà nell?anno duemila. Secondo i dati raccolti, nel 1990 in tutto il territorio degli Stati Uniti c?erano un milione e mezzo di coppie multirazziali, fra cui i genitori di Tiger Woods, cioè il nero Earl e la thailandese Kultida, ma anche quelli dell?attore Keanu Reeves, della pop star Mariah Carey o del nuovo arcivescovo di Denver Charles Chaput, che ha un ottavo di sangue indiano della tribù dei Potawapomi. Nel 1970 i bambini multirazziali erano meno di 500 mila, ma nel 1990 sono diventati 2 milioni, a conferma di una tendenza in crescita per il forte aumento dei matrimoni misti.
Al momento, però, il Census Bureau riconosce solo 4 gruppi razziali: bianchi, neri, asiatici o provenienti dalle regioni del Pacifico, e indiani americani o nativi dell?Alaska; più due categorie etniche speciali, cioè Ispanici o non Ispanici. Infatti questi ultimi, provenienti in genere dall?America Latina, possono essere bianchi, neri o anche meticci, ma devono essere distinti dagli altri membri della loro stessa razza, perché la provenienza ispanica è importante per partecipare ai programmi di assistenza.
I multirazziali, invece, non hanno una categoria tutta loro, e continueranno a non averla. La ricerca pubblicata dal Census Bureau giunge alla conclusione che per il momento non è il caso di inserirli ufficialmente nell?elenco. Lo studio, infatti, consentiva ai cittadini dei 6 gruppi principali di indicare se volevano essere qualificati anche con un?altra definizione, e solo l?8% dei bianchi, il 14% dei neri, il 22% degli indiani americani o provenienti dall?Alaska, il 25% degli ispanici e il 31% degli asiatici ha risposto in modo positivo.
Nella sostanza, i meticci si trovano soprattutto fra gli asiatici, gli originari del Pacifico e gli ispanici, ma comunque non in percentuali tali da giustificare già un adeguamento.
Risolto il problema tecnico del Census Bureau, la questione resta invece apertissima per le sue implicazioni sociali, che sembrano destinate a crescere nel prossimo futuro, quando anche gli ufficiali del censimento dovranno probabilmente rivedere il loro parere. Fino ad oggi, infatti, l?America è stata una nazione multirazziale, dove però i vari gruppi etnici si mischiavano poco. Il multiculturalismo, molto discusso a livello accademico da personaggi come Arthur Schlesinger e Nathan Glazer, soprattutto per le recenti concessioni fatte nei programmi agli afroamericani, era caratterizzato dalla presenza nello stesso territorio di diverse culture, ma non dalla vera mescolanza rappresentata dall?immagine del melting pot.
Negli ultimi tempi, però, le cose hanno cominciato a cambiare, e i dati del Census Bureau lo dimostrano. Due milioni di bambini meticci che cresceranno, nel giro di una generazione raddoppieranno le coppie multirazziali, perché con chiunque si uniranno non potranno mai dare un?indicazione sola. Questo sviluppo può avere un importante impatto sul tessuto sociale americano, spesso ancora dilaniato dai conflitti razziali.
Tiger Woods, ad esempio, è stato subito vittima di un incidente col collega golfista Fuzzy Zoeller, finito sui giornali per averlo apostrofato come ragazzino negro. Lo scontro si è risolto con le scuse di Zoeller, tuttavia il giovane campione, chiarendo le sue origini e pretendendo rispetto, non ha fatto solo un servizio a se stesso, ma anche a un Paese che forse grazie a lui ha imparato a comprendere meglio la propria diversità. Qualcuno si è anche lamentato del fatto che Tiger sottolinei di non essere solo afro americano, ma intanto il ragazzo ha messo a disposizione più di 500 mila dollari per creare la Tiger Woods Foundation, un?organizzazione non profit che favorisce l?accesso al golf dei ragazzi dei ghetti urbani. Fatti utili più di ogni polemica, per risolvere i problemi. Un approccio attivo come quello dell?arcivescovo di Denver Chaput, che ha sangue indiano e francese, e per anni si è dedicato all?assistenza degli ispanici, chiarendo come la differenza di razza negli Stati Uniti stia diventando qualcosa che non esiste solo fra i diversi individui, ma anche all?interno delle singole persone. In questa situazione le tensioni dovrebbero attenuarsi, a meno che ogni americano meticcio non rinneghi una parte del proprio sangue, e decida di combattere una schizofrenica guerra interiore fra le razze di cui è frutto.
In realtà il fenomeno sta prendendo una visibilità finora sconosciuta, quindi è difficile giudicarlo. Però in prospettiva potrebbe diventare una tendenza da studiare in tutti i Paesi che il mondo globalizzato obbliga a confrontarsi con flussi di immigrazione mai sperimentati fino a pochi anni fa.
L’opinione di Denny Mendez
Multietnico è bello
Ciao, sono Denny Mendez, la prima Miss Italia di colore. E forse anche l’ultima, dato che il nuovo regolamento del Concorso prevede che la candidata abbia un genitore italiano. In realtà, quindi, potrebbe esserci un?altra Miss nera, ma io non sono d’accordo con questo cambiamento: è un passo indietro dopo che la mia elezione aveva aperto una nuova via. Si rischia infatti di tagliare fuori persone che vivono in Italia, hanno la cittadinanza e sono a tutti gli effetti italiane. Peccato. Avevo l’impressione che l’Italia si avviasse verso una realtà multirazziale. Questa decisione non è frutto del razzismo, però è uno stop a un processo a cui sono contenta di aver contribuito. Io mi sento sia domenicana che italiana: le mie origini sono radicate nel mio modo di essere, ma ho passato la mia adolescenza in Italia, dunque alcuni aspetti del mio carattere si sono formati qui. Questa duplicità di cultura è un valore sia per me che per gli altri. Spero che il futuro non vedrà più le razze divise, ma sarà un crogiuolo di etnie. E spero che questo sviluppo significhi la fine del razzismo, anche se non sono certa che l’odio razziale potrà essere sconfitto in ogni angolo della Terra.
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