Politica
Euro sull’orlo di una crisi di nervi
Il voto francese e l'Olanda scatenano la paura in Borsa
Le Borse europee sono talmente nervose che risentono immediatamente di ogni segnale politico che possa creare incertezza, e il voto francese, in questo senso, è sicuramente destabilizzante rispetto all’asse franco-tedesco sull’Euro. Giornata nerissima ieri, ed ecco come i giornali raccontano l’intreccio fra politica e finanza.
“Le paure europee affossano le Borse”: mette insieme Francia e Olanda il CORRIERE DELLA SERA nel titolo di apertura. Federico Fubini a pagina 3 prova ad analizzare gli scenari politico-economici europei visti dal Fondo Monetario Internazionale: “Tutti nell’istituzione di Washington pensano che l’Europa debba dare più tempo ai Paesi in difficoltà per risanare il bilancio, che la Bce debba aiutare di più e che la Spagna debba chiedere al fondo salvataggi europeo di ricapitalizzare le sue banche. È su questo sfondo di tensione e accuse che Draghi ha preso la parole nei due incontri a porte chiuse dei giorni scorsi. Rivolto a Lagarde, il presidente della Bce ha dato una lettura opposta della nuova ondata di vendite che colpisce i titoli di Madrid e di Roma. Secondo Draghi, il nuovo acuirsi della crisi non è il frutto di un eccesso di austerità che produce recessione e dunque peggiora i saldi di bilancio; al contrario, ha detto il banchiere centrale italiano, il problema è che con il calo degli spread degli ultimi tre mesi è tornata ad allentarsi la disciplina delle riforme nei Paesi più vulnerabili”. Giuliana Ferraino a pagina 2 prova a spiegare la crisi di Borsa di ieri: “In Francia l’exploit di Marine Le Pen potrebbe portare Hollande e Sarkozy su posizioni più estreme per conquistare al ballottaggio i voti di un Fronte nazionale dichiaratamente contro l’euro. Il favorito Hollande ha già promesso che rinegozierà il Trattato Ue per aggiungere la parte che manca sulla crescita, mentre il presidente uscente potrebbe abbandonare l’asse con Berlino, che ha messo al centro dell’Europa il rigore e disciplina di bilancio. Ma un attacco contro la politica di austerità è venuto anche dai Paesi Bassi, dove il premier Mark Rutte si è dimesso perché l’alleato di estrema destra, Geert Wilders, ha fatto mancare all’esecutivo il sostegno sulle misure per far rientrare il deficit olandese. Un altro segnale negativo per il risanamento dei conti pubblici europei. E subito si è diffusa la voce che anche l’Olanda ora potrebbe perdere la tripla A, lasciando al Germania sempre più sola. Inevitabile il contraccolpo sul mercato del reddito fisso, con una fuga degli investitori verso i titoli di Stato tedeschi, considerati l’ultimo baluardo per salvare il capitale in questa crisi infinita dei debiti sovrani”.
“Effetto Francia, giù le Borse”: anche LA REPUBBLICA spiega con il voto francese il su e giù della finanza. I servizi all’interno: “Parigi e Amsterdam affondano le Borse bruciati 160 miliardi, Milano -3,8%”. Il copione è quello di sempre, spiega Andrea Greco: incertezza politica, rialzo dei rischi sovrani periferici, aumento della volatilità, crollo dell’azionariato. I fatti politici scatenanti ovviamente il voto francese e la crisi olandese: il governo ieri si è dimesso dopo che l’estrema destra gli ha tolto voti e ossigeno facendo fallire il negoziato per la riduzione del deficit, chiesta dall’Ue. Intervistati dal quotidiano, alcuni economisti spiegano che i mercati non hanno nulla contro Hollande, bontà loro, ma desiderano si rispetti il rigore (cioè l’asse Sarkozy-Merkel). Sicché se Michael Spence spiega le turbolenze con la paura della patrimoniale, Robert Engle mette le mani avanti e dice «niente politiche a maglie larghe» e Wolfgang Munchau avverte «le scelte europee non cambieranno». Federico Rampini analizza dagli Usa la situazione: “Torna l’euro-angoscia. Wall Street trema per il contagio planetario”. Il voto francese ha premiato chi non crede nell’Europa e propone di uscire dall’euro (le due ali estreme: Le Pen e Mélenchon). La crisi olandese minaccia la tenuta della roccaforte germano-centrica. Alcuni indicatori economici negativi