Cultura

Evviva il naturale, ma solo se nostrano

"L’agricoltura italiana deve uscire dal tunnel dell’intensivo, nemico della qualità. Il bio è una delle chiavi del rilancio. Ma legato al territorio". Intervista a Franco Pasquali.

di Ida Cappiello

Franco Pasquali, il segretario generale di Coldiretti, somiglia più a un top manager di una multinazionale che a un rappresentante della cosiddetta civiltà contadina: il folclore della fattoria non gli piace proprio. E forse è giusto così, perché l?agricoltura non ha bisogno di miti, ma di strategie. Secondo la più grande organizzazione italiana di agricoltori, il biologico è infatti uno degli elementi forti di un nuovo modello di sviluppo, non più solo produttivo, ma territoriale e ambientale. L?unico in grado di promettere un futuro alla nostra agricoltura nel mercato globale. Vita: Voi della Coldiretti dite di avere un?idea precisa dell?agricoltura di domani. Quale? Franco Pasquali: Bisogna voltare pagina. Rompere con un passato nel quale l?agricoltura è cresciuta secondo un modello produttivista, direi quasi fordista, simile a quello della grande industria: si sfrutta al massimo la terra per ottenere il più possibile, in fretta. I prodotti agricoli non a caso sono definiti ?commodities?, materie prime grezze, povere. Questo concetto non funziona più, e in Italia ancora meno, visto che abbiamo un territorio non adatto alle produzioni di massa. Vita: Che cosa deve diventare allora il prodotto agricolo? Pasquali: Un prodotto evoluto, che incorpora una serie di valori e si vende come tale. Gli alimenti tipici di un certo territorio sono l?esempio più noto, ma parlo anche di servizi innovativi come la tutela e la cura dei parchi naturali, il recupero di specie vegetali e animali abbandonate, l?agriturismo montano. L?agricoltura deve diventare insomma uno strumento di protezione dell?ambiente e di salvaguardia della nostra ricchezza naturale e culturale: anche il Piano d?azione europeo va in questa direzione, e gli incentivi nazionali dovranno adeguarsi, diventando molto più sofisticati. Vita: Come si inserisce il biologico nella vostra proposta di rilancio dell?agricoltura italiana? Pasquali: Certamente è uno degli elementi qualificanti, un comparto che può trarre da questa nuova concezione dell?agricoltura una grande opportunità di superare la crisi e riprendere a crescere. Vita: In che senso? Pasquali: Superando la definizione troppo riduttiva di prodotto senza chimica e legandosi al territorio, alla cultura locale. Questo è il senso della proposta che ha avanzato la Coldiretti di un marchio nazionale per il biologico: pensiamo che il consumatore abbia il diritto di sapere da dove viene il prodotto, sia fresco che trasformato. Perché la storia di un alimento conta, e per l?Italia in particolare è un modo di valorizzare una tradizione gastronomica di eccellenza. Escludendo, è ovvio, nel modo più assoluto gli alimenti geneticamente modificati. Vita: È d?accordo sulla necessità di essere più uniti per superare questo difficile momento? Pasquali: La rappresentanza unica a livello politico secondo me è un falso problema, perché le posizioni sono troppo diverse. Invece ci vorrebbero nuove alleanze a livello commerciale, per essere più forti rispetto alla distribuzione e riuscire a comunicare con i consumatori in modo efficace. Spiegando, per esempio, che la scelta naturale non difende solo la salute del singolo, ma protegge anche l?ambiente, il benessere degli animali, le comunità dei piccoli paesi. In una parola, i valori.


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