Formazione

Europa: allarme armi

Amnesty e Campagna Italiana sulle Armi Leggere lanciano l'allarme sulle pericolose evoluzioni in Europa sugli accordi che regolamenteranno il mercato delle armi

di Redazione

In Italia, il 6 novembre 2000 la Camera dei Deputati ha ratificato in via definitiva la convenzione tra i Governi italiano, francese, tedesco e britannico sull’istituzione dell’Organizzazione Congiunta per la Cooperazione in materia di Armamenti (OCCAR), un accordo che era stato firmato e presentato all’air show di Farnborough il 9 settembre 1998. Il DDL 4503 è stato presentato dal Ministro degli Affari Esteri di concerto con i Ministri dell’Interno, della Giustizia, delle Finanze, del Tesoro, della Difesa, dell’Industria e delle Politiche Comunitarie.

L’Organizzazione congiunta è stata istituita con l’obiettivo di pervenire ad una comune politica in tema di approvvigionamento degli armenti, nell’ottica della realizzazione di un’Agenzia europea per gli armamenti. L’Organizzazione si propone di coordinare a livello europeo le politiche relative al settore della difesa per permettere di ridurre i costi della ricerca e dell’approvvigionamento di armamenti, di migliorare la competitività dell’industria militare europea (in particolare nei confronti dei grandi colossi statunitensi), di coordinare e promuovere attività congiunte per migliorare l’efficacia della gestione dei progetti di cooperazione in termini di costo, tempi e prestazioni, di promuovere i contatti tra le imprese. Se sono chiari i motivi economici che hanno portato Francia, Germania, Italia e Regno Unito a sottoscrivere questo accordo, meno chiari sono i meccanismi decisionali che regoleranno le future esportazioni di armamenti dall’Europa e relative conseguenze. Quali le preoccupazioni? Viene meno, in particolare, ogni garanzia a difesa delle leggi italiane sui trasferimenti di armamenti tra gli Stati, in particolare la legge 185/90. Sottolineiamo ancora una volta che, tra i quattro stati firmatari, l’Italia possiede al momento le leggi migliori nello stabilire da un lato un controllo efficace del Parlamento, dall’altro il divieto di commerciare con Paesi in guerra, che non rispettino i diritti umani e che non offrano sufficienti garanzie sulla capacità di prevenire triangolazioni. La ratifica di questo accordo internazionale trasferisce ad un organismo diverso dal Parlamento nazionale il controllo sulla gestione dello scambio internazionale di armamenti. La direzione da seguire è invece quella opposta: chiedere agli altri Stati europei l’adozione di criteri rigorosi nello scambio e nel controllo degli armamenti, nell’ottica della stabilità internazionale e del rispetto dei diritti umani. Un altro elemento allarmante è costituito dal fatto che all’Organizzazione sarà attribuita la personalità giuridica che le permette di avere capacità negoziale propria (stipula di contratti, assunzione di personale, conduzione di attività negoziali in genere). Il testo dell’accordo non prevede alcun criterio etico nella scelta dei Paesi, organizzazioni ed istituzioni con i quali l’OCCAR intende concludere contratti, acquisire e cedere tecnologia, fornitura e struttura militari. La legge di ratifica intende svuotare di ogni contenuto non solo la legge 185/90, ma anche i timidi tentativi posti in essere con il Codice di Condotta europeo del 1998 per dotare i Paesi dell’Unione Europea di criteri guida omogenei nelle relazioni commerciali con Paesi terzi nel commercio di armamenti, nell’assistenza militare e nella cooperazione per la ricerca tecnologica. Per quanto riguarda la possibilità di avviare procedimenti legali, è da considerarsi che la posizione contrattuale dell’OCCAR sarebbe al riparo di un accordo internazionale ratificato dai Parlamenti nazionali, e sarebbe quindi in grado di prevalere in sede giudiziaria nei confronti di provvedimenti e scelte di livello nazionale, che dipendano anche da ragioni etiche, che vadano contro gli interessi dell’OCCAR. Amnesty, International e la Campagna Italiana sulle Armi Leggere si chiedono poi quali meccanismi di trasparenza consentiranno il controllo da parte dei parlamenti nazionali. Secondo l’articolo 5 della convenzione sono previste relazioni annuali sull’andamento di ogni singolo programma. A chi verranno presentate tali relazioni? E saranno comunicate ai parlamenti “a giochi fatti” (come già succede in Italia con la relazione Annuale del Presidente del Consiglio che riferisce al Parlamento solo delle autorizzazioni concesse nell’anno precedente)? Le relazioni annuali, inoltre, riguarderanno i progetti (probabilmente di ricerca), non le altre attività e le trattative dell’OCCAR.

Già dal 1998 stiamo assistendo alla continua sottrazione dei programmi di coproduzione militare dalla Relazione annuale che il Presidente del Consiglio presenta al Parlamento in base all’art. 5 della legge 185/90 (come l’importante programma Eurofighter e quello dell’elicottero NH90). Le relazioni presentate negli ultimi anni presentano gravi lacune su questo versante e con questo accordo si continua ad andare verso la pericolosa direzione dell’eliminazione dall’informazione al Parlamento dei programmi di coproduzione militare più importanti, economicamente e strategicamente, in cui sono coinvolte le industrie italiane di armamenti. Le coproduzioni in ambito europeo coprono già il 50% delle esportazioni italiane, senza che alcun controllo possa essere esercitato dal Parlamento e da organismi di controllo indipendenti.
In questa direzione di successivi snellimenti procedurali e liberalizzazione degli scambi in ambito europeo va anche la recente Lettera di Intenti (LOI), che presto potrebbe essere ratificata dal Parlamento italiano, e che minerebbe definitivamente qualsiasi possibilità di controllo democratico sulle esportazioni di armamenti.

  • Aderisci alla campagna “Contro i mercanti di morte
  • Nessuno ti regala niente, noi sì

    Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.