ed ecco che i giornali si preoccupano: «l’euro angoscia mette in fuga i capitali» secondo il Financial Times, «non bastava un Hollande, ci si mette pure l’Holland», scherza il Wall Street Journal, «la recessione si aggrava e l’intera Unione non ne uscirà per tutto l’anno» scrive Capital Economics. «Requiem per l’Europa si sono sentiti già altre volte», scrive Rampini, «stavolta però una preoccupazione unisce gli Stati Uniti alle potenze emergenti, dalla Cina al Brasile». Il commento di Jean-Paul Fitoussi si intitola “La schiavitù dei mercati”. «I mercati crollano oggi come ieri, e crolleranno ancora chissà quante volte, perché non è sttao risolto il problema di una governance europea nel senso che si crei una struttura centrale in grado di dettare precise linee di azione e poi che metta al primo posto i problemi della crescita e non quelli dell’austerità a tutti i costi. Altrimenti viviamo nella schiavitù dei mercati». Inutile aspettarsi che i mercati si comportino diversamente: dalla volatilità non fanno che guadagnare…
Anche IL GIORNALE titola sull’effetto del voto di Parigi sulle borse (La Francia silura l’euro) e mette in evidenza un’intervista a Pietrangelo Buttafuoco sul perché la destra italiana non abbia una sua Le Pen, la figlia del fondatore del Front National che ha raggiunto quasi il 20% dei consensi. L’editoriale è dell’ex direttore Vittorio Feltri che scrive «Non siamo più sicuri che la Francia sia molto diversa da noi». La somiglianza dei due Paesi «consiste nella faciloneria politica, nell’incertezza del futuro, nel crescente rifiuto dell’Europa a trazione tedesca e nell’antipatia (vedi Le Pen) verso la moneta unica che ha sbiadito i caratteri nazionali e penalizzato i redditi». Rodolfo Parietti firma all’interno “La svolta anti-Merkel manda in tilt i mercati. Spread oltre quota 400”.
“Il venticello di Francia”, come titola l’editoriale a firma Marco d’Eramo, affossa le borse europee. Ma per il MANIFESTO le perdite borsistiche non hanno un titolo nella prima pagina che apre sul non invito di Polverini e Alemanno alla manifestazione del 25 Aprile “L’Anpi di genio” è infatti il titolo di apertura con un commento dedicato dal titolo “Conflitto di memoria”. Tornando alla Francia, cui sono dedicate le pagine 2 e 3, nel commento di d’Eramo che esordisce con una domanda «Basta davvero un refolo francese per dire che «il vento è cambiato in Europa», come sostiene Pierluigi Bersani? Che solo di una lievissima brezza si tratti, non v’è dubbio alcuno (…)» e poi prosegue a metà articolo osservando «En pourtant. È bastato questo quasi niente a spingere in giù le borse (al calo ha contribuito non poco il cedimento della fin qui tetragona Olanda). Questo poco deve essere micidiale se, pur dopo un primo turno da cui il presidente è uscito battuto, la cancelliera Merkel ha insistito ieri nel suo appoggio a Sarkozy, mossa destinata a creare un incidente diplomatico se Hollande verrà eletto (…)» e conclude «(…) Ben venga quindi l’arietta francese, sapendo però che non fischia nessun vento (anche se la bufera infuria)». I mercati trovano spazio in un articolo a pagina 3, quattro colonne di taglio basso, dal titolo “Borse giù, spread su: Milano a -3,8 Manto è paura Hollande?” e ricorda il sommario “In Olanda è crisi di governo sul rigore. Germania meno produzione industriale”. Insomma come ricorda l’articolo «I mercati hanno fatto i mercati e, su uno scenario europeo ormai stabilmente negativo, hanno caricato il vantaggio del candidato socialista (…)Il primo turno francese ha espresso, oltre al vantaggio del candidato socialista, un terzo dei voti di matrice anti-europea e anti-sistema, collegati ai candidati di sinistra Jean Luc Mélenchon e di destra Marine Le Pen» e dopo aver passato in rassegna le chiusure delle borse europee continua «(…) La politica di rigore del governo di Mario Monti ha allontanato l’Italia dal baratro scavato dal suo predecessore (…) “Nello scenario migliore – scrive il Wsj – queste riforme impiegheranno molti anni a dare risultati ed è difficile per gli investitori giudicare i progressi”. Quanta paura fa davvero Hollande?».
