Politica

Europa, siamo alla paralisi politica?

Il 23 luglio a Bruxelles la Conferenza intergovernativa. Cosa accadrà dopo? Ci sarà un'effettiva mobilitazione della società civile? In edicola con VITA Magazine fino a giovedì!

di Luca Jahier

Come può l’Europa pensare di condizionare gli aiuti all’Africa al rispetto dei diritti umani quando non riesce a strappare un comune impegno su quei diritti neppure ai suoi Stati membri? L’accordo raggiunto a fine giugno dal Consiglio europeo di Bruxelles per sostituire la Costituzione europea bocciata nel 2005 è una mediazione al ribasso di altre mediazioni al ribasso sul ruolo politico dell’Unione europea e delle sue parti sociali. E questo non solo perché il Regno Unito, tramite la formula dell’opt out, si è chiamato fuori dal rispetto della Carta dei diritti dell’uomo.

A metà giugno, un sondaggio dell’Eurobarometro dava il 65% degli europei a favore di una costituzione comune con punte del 70% in Polonia. Il 23 del mese, ultimo giorno del summit, il governo polacco ha ottenuto di rimandare dal 2009 al 2017 l’entrata in vigore del sistema di voto a doppia maggioranza in base al quale le decisioni sono adottate dal Consiglio se c’è il sì del 55% degli Stati membri e del 65% della popolazione complessiva.

La società civile può permettersi un’Europa che non decide, soprattutto su questioni come l’ambiente e lo sviluppo sostenibile che il Consiglio ha inserito fra le sue priorità? La risposta è semplice: no. Siamo di fronte a un esecutivo che non rispetta il volere dei suoi cittadini e ad una società civile paralizzata che non ha avuto il coraggio di dire ciò che pensa: chi non crede nell’Europa, può anche uscirne. Un atteggiamento molto rischioso perché i limiti della soluzione adottata a Bruxelles in realtà aprono un vasto spazio d’azione per le parti sociali.

Il Consiglio non ha confermato il primato del diritto europeo sul diritto nazionale e, di fatto, è tornato ad una logica di negoziati bilaterali tra Stati sovrani indebolendo Commissione e Parlamento europeo. Un vuoto di potere di cui la società civile dovrebbe approfittare lavorando alla creazione di corpi intermedi europei capaci di orientare le politiche governative come le mutue francesi, il Forum del terzo settore e l’Ncvo – National Council for Voluntary Organization inglese stanno facendo a livello nazionale.

Le possibilità di riuscita dipendono dalla trasversalità e dall’ampiezza degli interessi che la società civile vorrà difendere: tra le novità del nuovo Trattato c’è un protocollo sui servizi pubblici che sottolinea l’importanza dei servizi di interesse generale: il non profit si mobiliterà su questi temi in senso politico o solo in un’ottica verticale di settore, per ottenere più finanziamenti? Una cosa è proporre nuove e concrete soluzioni di welfare mix, disposti a dialogare con le altre parti in campo, e un’altra, legittima ma riduttiva, è difendere interessi di categoria come quelli delle cooperative attualmente sotto attacco della Commissione. [..]

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