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Europa, Calderini: «L’Omnibus? Isteria politica che apre una crepa nell’identità comunitaria»

Uno dei massimi esperti internazionali di impatto, Mario Calderini, analizza per "I podcast di ProdurreBene" il recente provvedimento della Commissione europea che propone una semplificazione delle direttive sulla rendicontazione sociale e i suoi criteri, sulla diligenza dovuta e sulla tassonomia verde, di fatto svuotandole. Secondo lo studioso, il provvedimento introduce un vulnus culturale e cioè che la competitività sia nemica della sostenibilità. Ascolta l'episodio

di Giampaolo Cerri

Competitività nemica della sostenibilità? Il messaggio che arriva dall’Omnibus proposto dalla Commissione europea, per semplificare le varie direttive in tema di rendicontazione di impatto, di diligenza dovuta, di tassonomia verde, sembra partire da questo assioma, citando a man bassa il Rapporto Draghi.

Ne abbiamo parlato col professor Mario Calderini, ordinario del Politecnico di Milano, fondatore e direttore di Tiresia, centro ricerca sull’impatto per un nuovo episodio de I podcast di ProdurreBene, che potete ascoltare sotto.

E i 40mila miliardi investiti secondo i criteri Esg?

«Sì quest’ultimo, secondo me, è l’aspetto più preoccupante di questa storia», ha risposto Calderini, «anche più triste, mi viene da dire. Perché ovviamente se ci sono cose inefficienti e complesse senza ragione, bene semplificarle. Questo è senso comune. Però ci sono degli effetti diretti di questa semplificazione che a me non sembrano particolarmente virtuosi e per tante ragioni. Ricordiamoci che comunque nel mondo, in questo momento, circa 40mila miliardi di dollari di investimenti finanziari, i quali viaggiano attratti dalle performance di sostenibilità delle imprese. Credo che avremmo tutti l’interesse che queste performance siano rendicontate misurate, raccontate, in maniera vera, aderente alla reale capacità delle imprese di essere sostenibili. Nessuno, credo, sarebbe contento di avere 40mila miliardi di dollari indirizzate su dei numeri a caso».

Secondo Calderini «è evidente che la semplificazione proposta nel decreto Omnibus, introduce, non solo l’arretramento del perimetro di chi deve fare questa reportistica, ma anche una semplificazione consistente degli standard Esrs, cioè della qualità della reportistica di chi è ancora tenuto a farlo. Non migliora la completezza informativa dentro cui vengono prese decisioni di investimento. Questo è un aspetto piuttosto preoccupante».

«Preoccupante la reazione degli operatori»

Non solo, secondo lo studioso «è preoccupante anche il fatto che questo sia stato colto dai mercati, dalle imprese, dagli operatori finanziari, come una specie di “liberi tutti”: “Finalmente ci siamo liberati di questa cosa”. È anche molto preoccupante in termini di lettura del quadro psicologico, o forse psichiatrico, della Commissione Europea e dei corpi intermedi che hanno trovato nella complessità il nemico perfetto e la spiegazione di tutte le inefficienze e poche competitività della Commissione Europea. Abbiamo capito, cioè, che il problema era che c’erano troppi “lacci-lacciuoli”, adesso che ce ne liberiamo saremo di nuovo straordinariamente competitivi».

«E invece?», gli abbiamo chiesto. «Credo che presto», ha sottolineato Calderini, «avremo un bagno di realtà terribile. Ma al di là di tutti questi aspetti che sono rilevanti, Io credo che sia il vulnus culturale, la crepa culturale, che apre questo decreto – che, sono d’accordo con lei, è totalmente in continuità, purtroppo, con il Rapporto Draghi –  è di aver messo in conflitto, di aver posto un trade off, una scelta secca, tra competitività e sostenibilità, che peraltro è una ritrattazione completa dell’impostazione politica decennale e che sostanzialmente ci fa tornare a quel mondo in cui o sei sostenibile o fai del bene o fai dell’impatto positivo oppure sei competitivo».

Ascolta l’episodio.

La foto di apertura è di AP Photo/Mindaugas Kulbis/LaPresse.

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