“L’Europa affossa le Borse. Milano –3,8%, spread a 409”. È il titolo di apertura de IL SOLE 24 ORE di oggi, che dedica alla vicenda due commenti in prima pagina. “L’obbligo di dare certezze” di Carlo Bastasin: «Servono maggiori certezze di medio-lungo termine: la prospettiva degli eurobonds; una “roadmap” per la mutualizzazione della politica fiscale; e un metodo di decisione trasparente. Ma lo stesso impegno di lungo termine spetta alla politica nazionale e a quella italiana in particolare, che deve definire il proprio operato non per ciò che ha fatto finora, ma per ciò che intende fare nei mesi e negli anni a venire. Non c’è dubbio che la sfida politica sia forte. L’intera Europa, non solo l’area euro, è destinata a un decennio di bassa crescita. Pesano i debiti pubblici e privati del passato, gli squilibri competitivi da riassorbire e l’andamento demografico. Quando la crescita dell’economia è vicina all’1%, la distribuzione del reddito diventa un gioco a somma zero. Chi guadagna lo fa solo a scapito di qualcuno che perde. Inevitabilmente il tema dell’equità diventa centrale. Può prendere la strada della protesta oppure della gestione politica dei conflitti: tra chi è più o meno fortunato, tra chi ha un lavoro protetto e chi è precario, o ancora tra chi paga le tasse e chi le evade. Per rendere l’equilibrio meno difficile è necessario fare il possibile sul fronte della crescita. Per questo è tanto importante avere un orizzonte di medio-lungo termine di ritorno alla crescita al fianco delle politiche di contrasto dell’emergenza finanziaria. Lo sforzo politico italiano deve ancora proporre un piano pluriennale che rassicuri i cittadini sul livello futuro della tassazione e sul piano di recupero della competitività del paese. I partiti dovrebbero dedicarsi a questo impegno comune prima possibile». Stefano Folli invece analizza le ricadute politiche “Un risultato che fa gioco alla politica”: «La soddisfazione per il successo di Hollande è palpabile. A sinistra, certo, ma non solo. L’idea diffusa è che dopo il 6 maggio il “Mitterrand pallido”, una volta insediato, possa spezzare il vecchio patto di ferro con la Germania, indebolendo la posizione della cancelliera. È uno di quei casi in cui le differenze fra destra e sinistra si stemperano. Nessuno, s’intende, può rivaleggiare con Bersani, convinto che il vento di sinistra che soffia dalla Francia sia in grado di gonfiare le vele del Partito Democratico in Italia. Inutile obiettare che Hollande contesta proprio quelle linee di politica economica, ispirate alla Bce e all’ortodossia europea, che il Pd ha sostenuto fin qui votando i provvedimenti del governo Monti. Ma è legittimo: non tanto cambiare idea, quanto augurarsi che d’ora in poi qualcosa muterà; e che Hollande si rivelerà un così abile politico da riuscire a tessere la tela degli scontenti e da presentarsi poi alla Merkel per rinegoziare i vincoli di bilancio. Quale sarà il prezzo da pagare a questa svolta, se mai ci sarà? Non si sa ancora, ma le spinte speculative sono già in atto. Difficile credere che si fermeranno per incanto».
AVVENIRE per l’apertura della prima pagina sceglie lo «choc franco-olandese», con «i risultati del voto d’Oltralpe e la crisi del governo dell’Aja» che «affondano i mercati». I nuovi scenari politici, scrive anche nell’editoriale Giorgio Ferrari, «hanno gettato nel panico i mercati europei, al punto da ignorare il ben più concreto stanziamento da 430 miliardi di dollari deciso dal Fondo Monetario Internazionale per far fronte alle crisi dei debiti sovrani». tedeschi». Ma le Borse, «si sa, son mobili qual piume al vento» mentre la realtà che abbiamo sotto gli occhi è un’altra: «l’Europa dell’euro non funziona più. O meglio, continua a marciare a vuoto, inceppata dai suoi medesimi artifizi, dalle trappole e dagli stretti sentieri che essa stessa si è data». Sotto accusa la Merkel che impone il rigore per garantirsi la rielezione, Sarkozy «vassallo» della Merkel.
