Cultura

Evviva il lupo

di Lorenzo Maria Alvaro


È finito XFactor e come spesso accade parlare di musica è sempre complicato. Quindi non ci proverò neanche. Ma c’è una cosa che, come un tarlo, mi sta accompagnando dall’inizio del talent. Ogni qual volta (molte se si considera i pochi minuti che ho dedicato al programma) qualcuno faceva a concorrenti o ospiti il più classico degli “In bocca al lupo” la risposta è stata invariabilmente Evviva il lupo. Quando ieri sera anche Giusy Ferreri, nel post esibizione, ha risposto ad Alessandro Cattelan con l’ennesimo “Evviva” ho deciso che la cosa andava approfondita.

Mio padre era calabarese e una volta mi menò per aver appoggiato un cappello sul letto. Significava “morte in casa”. Non sono mai stato scaramantico, però questa palese distorsione linguistica mi infastidisce. Una reazione simile a quella dei pescatori cui si augura maldestramente “buona fortuna” o a quelli che passano sotto le scale. Non ci credi ma ti irrita la noncuranza.

Nonostante le mie vane speranze ho scoperto che si tratta, naturlamente, dell’ennesimo stupro della lingua italiana operato dal politicamente corretto e dall’ambientalismo militante.

La “nuova” dizione infatti è frutto di una bufala clamorosa. Non sono riuscito a capire da dove sia partita la moratoria sul “Crepi” ma notizie del tenore di questa del Mattino si trovano un po’ dappertutto in rete.

La storiella sarebbe che “in bocca al lupo” non sarebbe da intendere in accezione negativa ma positiva: i lupi infatti portano i propri cuccioli in bocca.

Senza indugiare in commenti mi limito a riportare quello che ne scrive l’Accademia della Crusca (qui)

Che in particolare scrive: «Il lupo appare nella tradizione antica e medioevale come il pericolo in persona: animale crudele, falso e insaziabile nella sua voracità egli seminò la morte e il terrore tra abitanti indifesi, pastori e cacciatori». E che «la risposta Crepi (il lupo)!, a partire dall'uso iniziale proprio al gergo dei cacciatori vi si opera un'estensione pragmatica all'insieme di situazioni in cui alla lingua viene attribuito il potere magico di scongiurare la mala sorte. Un significato performativo analogo si ritrova in varie altre espressioni con il verbo crepare, tra cui Crepi l'avarizia!, Crepi l'astrologo!, anch'esso usato per scongiurare un cattivo presagio».

Si potrebbero citare le favole, Esopo, La Fontaine, Cappuccetto Rosso, San Francesco e Gubbio. Si potrebbe fare insomma anche un discorso culturale. Si potrebbe ma sarebbe tempo perso.

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