Nonostante la gravità e il perdurare della crisi economica, la grande maggioranza degli europei restano convinti della necessità di aiutare i Paesi poveri. A rivelarlo sono i dati dell’ultimo Eurobarometro recentemente pubblicato in occasione dell’apertura dell’Anno Europeo per lo Sviluppo che confermano come ben l’85% degli europei condivide questa opinione. Anche le motivazioni addotte per una cos’ rilevante e, forse, inattesa affermazione sono alquanto interessanti: aiutare i paesi poveri è nell’interesse dell’Europa, contribuisce a costruire un mondo pacifico ed equo, ha influenza positiva sui cittadini del vecchio continente sono i convincimenti rispettivamente del 78, del 74 e del 69% dei cittadini comunitari. Per la maggioranza di essi, gli aiuti forniti dovrebbero essere incrementati sino ai livelli degli impegni internazionali sottoscritti (52%), impegni che per il 15% dovrebbero essere addirittura oltrepassati facendo registrare un incremento di 6 punti percentuali rispetto allo scorso anno tornando ai livelli registrati nel 2010.
Nonostante solo il 12% degli europei sia a conoscenza della decisione di dedicare il 2015 alle tematiche dello sviluppo, quindi, anche in questa fase di crisi economica resta indiscutibile l’indicazione offerta alla politica europea e degli Stati membri della UE in merito alla destinazione delle risorse pubbliche dei rispettivi bilanci. E sebbene il 55% dichiari di non conoscere l’esatta destinazione delle risorse attualmente devolute alla cooperazione allo sviluppo dalla UE e il 46% di avere uguale disinformazione rispetto a quelle nazionali, la fiducia nell’efficacia degli aiuti resta altissima. A partire da quella riposta nel volontariato (75%) quale strumento per la lotta alla povertà nel mondo, ma anche nei governi (66%) e nelle organizzazioni che trasferiscono risorse economiche nei Paesi poveri (63%).
Questi dati confortanti che relegano particolarismi e miopie ancora oggi evocati da alcune forze politiche e da una minoranza di cittadini, non possono altresì essere valutati senza considerare anche alcune ombre rilevate dallo stesso sondaggio, in particolare per quanto riguarda il nostro Paese. Pur nel generale allineamento ai dati europei per ciò che riguarda la priorità che il nostro Governo dovrebbe assegnare ad adeguati stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo, come ad esempio risulta dalla percentuale di italiani che vorrebbero più fondi stanziati (55%) a fronte di una minoranza che li vorrebbe ridotti (21%), quasi un italiano su due (43%) pensa di poter fare qualcosa a livello individuale, e solo un bassissimo 5% dei nostri concittadini si dice personalmente impegnato in attività in favore dei Sud del mondo, il 17% dichiara di aver fatto una o più donazioni per attività di solidarietà internazionale, mentre ben il 75% dichiara di essere del tutto estraneo a qualsiasi tipo di coinvolgimento. Insomma, visto che il 73% degli italiani ritiene il volontariato come uno strumento alquanto efficace per sconfiggere la povertà nel mondo, sembra che questa convinzione risieda in un atteggiamento di delega verso “altri” nella sua concretizzazione.
C’è di che lavorarci sopra per le ONG, per le centinaia di associazioni impegnate nella solidarietà internazionale, ma soprattutto ci dovrebbe essere una seria riflessione nelle stanze del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione alla luce degli ultimi provvedimenti inclusi nella nuova Legge sulla cooperazione allo sviluppo, ad esempio per quanto riguarda il sostegno offerto al volontariato, e dello stallo a livelli infimi degli stanziamenti previsti con la legge di stabilità 2015 in materia di cooperazione internazionale e di finanziamento alle ONG.
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