“Europa fragile, mercati a picco”, titola LA STAMPA legando il crollo delle Borse europee di ieri (bruciati 160 miliardi) all’incertezza uscita dalle urne francesi, con Sarkozy in calo, e la crisi di governo in Olanda. L’asse franco-tedesco, insomma, è in bilico, e tutte le lacrime e il sangue versati dai cittadini europei in questi mesi rischiano di essere state vane. L’editoriale è dell’economista Mario Deaglio, nonché marito del ministro Fornero. Scrive Deaglio: «La caduta generalizzata delle Borse mondiali nella giornata di ieri rappresenta un sintomo importante dei gravi pericoli di sfaldamento di quell’ampia e sofisticata costruzione che è la globalizzazione economica. (…) I tradizionali fattori economici si intrecciano infatti con fattori politici nel delineare un quadro in movimento in cui i pilastri della collaborazione internazionale e della stabilità interna vengono duramente posti in discussione. (…) L’avvenimento al quale si attribuisce la maggiore influenza sui listini è naturalmente il risultato del primo turno dell’elezione presidenziale francese con l’affermazione dell’estrema destra di Marine Le Pen e la, almeno temporanea, sconfitta del presidente Nicolas Sarkozy. Dietro Sarkozy, però, la vera sconfitta è Angela Merkel, che aveva appoggiato, in maniera molto pesante, il presidente uscente. (…) In realtà, il grande disegno di una normalizzazione finanziaria rappresentato dal «patto fiscale» tra venticinque Paesi europei, faticosamente varato meno di due mesi fa, sarà sicuramente rimesso in discussione da una vittoria dei socialisti di François Hollande che, se conquisterà l’Eliseo, lo farà con l’aiuto determinante del «partito della sinistra» di Jean-Luc Mélenchon: nessuna simpatia per i mercati da queste parti, ma anzi una dichiarata avversione per la finanza internazionale, un’antipatia per l’euro e una forte insofferenza per la stabilizzazione economico-finanziaria europea voluta dai tedeschi. (…) Evoluzioni finanziarie ed evoluzioni politico-sociali sembrano andare entrambe nel senso di una minore stabilità. Soprattutto sembra tramontare il disegno merkeliano dell’austerità come cura di tutti i mali. Per troppo tempo le Borse hanno guardato soprattutto ai parametri finanziari. Si accorgono ora, a loro danno, di avere colpevolmente trascurato parametri sociali quali il crescente divario dei redditi, la sempre più difficile situazione dei giovani, l’opposizione viscerale a sacrifici troppo grandi. Il predominio dei parametri finanziari appare chiaramente sulla via del tramonto senza che si sappia con che sostituirlo per salvaguardare le molte buone cose che, assieme a molti sconquassi, la globalizzazione ha portato. La ricerca di un compromesso tra disagio finanziario e disagio sociale dovrebbe essere al primo punto nell’agenda di quanti, in Italia e nel resto d’Europa, si apprestano a mettere a punto nuovi progetti politici».
E inoltre sui giornali di oggi:
ALENIA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per l’incontro di ieri del ministro Fornero con gli operai dell’Alenia “Fornero spiega ma non convince” il titolo del richiamo in prima accanto alla vignetta di Vauro che, sotto il titolo “Alenia. La Fornero ha visto gli operai” disegna Monti e Fornero con il primo che dice: «Cazzo ma allora esistono..,. Ti prego Elsa dimmi come sono fatti». Alle pagine 4 e 5 gli articoli dedicati ai temi del lavoro e ai diversi casi e proteste – compresa quella di alcuni lavoratori del parco del Vesuvio: “Il tetto ormai non basta più: a Napoli ora è «Occupy Vesuvio»”. L’apertura è: “Fornero all’Alenia non convince nessuno”. L’analisi è intitolata “Tra governo e Fiom finisce uno a uno Ma il sindacato c’è”.
SCUOLA
CORRIERE DELLA SERA – A pagina 29 “Il grembiulino dello stesso colore. Si insegna così la parità ai bambini?” di Alessandra Mangiarotti che scrive: “Dal prossimo anno scolastico gli alunni delle primarie di Castelfiorentino indosseranno un unico grembiule: blu per i maschi e per le femmine. «Un gesto semplice e normale per insegnare la parità tra i sessi», è stata la motivazione. Ma mentre nella maggior parte delle scuole italiane il passaggio dal bianco&nero o rosa&azzurro al colore unisex è stato semplice e normale (e in molti casi addirittura superato dal nessun grembiule), in questo pezzo di Toscana il cambio di divisa si è trasformato in un caso politico. Una polemica che, approdata in consiglio comunale e sulla stampa locale, ha riaperto il dibattito generale introducendo una nuova domanda: i bambini di oggi saranno adulti più alla pari indossando un grembiulino dello stesso colore?”. Un tema inquietante.
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